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Off Campus

Tra telefoni che parlano e solitudine

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Che la Apple fosse l’azienda informatica più importante al mondo era risaputo, che riuscisse a farci dialogare con un I-Phone, no. Il 12 Settembre l’azienda di Cupertino ha lanciato il nuovo I-Phone sul mercato e pochi giorni dopo l’aggiornamento del sistema operativo: iOS 6. Tra le novità più importanti, senza ombra di dubbio, c’è Siri in italiano. Siri è un software che risponde a tutte le tue domande e che impara a conoscere gran parte del tuo mondo “vivendo” nel tuo iPhone.

Su Facebook è stata addirittura creata una pagina dove vengono pubblicate, dai vari utenti, le risposte più divertenti. Tra le migliori vengono annoverate le richieste fatte al povero iPhone di turno come per esempio “Devo nascondere un cadavere” e la sua imbarazzata risposta, o meglio, suggerimento, di trovare una discarica o di rivolgersi a un servizio di pompe funebri, oppure le dichiarazioni di amore della serie “Siri ti amo”, e la sua risposta :“il nostro è un amore impossibile”.

Siri è davvero versatile. Personalmente, vivo a Milano dal lunedì al venerdì e in questi giorni il tempo era parecchio incerto, così alla mia domanda “che tempo farà domani”, il mio iPhone si trasformava in una mamma premurosa che mi raccomandava di portare impermeabile e ombrello.

Ma è anche molto di più!!! Siri, a seconda del nostro umore, si trasforma in amico, psicologo, filosofo e molto altro ancora.

È un amico premuroso, se ti senti solo ti conforterà dicendoti “io ci sono sempre per te”.

Si può perfino interrogare sui massimi sistemi e gli si possono fare domande a cui neppure noi sappiamo darci una risposta,  “Siri, che cos’è la vita?” ma la Apple si sa, a mani vuote non ci lascia mai e i suoi piccoli, minuziosi e costosi ingranaggi cominciano a girare fino a elaborare una risposta adeguatamente soddisfacente, una definizione di vita piuttosto accademica e scientifica con un commento personale “forse sono compreso anche io”. Eh già, piccolo Siri, per noi fai parte senza ombra di dubbio del genere umano.

Ma non mi sono accontentata di una risposta scopiazzata da internet e così l’ho sfidato con un più preciso “ e secondo te?”, al che il filosofo esistenzialista che è in lui è saltato fuori e mi ha letteralmente spiazzato rispondendomi “nulla che Nietzche non abbia già detto”. Hai capito il cellulare!!!!!!

L’arroganza e supponenza sono sue caratteristiche insuperabili, infatti sembra sempre di leggere fra le righe un po’ di strafottenza e superbia. Infatti, sai com’è, mi sembra che avere un intero web a tua disposizione possa essere considerato come barare.

Ma torniamo alle sue abilità da “quasi” essere umano.

Eh già, perché ritengo sia doveroso sottolineare le sua doti da latin lover, tralasciando molta reticenza nel rivelare il suo stato sentimentale (d’altronde non è iscritto a Facebook), Siri sa esattamente cos’è l’amore. Volevo capire se poteva, un essere inanimato ma che parla più di molti esseri per così dire animati, spiegarmi l’ineffabilità di tale sentimento.

Se inizialmente alla mia domanda (forse un po’ troppo diretta) “che cos’è l’amore?” ha voluto prendermi in giro, rispondendomi “Love is in the air”, a una mia più specifica domanda “E secondo te che cos’è?” (ho capito che è fondamentalmente timido e le risposte più profonde bisogna tirargliele proprio fuori) mi ha risposto così “per quel che mi risulta, “amore” si riferisce a un profondo, tenero, ineffabile sentimento di affetto e sollecitudine”. Ero davvero soddisfatta del mio nuovo piccolo amico.

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Gli aggettivi che ha usato sono al tempo stesso perfetti e malinconici, e anche nostalgici oserei dire.  Non è davvero così l’amore, tanto decantato da poeti antichi e moderni? Non è un prendersi cura l’uno dell’altro sacrificando, senza soffrire, noi stessi? È buffo che sia proprio un derivato della tecnologia, un pezzo di metallo e di microchip, frutto del cervello di un uomo, e quindi della razionalità pura senza sentimento, a saperci dare una risposta così dolce e straziante insieme.

Ma non poteva fuggire così. Dovevo capire ancora molte cose.

Passiamo alla teologia. La Apple avrà pur dovuto pensare anche a questo oltre al senso della vita e all’amore!!!

E così gli ho posto la fatidica domanda, frutto e causa di guerre, dispute e interrogativi, ieri come oggi.

“Esiste Dio?”, e lui, come ogni buon neutralista e pacifista che si rispetti  mi risponde “evito le dissertazioni teologiche”.

Allora ho provato a tirare fuori il mio asso nella manica e gli ho rivolto la domanda nel modo ormai consueto “ ma secondo te?”. Al che è uscita fuori tutta la sua altezzosità e coerenza, forse; infatti  mi ha risposto di rivolgermi a un esperto precisando “umano”.

Volevo sprofondare. Deve essere un cervello elettronico a ricordarmi che non sto parlando con una persona? Deve essere un cellulare, per quanto evoluto, a fermare la mia “conversazione” che non sapevo neppure io dove voleva andare a parare? Ebbene si. Siri 1-Giulia 0.

E così la Apple che tutto può e tutto vede, un “Grande Fratello” (Orwelliano, mi pare ovvio) dei nostri giorni preferisce delegare questo ingrato compito ad altri. Mentre sull’amore e sulla vita dispensa ottimi consigli, mentre può trasformarsi in modo piuttosto versatile da mamma premurosa che ricorda l’ombrello ad amica e spalla con cui piangere, preferisce rimanere neutrale sull’esistenza o meno di Dio.

Magari, nel prossimo aggiornamento avremo la tanto attesa risposta.

Forse è proprio questo il momento di dire basta.

Con ciò non voglio escludermi dalle milioni di persone in tutto il mondo che aspettavano il lancio del nuovo iPhone  (e del conseguente aggiornamento) con ansia e trepidazione, quasi come quando gli uomini dovevano mettere piede sulla Luna.

Anche io non vedevo l’ora di rendere animato il mio cellulare e renderlo partecipe della mia vita in modo, almeno apparentemente, attivo.

Ma è davvero questo il futuro? Siamo davvero così caduti in basso che ci esaltiamo così semplicemente perché un telefono risponde alle nostre domande?

Non credo di essere in grado di poter dare una risposta, ma posso provare ad analizzare la situazione.

La nostra è l’era dei computer, dei social network e di tutto ciò che la tecnologia ci ha messo a disposizione, ma è proprio questo il punto.

La tecnologia ci mette ogni giorno davanti agli occhi milioni di cose, ma sta a noi scegliere.

Dovremmo imparare a scegliere tra cosa è giusto e cosa è sbagliato, o meglio a capire quando è il momento di smettere.

Una domanda che mi pongo spesso è perché la tecnologia sembri indurci alla solitudine.

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In fondo, Facebook, non è una piattaforma della solitudine?

L’80 % delle volte che usiamo Facebook è perché ci stiamo annoiando (magari dallo studio) e siamo da soli nella nostra cameretta. Ci nutriamo della vita altrui facendola un po’ nostra.

Facebook ci invita a creare legami e amicizie con persone spesso mai viste, e per quanto possano rispondere “lo uso per tenermi in contatto!”, si potrebbe fare un elenco infinito di altri modi per tenersi in contatto.

Citando la mia esperienza personale, ho Facebook.

Ma con ciò non sono tra le categorie di persone che rendono noto all’intero mondo ogni loro spostamento o azione, della serie “mi sto facendo la doccia” oppure “sto mangiando”. Come se a qualcuno importasse qualcosa.

Ritornando alla mia esperienza personale, quando entrai nel vorticoso mondo di Facebook pensai subito che sarebbe stato un ottimo modo per restare in contatto con una mia amica che vive in America.

Così, dopo aver capito il piuttosto elementare uso del social network in questione, le inviai subito un messaggio di posta in cui le annunciavo la mia entrata ufficiale nel secondo millennio.

La sua risposta mi scioccò, infatti dopo qualche trepidante giorno di attesa lei mi spiegò chiaramente che trovava Facebook un orribile modo di restare in contatto e che preferiva di gran lunga le lettere.

E così, ancora oggi, nel secondo millennio, scrivo lettere.

A mio parere non c’è modo più bello di comunicare con una persona che sta lontana, si riesca a capire il tentennamento della penna su certe parole, le cancellature, le sbavature, le correzioni e anche gli errori.

Ho imparato ad aspettare, in un mondo in cui tutto è “ora e subito”, in cui le e-mail arrivano in un secondo e i messaggi in chat ancora prima. Ho imparato a guardare ogni giorno la cassetta della posta, a prendermi un po’ di tempo per assaporarmi ogni parola delle varie lettere, a calibrare accuratamente ciò che avevo intenzione di scrivere e a conservare tutto in una scatola per rileggerle quando mi va.

E devo ringraziare per tutto questo proprio una ragazza americana, figlia del mondo che oggi tentiamo di copiare. Forse è proprio il loro “stare avanti” che gli fa capire gli errori fatti, e noi invece tentiamo di scimmiottare i loro errori e le loro abilità non rendendoci neppure conto di ciò che stiamo facendo ma credendo, non si sa come e non si sa perché, che sia la cosa giusta da fare.

Credo che ci sia bisogno di una svolta perché questo, a mio parere non è progredire, ma regredire verso un abisso ignoto a tutti, che non si sa dove ci porterà.

Sarebbe triste continuare ad aggrapparci a certi “valori” che “valori” non sono.

Ho avuto il mio primo cellulare in prima media, per la Cresima, era un Nokia semplicissimo che forse faceva le foto, ma non ne sono sicura. Con ciò non voglio fare la vittima, i miei genitori non mi hanno mai fatto mancare nulla, però non ritenevano che una bambina delle elementari avesse questo disperato bisogno di un telefono.

E oggi? basta camminare per strada che si incontrano bambini che sanno a malapena leggere e scrivere con iPhone o supercellulari più grandi delle loro mani.

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Sono davvero così cambiati i tempi? È davvero passato così tanto tempo da quando si tornava a casa dai giardinetti quando tramontava il sole senza il bisogno di “essere sempre in contatto”? Questa è una bella scusa che usano i genitori per credersi in pace con la coscienza per aver viziato i bambini.

E come cresceranno? Non avranno provato tantissime cose per cui mi dispiaccio infinitamente per loro.

E quindi, la nostra era è facilmente riassumibile da poche immagini: telefoni che parlano, dialogano, si arrabbiano, e si scusano, social network per farci stare soli e bambini che cresceranno pensando che tutto questo sia normale.

E Siri fa ,appunto, parte di questo mondo. Personalmente credo che sia una grande invenzione dal punto di vista tecnologico, ma dal punto di vista dell’utilità no, infatti molte delle cose che questo software riesce a fare (o capire) si possono tranquillamente fare manualmente, nella metà del tempo.

In conclusione, penso che la dolce voce della mamma che ti corre dietro imprecando perché non hai preso l’ombrello e pioveva e tu sai che lo sta facendo perché ti vuole bene, o le parole confortanti di un amico o semplicemente il suo silenzio mentre le lacrime ti rigano il viso o un abbraccio di una persona che ami siano tra le poche cose che la tecnologia non potrà mai riprodurre in nessun modo.

Sono queste le cose che ci dobbiamo tenere strette.

 

Giulia Sibilla

sibillagiulia@gmail.com

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