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Faster, stronger, bendier: la plastica del futuro

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035338165-cff9c83e-e79a-48fb-aa61-750c2101b8afdi Michele Canzi – È il 2010 quando a Manchester due scienziati russi infuocano le polveri di  una nuova rivoluzione scientifica verso cui università, laboratori ed imprese stanno catalizzando aspettative ed investimenti. Sorprendentemente versatile, il grafene è indicato da molti come la piattaforma di riferimento per un ampio spettro di applicazioni industriali.

Gli studiosi parlano già di “nuova plastica” per introdurre la portata straordinaria delle proprietà di questa scoperta: 100 volte più resistente dell’acciaio e 6 volte più flessibile, il grafene è un ottimo conduttore che promette di riscrivere il futuro dei chip per computer, solo per citarne un’applicazione.

Sottile come un foglio di carta, il nuovo ritrovato scientifico è un materiale bidimensionale, il cui spessore si misura nell’ordine di un atomo. La scoperta sperimentale di un singolo strato di grafite è valsa il Nobel per la Fisica e lo stanziamento da parte dell’Unione Europea di 1 miliardo di Euro per il progetto “Flagship Graphene”, network di ricerca che si propone di restituire nuova linfa alla competitività tecnologica europea.

In tre parole, il nuovo materiale è faster: grazie alle proprietà di superconduttore potrà rendere obsolete le normali batterie; è anche stronger: una trama di grafene e nanotubi in carbonio servirà a produrre giubbotti antiproiettile più resistenti del kevlar; infine è bendier: è in fase di progettazione un muscolo artificiale in grado di flettersi al passaggio di corrente.

E finora? L’austriaca “Head” ha già sviluppato una leggerissima racchetta da tennis, la cui manovrabilità e resistenza promettono un aumento delle performance a doppia cifra. Di diversa natura è il risultato conseguito in Maryland da Vorbeck Materials, una startup che ha già raggiunto il mercato con un inchiostro conduttore in grado di sostituire gli attuali sistemi di stampa laser.

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Ma la rivoluzione del carbonio, già trasferitasi dalle accademie ai laboratori di ricerca delle multinazionali, ha appena iniziato ad arrampicarsi sulla S-curve del ciclo di vita tecnologico. Produzione ed utilizzo su larga scala non sono previsti prima del prossimo decennio, ma i risultati attesi giustificano l’appellativo di “wonder material”.

Gli scienziati sostengono che la sola sostituzione del silicio nei chip potrebbe cambiare il mondo, perciò sulla carta il potenziale scientifico non ha ancora trovato confini: nell’arco di un solo lustro, Stati Uniti e Corea del Sud si sono contesi il primato del numero di innovazioni futuribili a base di grafene, nonostante la sua scoperta sia avvenuta su suolo europeo.

A ben vedere però, c’è anche un contributo italiano: attraverso la rappresentanza del Cnr il nostro Paese è attivo nella ricerca e sviluppo di tecnologie composite basate sulle applicazioni del nanomateriale. Sotto l’egida della Comunità Europea, anche il futuro scientifico e tecnologico dell’Italia poggia su un foglio di carbonio spesso un atomo.

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