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Intervista ad Antonio Aloisi

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IMG_6052di Lorenzo Cinelli

Tra i Leoni è un giornale di studenti fatto per studenti e, come tale, si preme di tenerci informati sugli eventi più importanti della nostra Università. A fine maggio mamma Bocconi indirà le elezioni studentesche biennali che indicheranno, tra gli altri, il nome del rappresentante degli studenti al CdA. Come da tradizione, TiL intervista il rappresentante uscente, per questo biennio Antonio Aloisi, per far conoscere ai nostri lettori chi sia, come abbia operato nei due anni e cosa significhi sedersi al Consiglio dell’Università.

Non è raro vedere Antonio in giro per l’università con la sua immancabile bicicletta, gli occhiali neri, la camicia e il maglioncino sulle spalle. Presenzia molto spesso alle conferenze sia come pubblico sia come relatore, e anche sui social network non manca di farsi sentire, con all’attivo più di tremila tweet.

Pur essendo abituato a parlare quotidianamente con i piani alti dell’Università, Antonio ci ha colpito per la pacata umiltà con cui rispondeva alle domande. Queste, per ovvie ragioni, avevano sempre lui o le sue attività di rappresentante come protagonista. Eppure, a fatica abbiamo ascoltato degli “io” nelle sue risposte: ben più soventi sono comparsi i “noi”.

Con passione coinvolgente, Antonio ci ha raccontato le esperienze vissute e affrontate con gli altri rappresentanti in questo biennio. A lui la parola.

[spoiler title=”Il ruolo del Rappresentante nel CdA”]Antonio è stato eletto nel maggio del 2011 come rappresentante degli studenti al Consiglio di Amministrazione (CdA) della Bocconi, di cui fanno parte, tra gli altri, Mario Monti, Alessandro Profumo, e Marco Tronchetti Provera. Iniziamo con una domanda semplice.

In che cosa consiste concretamente il ruolo di rappresentante al Cda?

“Il Cda è uno degli organi di governance. Le reminiscenze di aziendale o commerciale dovrebbero aiutarci a ricordare di cosa si occupi, cioè delle decisioni strategiche di medio lungo termine. […] Il consiglio si riunisce tre/quattro volte l’anno in coincidenza con le scadenze per il bilancio, definisce i piani di Bocconi per il prossimo futuro, insomma: prende decisioni importanti. Formalmente la carica terminerebbe qui.”

“In realtà, dopo ormai quasi due anni di lavoro in un Cda, posso dire che il vero lavoro è fuori dal consiglio. Tutte le attività extra-ordinarie sono in realtà ordinarie. La rappresentanza si costruisce con un impegno giornaliero, seguendo tutte le quotidianità che ci potrebbero venire in mente: dalla sovrapposizione degli esami, al ripensamento dell’intera didattica, alla costruzione di borse per merito anche a Giurisprudenza, all’invenzione di programmi che facilitino le attività delle associazioni, piuttosto che alla rivitalizzazione del campus o al ripensamento del sistema valutativo.”

E’ veramente un ambiente così istituzionale, la famosa “stanza dei bottoni”?

“No, assolutamente. La rappresentanza vera si fa tra la polvere di piazza Sraffa e magari nell’ufficio – anche quello abbastanza polveroso – del dottor Grillo, più che tra i faretti della sala consiglio. Situazioni completamente differenti, ma l’università stessa ci prepara ad essere anfibi, pronti a tutto”.[/spoiler]

[spoiler title=”Il lavoro concreto del Rappresentante”]Come lavorano insieme i diversi rappresentanti?

“Discutiamo le idee con i capigruppo, e poi abbiamo attivato la formula dei tavoli tematici. In base all’organo o all’ufficio cui spetta la decisione sulla specifica questione, ai tavoli sono presenti i rappresentanti competenti. Qualora si tratti di vicende che tagliano trasversalmente l’interesse dei gruppi, se ne discute collegialmente”.

E quindi in questa sorta di tavoli si formano le proposte da riportare poi negli organi formali?

“Si! Ovviamente la partecipazione è a base tematica. Nel senso che vi prendono parte gli stessi dirigenti dell’università che hanno a che fare con la faccenda, come magari il prorettore (prima Polo, delegato al rapporto con gli studenti, e poi il “quasi santo” professor Agliati, la cui dedizione è veramente encomiabile. Lui stesso, da quando è entrato in carica, ha praticamente fissato un incontro a settimana).

Il lavoro reale però va molto spesso oltre le attività richieste, e ci si trova di sovente ad affrontare situazioni totalmente impreviste. Durante il primo semestre dell’anno scorso, ad esempio, il “fenomeno Monti” era sulle prime pagine di tutti i giornali e c’erano proteste non indifferenti, come quelle degli indignados. Nonostante tutto, Antonio è stato capace di gestire in maniera positiva la situazione.

“Quella è stata una coincidenza strana. Un primo confronto serio con i gruppi di rappresentanza c’è stato proprio sulla faccenda degli indignados che avevano esordito con la scritta “né con Monti né con Tremonti”. E poi credo si sia mantenuta dritta la barra: nel senso di non schierare l’istituzione università, verso cui noi dovremmo tributare non solo affetto, ma anche gratitudine critica, con le vicende politiche e istituzionali di un personaggio autorevole che per un certo periodo è stato investito di una carica pubblica.”[/spoiler]

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[spoiler title=”Rappresentanza e Didattica”]Durante tutta l’intervista, Antonio dimostra un senso di appartenenza molto forte nei confronti dell’università e di grande rispetto verso tutte le persone che in questi due anni ha incontrato da rappresentante. Al contempo, manifesta un senso critico costruttivo che è volto ad un continuo miglioramento di tutto l’apparato universitario. Chiedendogli se si ritiene soddisfatto dell’offerta formativa della Bocconi ci risponde:

“Io credo che ci si possa sentire abbastanza soddisfatti della macchina. Ovviamente ciò non esclude che si debba migliorare l’eccellenza. Ogni macchina, perfetta o meno, necessita di collaudi, rettifiche, aggiustamenti, modifiche in corsa. Ed è grazie a questo che la macchina si rigenera: i dirigenti cambiano, modificano i propri obiettivi, investono in qualcosa di differente. E’ l’attività di spostamento in là della frontiera mobile.”

L’attività da svolgere non è, come ripete più volte, il singolo incontro con il Cda, ma quello di

“Spostare in là la frontiera, svolgendo non solo il ruolo di rappresentante formale ma anche quello di portatore di interessi della comunità studentesca. L’attività quotidiana consiste proprio in questo lavoro con l’elmetto, la cazzuola e la calce. Sta nello spostare più avanti l’obiettivo della qualità, altrimenti l’Università Bocconi sarebbe stata quasi “perfetta” negli anni ’70.”

Uno dei punti di partenza del miglioramento è stato il lavoro sulla didattica.

Quanto la rappresentanza può incidere su un corso di laurea? Solo approvazione ex post?

“Conta tantissimo l’impegno delle persone. […] La casistica è veramente vastissima. Esiste un sistema abbastanza virtuoso: i due rappresentanti di classe e il livello successivo dei rappresentanti di corso di laurea. Il comitato di corso di laurea si riunisce con cadenza abbastanza frequente. C’è stata un’attività di raccordo svolta dai rappresentanti delle Scuole, per cui i rappresentanti delle tre Schools hanno convocato i rappresentanti di corso e si sono impegnati in cose concretissime come l’ottimizzazione dei singoli corsi.”

“Quindi è chiaro che il protagonismo ha a che fare con il pragmatismo[…]. Aneddoti stupidissimi che posso rievocare: durante un periodo di esame una nevicata ha imbiancato mezza Italia. Dei ragazzi hanno capito che per il giorno dopo i treni e gli aerei non sarebbero arrivati a Milano. Siamo riusciti ad ottenere dalla segreteria la possibilità di sostenere gli esami in separata sede. Tutto ciò di notte, poiché Grassi, capo della segreteria didattica, si è reso disponibile addirittura già dalle 4 del mattino.”

E per quanto riguarda il rapporto con le aziende, punto forte dell’università?

“È un argomento di cui abbiamo sempre parlato e su cui si sono cominciati a fare i primi passi. Abbiamo proposto la definizione di una stagione estiva in cui si potessero collocare i tre mesi di stage, che quindi non cozzassero con il periodo degli esami, che termina in maniera ordinaria, non per chi sgarra, ai primi di luglio, e l’attività didattica che riinizia il 10 settembre.”

“Al triennio sarebbe opportuno inventarsi maggiori soluzioni di stage con la divisione mercato. In tantissimi ambiti si sono aperti dei micro cantieri. Ovviamente, per come funziona la macchina amministrativa, l’attività di rappresentanza sta nel proporre, le soluzioni devono essere ovviamente condivise.”[/spoiler]

[spoiler title=”Rappresentanza e Organizzazioni Studentesche”]Il lavoro del rappresentante nel Cda si svolge a stretto contatto sia con le altre rappresentanze sia con tutte le altre organizzazioni che esistono nell’università. Antonio ci racconta infatti che il constante rapporto con tutti gli organi studenteschi li ha incentivati a fornire proposte concrete.  Idee e suggerimenti venivano poi veicolati nel consiglio, dove in realtà “arriva tanto di quelle cose piccole, ma concrete”.

“Ovviamente l’impegno nel Cda e il bilancio di questi due anni credo sia abbastanza positivo, ma mi auguro siano gli altri a dirlo. In questi due anni si è cercato di fornire un raccordo pieno tra i gruppi di rappresentanti. […] L’altra esperienza positiva di questi due anni è aver raffinato quest’organo agile che abbiamo chiamato ‘Capigruppo’. Formato dai gruppi stessi (quelli che si presentano alle elezioni, ndr) che, con molta serietà, umiltà e lungimiranza, hanno rinunciato alla propria proporzionalità (quindi non si sono contati, ndr). Ognuno è equamente rappresentato da due persone. Il Cda è il convocatore e coordinatore di questo organo da cui vengon fuori esigenze, soluzioni e proposte concrete affidate all’inforcement dei rappresentanti negli organi.

Tale organo rappresenta quindi lo strumento di rappresentanza più importante, “una struttura snella e leggera che abbiamo anche inserito nel regolamento delle rappresentanze, nata dall’esigenza di non convocare il mega ‘parlamentino’ che aveva delle dinamiche piuttosto politiche nel senso deteriore (cioè interventi vuoti, ostruzionismo…).”[/spoiler]

[spoiler title=”Il rapporto con l’amministrazione Bocconi”]L’Università Bocconi è sempre stata una struttura all’avanguardia e aperta al rinnovamento, forse grazie soprattutto all’apertura verso l’internazionalizzazione e la globalizzazione, permettendole di assicurarsi posizioni tra le prime università non solo in Europa ma anche nel mondo.

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Ti è mai capitato di incappare in un blocco a fronte di una proposta di rinnovamento con l’amministrazione universitaria?

“In realtà non si tratta di un blocco o di una tendenza conservatrice. La cosa con cui ci siamo dovuti confrontare era forse una resistenza culturale, e il messaggio che abbiamo faticato a trasmettere è che noi studenti non siamo dei sabotatori, né abbiamo in mente di smontare l’università.”

“Quando chiedevamo di semplificare il sistema di prenotazione delle aule, per dire, non è che il nostro obiettivo fosse organizzare la mia festicciola di compleanno in N04. Visto che ognuno di noi fa lo studente, ha orari serrati, per cui lezione 8,45-13, il pomeriggio seminari ecc. è assurdo che uno vada a fare la fila per un pezzo di carta.

Ulteriore esempio che Antonio riporta è il momento del varo dell’Honor Code con Tabellini:

Avevamo a che fare da un lato con la disciplina, un comportamento penalizzante forte per lo studente, dall’altro con un peso economico sulla famiglia del sospeso, perché una sospensione dagli esami significa quattrini in più, vista l’impossibilità di frequentare un semestre o di laurearsi in tempo.

Ci spiega che il confronto, ricercato per le pesanti conseguenze economico-disciplinari, è “stato sempre franco ma duro, nel rispetto dei ruoli e della nostra furia, dovuta allo stress e forse anche il fatto che noi, genuinamente, abbiamo 20 anni e chi ci “governa” almeno il doppio.”

E quindi cosa ti aspetti in futuro, nel giro di due/tre anni? Sarà modificato?

“Credo che sia avvenuto un percorso di responsabilizzazione dal lato degli studenti. Ora, il virtuosismo regge se il booklet con le regole destinate ai docenti ottiene una maggiore implementazione e se si stabilisce che il fair play è una regola che funziona. […] L’Honor Code credo sia irrinunciabile e lo conferma il fatto che ormai esista dappertutto. […] Le regole condivise servono, e questo lo dico da giurista in erba.”[/spoiler]

[spoiler title=”Risultato di questi due anni”]Antonio è stato eletto rappresentante nel maggio del 2011 e ad oggi sono passati giusto due anni. Due anni che l’hanno visto impegnato su molti fronti, e proprio per questo gli chiediamo le tre cose più significative che avrebbe voluto mettere in luce.

“In realtà ci ho pensato mille volte. Io stesso non so scegliere perché i fronti sono talmente tanti che si sconterebbe l’impegno di qualcuno, probabilmente. Credo che l’aver semplificato la vita alle associazioni e soprattutto l’aver veicolato il messaggio che l’associazionismo studentesco  vada valorizzato siano stati un ottimo risultato. Posto che noi, di mestiere, facciamo gli studenti, ogni attività che sia differente dal curriculare è encomiabilissima.”

“L’altro risultato di cui andar fieri è il ripensamento delle valutazioni della didattica. Il messaggio che dovrebbe leggersi in filigrana è: restituiamo maggiore dignità al triennio ed evitiamo che si cada in una liceizzazione, nel senso di mero proseguimento del liceo. Rendiamolo una cosa più seria. Collegato a questo, investiamo sull’internazionalizzazione. La nostra attività, soprattutto con l’avvento dell’era Sironi, è stata sincronizzata con quella della faculty e sono aumentate le mete scambio, ad esempio.”

“Un altro successo è stato il cambiamento dei corsi di lingua, oggi plasmati su quelli delle certificazioni universalmente riconosciute (tipo IELTS), corsi molto partecipati e con un tasso di dispersione dopo le prime lezioni irrisorio rispetto a quello dei corsi di inglese standard in Bocconi. Per il resto il ruolo del rappresentante è molto agevolato dall’università che funziona bene”.

E invece una critica che ti verrebbe in mente alla Bocconi?

“Io sono ormai troppo innamorato di questo Ateneo (ride)… Ma scherzo, non lo so. L’università potrebbe rasserenarsi un momento, guardare all’interno di se stessa, sviluppare i talenti, scommettere su alcune iniziative e non offrirsi a tentativi di corteggiamento, stabilendo di restare un’autorevolissima istituzione economico-giuridica e culturale all’interno del sistema Paese. Senza genuflettersi di fronte ai ranking internazionali, deve poter rappresentare un faro di eccellenza, quanto a produzione di ricerca e innovazione.”[/spoiler]

[spoiler title=”Rappresentanza ed Elezioni”]Come ci racconta sopra, il lavoro svolto durante questo periodo di carica è stato abbondante e molto impegnativo su tutti i fronti. Il problema che si pone ora non è tanto chi sarà il successore ma se sarà capace di dare continuità al lavoro svolto, procedendo sulla stessa linea oppure spostandola in una direzione differente ma altrettanto positiva.

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Che consiglio vorresti dare al tuo successore?

“Io credo che probabilmente occorra riprendere gran parte delle cose su cui abbiamo lavorato. Valutare l’avanzamento dei lavori, riprendere in mano tutti i temi di cui si è parlato anche qui e spendere un semestre o un intero anno per avere maggiori certezze sullo stato dell’arte. Occorre misurarsi, valutarsi e poi ripartire e intervenire sui fronti dell’internazionalizzazione, della didattica, etc.”

Passiamo così ad un tema molto attuale: le elezioni a maggio. Durante tutta l’intervista Antonio ha tenuto in mano una penna che, guarda caso, era quella della scorsa campagna elettorale. Potremmo leggerlo come segno di affetto o puro caso, ma io forse lo interpreterei più come un segno scaramantico.

Quale consiglio daresti ai candidati? E soprattutto quante ore al giorno dormi?

“Il consiglio a tutti i candidati è di non dormire. I due mesi di campagna elettorale sono un momento esaltante, quanto a partecipazione, amicizie, rotture. E’ un segmento di vita in cui si cresce tantissimo. Potrei dire di aver rotto tantissime corazze anche grazie alla campagna elettorale. Corazze che avevano a che fare con amicizie, affetti, ambiguità, resistenze, ozi. Quindi a ciò serve la campagna elettorale: a conoscersi, a conoscere l’università, a incontrare i tanti Bocconiani attivi che sono coloro che, al di là della favola bella della “classe dirigente” che saremo, saranno in un futuro prossimo in grado di mobilitare le energie migliori del Paese.”[/spoiler]

[spoiler title=”Campus Life”]Ci sono un sacco di eventi da  parte di tutte le associazioni di rappresentanza in Bocconi. Sono eventi che migliorano la vita on campus. Ma forse non è esterna l’attività di rappresentanza?

“Gli eventi, per chi fa rappresentanza, sono un momento aggregativo; è chiaro che per definizione le associazioni vivono di vita associativa e per uscire all’esterno hanno bisogno di eventi. Ugualmente, nell’attività di rappresentanza, soprattutto se è strutturata, i tre gruppi, con differenze minime, sono dei contenitori plurali in cui la matrice politica è palesemente scomparsa, diluita, rintracciabile nei singoli che hanno ovviamente una coscienza politica abbastanza matura ma che rinunciano a trasferirla all’interno dell’associazione.”

“Fatta questa premessa, se i gruppi non sono solo dei partitelli, ma grandi hub di una rete diffusa, piattaforme d’incontro di esperienze differenti, non è escluso che vi entrino persone di altre associazioni che lanciano mille idee per eventi e conferenze […] Forse l’insegnamento che se ne può trarre è quello di provare maggiormente a fare rete e creare delle sinergie, onde evitare delle repliche.”

Tu  hai deciso di contribuire al miglioramento dell’università con la rappresentanza, se non ti fossi dedicato alla rappresentanza come avresti investito il tuo tempo?

“Ovviamente suonerà come una lusinga, ma è noto che sono appassionato del giornalismo e dell’intersezione tra nuovi media e racconto, narrazione. Quindi sarei finito in queste stanze e quando il direttore era un conterraneo, Gaetani, ho scritto anche qualche pezzo per TiL. Poi mi è capitato di lavorare in uno dei gruppi di rappresentanza, B.lab, già da matricola.”

“Probabilmente per pigrizia, non ho mai cambiato perché mi ci sono trovato bene (dal primo anno sono stato eletto rappresentante al Consiglio di Scuola di Giurisprudenza e poi, al terzo anno, mi è stato chiesto di candidarmi al Cda). Se non avessi fatto quella roba lì, probabilmente sarei stato in questa stanza!”[/spoiler]

Intervista compiuta da: Sergio Rinaudo, Giorgia Rauso e Lorenzo Cinelli

Hanno collaborato: Pietro Fazzini, Daniele Nadalin e Francesco Querci 

Fotografia: Luca Stefanutti

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