Per parlare dell’articolo 18 dovrò partire da lontano. Più esattamente da quando frequentavo – quelli erano bei tempi – le scuole medie inferiori. Era un insignificante giorno d’autunno quando la bidella, una signora tarchiata e con una disgustosa ricrescita nera sotto la tinta biondo platino, gracchiando consegnò una circolare. Quella di lettere la lesse a mo’ di ventriloquo, dopodiché disse flemmaticamente: “Ragazzi, giovedì c’è sciopero, se volete stare a casa…”. La sottoscritta, per la verità, dello sciopero proprio se ne infischiava, né l’istituzione scolastica si preoccupava di risvegliare la sua acerba coscienza, quindi non avrebbe neanche fatto caso alla cosa se la secchiona di turno, una tale nota col soprannome di Moby Dick non avesse chiesto: “e perché si sciopera?”. Quella di lettere rispose: “Vogliono togliere l’articolo 18”. La secchiona, occhi sbarrati, disse in un soffio: “Oddio”.
L’articolo 18 non fu abrogato affatto, tant’è che spunta a periodi sui giornali, come gli evergreen “incendio boschivo ad agosto” e “festeggiamenti di San Valentino”.
Prima indispensabile precisazione è che l’articolo appartiene ad un testo, che in questo caso è la legge 300 del 1970, meglio conosciuta come “Statuto dei lavoratori” (e non la Costituzione, come i social network – che siano maledetti dall’intera stirpe dei giuristi! – si divertono a far credere: eh, certo, se si parla di Costituzione l’affare sembra sempre più serio).
Fino al 1966 era il solo codice civile a stabilire quando e, soprattutto perché, il datore di lavoro poteva licenziare, secondo quanto più in generale avviene in materia contrattuale. Nel 1966 la legge 604 disciplina nuovamente la materia definendo nel dettaglio quando il licenziamento è possibile, dunque legittimo, e prevede che, in caso di licenziamento ingiusto, vi siano delle sanzioni per il datore. E’ a questo punto che entra in gioco l’articolo 18, quattro anni dopo. Si tratta di una disposizione che si applica, in caso di licenziamento illegittimo (attenzione: stiamo parlando di quello che succede al datore che ha già licenziato, quindi la previsione non dà minore o maggiore discrezionalità, al datore, di licenziare) alle aziende con più di 15 dipendenti. Per quelle con meno di 15 dipendenti rimane valido quanto statuito dalla legge 604. Vi chiederete: beh, che cosa cambia nell’essere licenziati ingiustamente in un’azienda che abbia più di quindici dipendenti o in una che ne abbia di meno? Cambia: nel primo caso, quello in cui si applica l’articolo 18, il lavoratore può scegliere se essere reintegrato nel posto di lavoro o percepire quindici mensilità come indennità, nel secondo, cioè quello previsto dalla legge 604 è il datore di lavoro a scegliere se riassumere il lavoratore o pagargli fino ad un massimo di (sole) sei mensilità.
Cosa succederebbe se l’articolo 18 venisse fatto fuori? I lavoratori sarebbero soggetti alla stessa disciplina, quella della legge 604. Cosa non succederebbe se l’articolo 18 venisse modificato? Non sarebbe comunque più facile licenziare, come invece si vuol far credere. Ecco perché la domanda non è “modificare o no l’articolo 18?”, ma “in che senso modificarlo?”.
Mentre mass media e politicanti si sforzano di dare spettacolo sviscerando con drammatico talento più argomentazioni che problemi, in Italia è invece possibile fare un’altra cosa: trasferire un ramo d’azienda, cioè un’articolazione della stessa (lavoratori compresi) che può andare avanti anche se non ne è più parte. E’ il datore a identificare (che, nella teoria, sarebbe cosa ben diversa dal creare), al momento del trasferimento, il ramo. I sindacati non lo possono aiutare, se non vuole. Cosa succederebbe se il ramo venisse trasferito ad un’impresa in condizioni economiche disastrose? Che se questa fallisse, i lavoratori “trasferiti” se ne andrebbero a casa ed il datore di lavoro non avrebbe alcun impiccio: mica li ha licenziati.
Annie Marino
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Andrea
In Italia in tutte le ditte private piccole o grandi da sempre si possono licenziare in tronco gli operai senza che siano problemi o ostacoli da parte dei sindacati corrotti di Cisl è Uil !
Questi due sindacati corrotti da sempre tutelano gli interessi dei datori di lavoro italiani e fanno di tutto per impedire che l”operaio italiano licenziato ingiustamente possa ottenere giustizia e venir risarcito !
Ho iniziato a lavorare come operaio nel 1980 presso svariate ditte private .
Tutte le volte che ho avuto dei problemi con i miei ex datori di lavoro i sindacati di Cisl è Uil mi hanno creato ostacoli di ogni genere per impedirmi che potessi difendermi dalle angherie o che potessi ottenere risarcimenti oppure che potessi essere reintegrato al lavoro andando in tribunale .
Conosco moltissime persone e ho lavorato ovunque nella provincia di Venezia !
NON HO MAI CONOSCIUTO NELLA PROVINCIA DI VENEZIA 1 SOLO OPERAIO CHE ABBIA AVUTO RISARCIMENTI O GIUSTIZIA PER UN”INGIUSTO LICENZIAMENTO OPPURE PER QUALCHE MOLESTIA SUL LAVORO !
TECNICAMENTE L”ARTICOLO 18 NON è MAI STATO APPLICATO NELLE DITTE PRIVATE ITALIANE !
NEL 2012 IL GOVERNO DEI CRIMINALI LAZZARONI FARABUTTI TECNICI VOGLIONO DARE IL COLPO DI GRAZIA ALL”ARTICOLO 18 PER TOGLIERE AI LAVORATORI ITALIANI ANCHE LA SPERANZA CHE POSSANO AVER GIUSTIZIA !