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Quanto vale un libro?

Reading time: 4 minutes

JoGW IIMAdi Martina Leone

Nella mia personale classifica dei luoghi più affascinanti del mondo, vi sono sicuramente le librerie. Negozi di libri, tecnicamente. Ma in realtà, molte di loro sono qualcosa in più: una sintesi tra tempio, mercato e museo. Un luogo di culto dove celebrare un’arte che può essere fatta nostra nello spazio di pochi minuti. O di pochi Euro.

E, se da un lato la parte commerciale è sicuramente quella meno poetica, meno romantica e meno nostalgica, dall’altro è altrettanto interessante riflettere su che tipo di prodotto sia un libro. O meglio, quanto vale un libro? Per alcuni non più del prezzo di copertina. Per altri, giusto il tempo impiegato per leggerlo. Per altri ancora, meno di uno sguardo.

Ma per alcuni, invece, può valere il futuro.

Un libro, qui in India, rappresenta questo. Rappresenta la possibilità di leggere, di studiare e di ottenere un’istruzione, e magari, per i più bravi e ottimisti, di laurearsi. Qui l’istruzione è una cosa seria. Passare l’esame del 10° anno (10th grade), che uno studente affronta intorno ai 14 anni (una sorta di nostro esame di terza media), vuol dire poter, in futuro, accedere a concorsi pubblici, fare domanda agli uffici di collocamento o aspirare a un lavoro governativo. Per qualcuno fa la differenza tra sfamare o no la propria famiglia. Per qualcun altro tra l’avere o no un tetto sulla testa.

Per Solanki, 42 anni, essere stato bocciato al 9° anno ha fatto tutta la differenza del mondo. Ha vissuto 30 anni per la strada, raccogliendo sassi per guadagnare due spiccioli, perché nessuno assume lavoratori senza almeno il 10th grade. Un fortunato giorno di cinque anni fa, un uomo l’ha “raccolto” (queste le sue parole) dalla strada e gli ha offerto un posto come “lavoratore a contratto”. Una bella parola per descrivere qualcuno pagato alla giornata per fare qualunque faccenda sia necessaria.

Quel giorno ha cambiato la vita di Solanki. Ora può permettersi una stanza di sei metri quadri senza bagno né pareti, da dividere con altri sei membri della sua famiglia. Può comprar loro farina e peperoni da mangiare. E può mandare il figlio minore a scuola. Lavora tanto, dice, ed è sempre pronto a fare gli straordinari. Ma a suo figlio non vuole passare questa schiavitù, questa dipendenza da un salvatore. Un “salvatore” che in veste di affittuario gli impone il 25% d’interesse sull’affitto ogni due giorni di ritardo nel pagamento.

Se avesse tutti i soldi del mondo, dice con sicurezza, comprerebbe libri e matite per suo figlio. Oggi, per poterli acquistare, è costretto a chiedere un prestito al suo datore di lavoro, e ripagarlo vuol dire saltare un paio di pasti a settimana. È la cosa che più desidera al mondo, vedere suo figlio istruito, magari addirittura laureato.

Ma perché non acquistare una casa, se avessi tutti i soldi del mondo?”. Nel chiederlo non posso non lanciare uno sguardo alla baracca in cui vive adesso. Una sola branda all’interno. Un solo giaciglio per tutta una famiglia. “Perché i libri – mi risponde lui – servono per studiare, ottenere un buon lavoro, metter su famiglia e allora compare una casa”. Tutto comincia con un libro. Perché per Solanki un libro vale tutti i soldi del mondo.

Per un bambino “svantaggiato” che vive negli slums,  le baraccopoli indiane, invece, un libro vale quanto un desiderio. Vale l’unico desiderio che ha la possibilità di veder realizzato.

Qui in India, è la settimana della “Gioia del Dare” e l’università in cui mi trovo a studiare ora ha lanciato un’iniziativa chiamata l’Albero dei Desideri. Ogni bambino degli slums che si trovano fuori il campus ha avuto un cartoncino su cui scrivere un desiderio, e ognuno di noi “grandi” ha preso l’impegno di esaudirne uno. C’erano così tanti cartoncini a fine giornata. Uno chiedeva una bici, uno uno zaino di Spiderman, un altro un incontro con un professore, uno addirittura col rettore di IIMA. Ed uno, con quel misto di bellezza e genialità che c’è nei pensieri dei bambini, ha semplicemente chiesto “qualunque cosa”.

Alla fine ho contato 50 cartoncini. 50 pezzi di carta scritti da bambini che avrebbero tutti bisogno di “qualunque cosa”. E 45 di loro chiedevano libri. Libri di favole, libri d’inglese, libri di storie, libri di matematica, libri d’informatica, libri qualsiasi. L’albero era la loro lampada di Aladino, e hanno scelto un libro.  Perché per loro un libro vale un desiderio espresso. Vale più di qualsiasi altra cosa.

Che l’istruzione in India cambi la vita delle persone molto più che in molti altri paesi del mondo è innegabile, ed è un chiaro fattore a spiegazione di quanto narrato prima. Basti pensare che il ritorno sull’istruzione qui mostra un ritorno di scala crescente, cioè qui ogni anno di studio non solo vale più di quello precedente (in termini di futuri guadagni e status sociale), ma il valore aggiunto di ogni anno aumenta rispetto ai precedenti così come aumenta il livello di istruzione. Un anno in più di liceo quindi vale più di un anno in più di scuole medie, e un anno di master più di uno di livello undergraduate: la laurea si stima abbia un RTE (return to education) marginale del 16% contro solo un 5% della scuola primaria/elementare e un 12% di quella superiore.

In Italia, invece, come nella stragrande maggioranza dei casi, il RTE è decisamente più basso e il ritorno marginale di ogni anno di studio è drasticamente calante. Dalle scuole elementari fino alla laurea specialistica, ogni anno di studio apporta un valore alla mia istruzione che diminuisce d’importanza. Dati alla mano, tutto chiaro: logica economica. Certo che un libro vale più di una casa in un paese che sa che con un libro ottieni un titolo di studio, con un titolo ottieni un lavoro sicuro, quindi uno stipendio e in ultimo puoi permetterti una casa

Ma un bambino di sei anni, che sopra ogni cosa desidera incontrare un professore o preferisce avere un libro piuttosto che un giocattolo, li avrà letti questi dati? Lo sa quanto vale un anno in più di liceo per il suo portafogli? Lo sa cos’è il “ritorno sull’istruzione”?

O forse sa quello che noi abbiamo dimenticato.

Forse sa davvero quanto vale un libro.

One comment
  1. doria sannino

    noi yogin del Centro IL MARE siamo impegnati in India come servizio e ne conosciamo il livello e la qualità dei bisogni. Quest’articolo di Martina è particolarmente toccante, vista la giovane età della redattrice. trovo magnifico che una giovane si soffermi ad osservare e a riflettere sulle differenze alle quali ormai siamo perlopiù assuefatti, come se una legge di natura ci autorizzasse a non farvi caso ed a godere di quanto abbiamo senza attribuirvi valore di eccezionalità. La riflessione di Martina dovrebbe fare il giro dell’Europa per il nostro bene e per quello altrui perché senza gli altri siamo solo sterili monadi divoratrici del Pianeta. Grazie Martina

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