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Lo Spacciatore di Carne. Un nuovo talento delle parole

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lo-spacciatore-di-carnedi Andrea Branca

Giuliano Sangiorgi, leader dei Negramaro è “uno degli autori più richiesti dai grandi interpreti italiani (ha scritto tra gli altri per Jovanotti, Andrea Bocelli, Malika Ayane, Elisa, Patty Pravo, Adriano Celentano); il suo esordio letterario mantiene intatta la potenza di una delle voci più forti della nuova scena italiana” scrive così Einaudi.

Una voce che ha mischiato il talento a un’idea nuova di romanzo, costruita sulla convinzione che la storia che viene raccontata può senza alcun dubbio essere racchiusa in un velo di malinconia e tristezza. Lo stile che contraddistingue l’autore è sicuramente degno di nota, capace (come del resto anche con i suoi Negramaro) di dividere le parti della critica. Giuliano può piacere molto, anche troppo, oppure lo si può odiare.

“Lo spacciatore di carne” segna una linea profonda verso nuovi orizzonti, costruiti sicuramente da uno stile nuovo e assolutamente inedito, limpido e visibile anche in questa poesia.

Edoardo è un ragazzo del Sud, uno come tanti, o forse no. Vive l’infanzia coltivando dentro se il suo più grande dispiacere, la sua più grande vergogna. Ancora troppo giovane e troppo vulnerabile alle immagini che offre il mondo intorno a lui, Edoardo ingoia nella pancia troppo presto la scena che più di tutte cambia il suo modo di pensare e vedere le cose. Suo padre, nella sua “officina”, taglia e sgozza animali per farne della carne da commercio, mentre Edoardo osserva il sangue che da quel momento diventa parte integrante della sua vita.

Nasce così il coltivare una paura e ossessione che non lo abbandonerà mai. Studia a Bologna e durante un viaggio in treno la sua vita cambia. Incontra Stella, luminosa come il suo nome, arrogante di passione e disinvoltura. È la figura che viene plasmata dalla mente di Edoardo come la più grande delle bellezze, il perché e il come vivere. Si abbandona nei suoi morsi e nella sua carnalità, nelle forme di un piacere nuovo e nei suoi colori.

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Quei famosi colori che lo rinchiudono in un vortice dal quale è troppo difficile uscire, quello della droga. Stella diventa la complice ideale di una vita fatta di carne, sangue e droga. Un ciclo che però non ha un’evoluzione positiva, anzi procede molto più velocemente verso un’epilogo tutt’altro che aspettato. Drammatica è infatti la scoperta del tradimento di Stella, avvenuto proprio con uno dei coinquilini di Edoardo. Un avvenimento significativo, che avvia una conclusione fuori dalla realtà.

Il protagonista reagisce col silenzio, il silenzio che soffoca ogni istinto, lo stesso silenzio che è la cosa più rumorosa nella testa e nel cuore. Perdere completamente e così velocemente l’ombra che è stata accanto a lui non rappresenta una via d’uscita da quel buio tunnel in cui si è ficcato. Compra i colori, aumenta le dosi, diminuiscono i soldi. Allora “tutto ritorna nel solito posto”. Il sangue e la sua ossessione diventano l’unica cosa di cui ha bisogno per avere quei maledettissimi colori. Vende la carne, compra i colori. Vende la carne, compra i colori.

Il giro continua in modo così impietoso da lasciare spazio alla fantasia condita con la disperazione. Edoardo naufraga nella pazzia che lo spinge a trasformare pezzi di carne in vere e proprie banconote. Alla fine hanno vinto loro. Alla fine hanno vinto i colori.

Edoardo scrive così a Stella.

INVIDIO

Invidio l’aria che ti sta intorno,

che ingoia i tuoi silenzi

trattiene i tuoi sospiri

e li vomita su narici poco attente.

Invidio il sole che ti scalda,

che non ha pudore nel farlo

mentre ruba pelle bianca

e la rende indietro come fosse notte.

Invidio la luna che ti addormenta

che si finge tua intima confidente

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quando strappa a te speranze e sogni che non saprò mai coltivare.

Invidio le stelle che ti seguono in ogni cielo

che ti vogliono cometa, di una notte la più accesa.

Invidio il tempo che ti si concede e non conosce clessidra migliore

per farsi distruggere.

Invidio te che non ti conosci

che puoi così fuggire la bellezza che dentro ti porti

e io non so fare nient’altro, se non invidiarti

nel tuo splendore che muore.

andrea.branca@studbocconi.it

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