«Sono una persona normalissima». Così esordisce Andrea Sironi, Rettore dell’Università Bocconi, parlando di sé. E ce ne dà conferma ripercorrendo la sua carriera dagli albori. Dopo un esordio nel settore finanziario, Sironi si accorge di coltivare un particolare interesse per gli aspetti analitici del business ed essere meno attento alla parte commerciale: tutto fa presagire l’imminente avvicinamento ad attività di ricerca e docenza. Il Rettore fa però un ulteriore passo indietro, descrivendo quella che qualche tempo prima aveva rappresentato una decisione ancor più categorica: scegliere tra la facoltà di economia e quella di medicina. «Mi sarebbe piaciuto fare il medico e ancora oggi lo reputo un mestiere bellissimo, ma il tipo di studio mi sembrava un po’ troppo noioso». Ci rivela poi che, una volta optato per gli studi in campo economico, l’ambizione primaria è fin da subito stata quella di diventare professore, anche se «da lì a Rettore non me lo sarei aspettato».
Già, Rettore. Una ricarica che ricopre non in seguito ad una campagna elettorale a suo favore ma essendo stato nominato direttamente dal Consiglio di Amministrazione. «Penso che tra le caratteristiche che mi sono state riconosciute vi siano quelle di essere un bravo ricercatore e un bravo docente; è stata apprezzata la mia capacità di essere al servizio dell’istituzione e di aver saputo guidare». Si parla di una sensibilità e di una dedizione superiori alla norma, che si tramutano in un ruolo a cui non a tutti è concesso aspirare: «Conosco molte persone che davanti a un’offerta tale risponderebbero “per carità, non ci penso neanche!”».
Interrogato sull’equazione Bocconi = istituto d’eccellenza, Sironi si ribella all’uso che di tale binomio fa chi studia o lavora all’interno dell’università: «Lascio che siano gli altri a dirlo». Nega la valenza di tale definizione quale punto d’arrivo, apice massimo, raggiungimento di un qualche obiettivo: «Spesso ci siamo cullati nell’idea che fossimo l’istituzione universitaria più prestigiosa e consolidata in Italia. Oggi, però, il mercato di riferimento non è più quello italiano. Siamo passati a un livello internazionale e non è affatto scontato che siamo noi i numeri uno».
Intanto, l’introduzione dal prossimo anno del corso “International Politics and Government” è sicuramente un’iniziativa ambiziosa, volta a incrementare il prestigio del nome Bocconi. Sironi afferma che «Avrà indubbiamente un taglio diverso rispetto al classico corso di scienze politiche in Italia» e che il suo successo sarà dettato sia dagli studenti che dall’appetibilità del mercato del lavoro. Anche l’approccio sarà differente, quasi un esperimento basato su una didattica più interattiva, un corso internazionale con obbligo di periodo di studio all’estero.
Nel ribellarsi alla denominazione di eccellenza, Sironi tiene inoltre a sfatare il mito secondo cui la Bocconi simboleggia un’università che accoglie unicamente studenti benestanti: «la Bocconi è un potente ascensore sociale, a bordo del quale si trovano anche studenti non affatto abbienti e le cui famiglie fanno grandi sacrifici». Quello a cui si punta è un cambiamento sia nella sostanza che nella comunicazione, aumentando i fondi investiti per il sostegno economico: «da 20 a 25 milioni di euro, a fronte di una riduzione non irrilevante del contributo pubblico».
Amante di attività acquatiche, patito della vela e della lettura, Andrea Sironi si dichiara onorato di ricoprire questa posizione: «Sono stato lusingato quando si è pensato a me». E per noi non c’è alcun dubbio: il sentimento è reciproco.
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