Piacerà proprio a tutti la mostra che Palazzo Reale (10 Febbraio-22 Maggio 2011) dedica al milanesissimo Giuseppe Arcimboldo (1526-1593), artista di fama internazionale che operò fra Milano e la corte asburgica spaziando dall’attività di pittore in senso stretto a quella di coreografo, di costumista e di cerimoniere di corte.
Questa volta nessuna scusa per i più pigri e svogliati: i quadri dell’Arcimboldo divertono anche un bambino! Le sue “teste composte” infatti, prima di essere ricche di metafore, simboli e virtuosismi artistici, sono innanzitutto belle da vedere. Come non rimanere ipnotizzati dal ciclo delle quattro “teste composte” dedicate alle Stagioni? La Primavera è il ritratto di una giovane i cui lineamenti sono composti da ben 80 specie botaniche provenienti da ogni angolo del mondo: il naso è un bocciolo chiuso di giglio, l’occhio una viola del pensiero, le labbra due violaciocche, i denti una fila di mughetti. Altrettanto stupefacenti ci appaiono l’Estate, piena e rigogliosa nella sua veste di spighe e di ortaggi, l’Autunno con il suo naso-pera, e l’Inverno che altro non è che un uomo scolpito in un tronco bitorzoluto con dei funghi a mo’ di bocca. Con riguardo a ques’ultima opera, l’artista americano Philip Haas ha deciso di renderle omaggio trasformando il dipinto Inverno in una scultura, eccezionalmente ammirabile in Piazzetta Reale. La mostra ci offre quindi il ciclo delle Stagioni in tutte le sue tre versioni ovvero, ed è proprio il caso di dirlo, da quella più acerba a quella più matura.
Per chi proprio odiasse la botanica l’alternativa è offerta dalla serie degli Elementi: se nelle Stagioni i periodi dell’anno costituiscono un parallelo con gli stadi della vita, gli Elementi alludono ai diversi temperamenti. L’Acqua, composta da 62 animali fra pesci, anfibi, crostacei e molluschi, gareggia con la Primavera per ricchezza di elementi e rappresenta l’uomo dall’indole flemmatica; il Fuoco, costituito da tutto ciò che ruota attorno all’elemento, è il simbolo della collera; l’Aria è naturalmente formata da uccelli ed è metafora dello spirito sanguigno; infine la Terra, costituita da un crogiuolo di bestie mansuete e feroci, comuni ed esotiche, è metafora della malinconia.
Anche gli indifferenti si faranno strappare un sorriso dalle “teste reversibili”. Sull’onda del gusto per ciò che è bizzarro e del divertissement Arcimboldo inventò un vero e proprio genere, le “teste reversibili”, le quali possono essere definite come l’applicazione pittorica del concetto di palindromo, in quanto sono perfettamente leggibili nei due sensi (ruotandole cioè di 180°). Per citare un esempio, è grande il diletto quando si scopre di essere stati ingannati da il Cesto di frutta: natura morta in un senso, ritratto nell’altro.
Per i più esigenti, che già avranno storto il naso sentendo parlare delle inflazionate “teste arcimboldesche”, è bene sottolineare che la mostra offre molto di più: la curatrice Sylvia Ferino ha voluto condurci in un interessantissimo percorso lungo tutto il ‘500 attraverso le fonti di ispirazione del nostro artista. Così capiamo che le opere dell’Arcimboldo sono ben lontane dall’irrazionalità e dal mondo fantastico del subconscio, ed affondano invece le proprie radici nelle teste caricaturali di Leonardo Da Vinci, nella passione per lo studio naturalistico e del Vero tipica del Rinascimento, e nel filone delle Wunderkammer – stanze d’arte e della meraviglia – collezioni di carattere enciclopedico dove ci si poteva imbattere in tutto ciò che era in grado di suscitare stupore e sbalordimento.
Perfetta incarnazione del genio inventivo e della creatività milanese, anticipatore di alcune fra le più moderne tecniche pubblicitarie e di design, ma anche stilista e organizzatore di eventi… Insomma, Arcimboldo dipinge la sintesi di un’intera epoca ma soprattutto è espressione tipica di una zona geografica ben precisa. Ecco perché sarebbe un errore snobbarlo ed ogni milanese, nativo o d’adozione, non dovrebbe perdersi questa mostra.
Vittoria Giannoni
vittoria.giannoni@studbocconi.it
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