“Le dica la nostra parola d’ordine: finzione, finzione, finzione. Realtà è il contrordine.” Il motto della compagnia teatrale Apollonio racchiude in sé la dimensione fantastica che aleggia nell’ultimo film di Ferzan Ozpetek “Magnifica presenza”: connubio di vita e teatralità, andirivieni tra presente e passato, membrana sottile tra sogno e pazzia, gioco di presenze e assenze.
Pietro Pontechiavello (Elio Germano) è un giovane di Catania che si trasferisce a Roma per tentare di coronare il suo sogno: divenire attore. E, in un certo senso, al centro della scena ci si ritrova per davvero. Il palcoscenico, però, è la sua stessa casa, un’abitazione signorile nella zona di Monteverde. Il resto del cast è composto dalla compagnia Apollonio: gruppo teatrale misteriosamente scomparso dalla scena nel 1943, anno in cui svanisce ogni traccia dei suoi componenti.
Un amore tormentato e non corrisposto, un lavoro ripetitivo e avvilente, la frustrazione per i provini non superati, il senso di alienazione provocato dalla caotica metropoli, portano Pietro a crearsi un mondo tutto suo, nel quale la compagnia Apollonio rappresenta l’indiscussa protagonista. Questa numerosa famiglia lo sostiene e lo accudisce: lo svegliano dolcemente la mattina, lo aiutano a scartare i pacchetti di figurine per l’album, gli rivelano i trucchi (e lo truccano) per diventare attore.
È proprio la solitudine il filo invisibile che lega tutti i protagonisti della pellicola, scorcio disincantato, talvolta irriverente, che permette allo spettatore di sbirciare nella quotidianità altrui, caratterizzata dall’instancabile tentativo di colmare l’assenza (ma anche l’essenza) esistenziale che ci attanaglia. Ognuno si prodiga in questa impresa a modo proprio, i personaggi di Ozpetek lo fanno nella maniera improbabile, addirittura bizzarra che è propria di questo eccezionale regista: uno spettabile gioielliere che la notte si aggira travestito per i parchi, l’adorabile cugina Maria che si appiglia al primo uomo disponibile.
Un intero universo segreto si cela dietro ogni persona: l’inconfessata omosessualità di Tommaso ne “Le mine vaganti”, un gruppo di insoliti amici ne “Le fate ignoranti”, la passione repressa ne “La finestra di fronte”…
È compito del pubblico giudicare e tirare le somme, ma è difficile restare estranei a queste storie allo stesso tempo così assurde ma così autentiche. Usciamo dalla sala rincuorati dalla nostra normalità, anche se probabilmente non è altro che un’accogliente finzione.
Francesca Garziera
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Giacomo Delinavelli
mi piace 🙂
antonio
gran capolavoro.
attori magistrali.
lo rivedo spesso e volentieri.