Di Eleonora Recupero e Federica Torriero
“Too big to fail”. Era questo il motto portante di Lehman Brothers. Almeno fino al 15 settembre 2008, data in cui, dopo quasi centocinquant’anni dalla sua fondazione, il colosso bancario dichiara il fallimento. Un declino che causa la perdita del posto a più di 26.000 dipendenti.
L’incontro, presieduto dal Professor Salvemini, è volto a presentare lo spettacolo teatrale “Lehman Trilogy”. Un’opera rivisitata da Stefano Massini -descritto come “uno dei drammaturghi più corteggiati d’Europa” da Salvemini stesso- e messa in scena dal regista Luca Ronconi, venuto a mancare qualche settimana fa.
La vicenda ha inizio nella seconda metà del 1800, quando i tre fratelli Lehman, bavaresi di nascita, sbarcano in America per cercare fortuna, inseguendo come tanti il famigerato American Dream. E in breve tempo passano dal commercio dei manufatti di cotone alle obbligazioni. “Il nostro obiettivo” cita l’autore “è quello di un Paese in cui si compri non più per necessità, ma piuttosto per istinto o per identità”. Il rapido progresso raggiunto dai tre fratelli, culminato nella fondazione di un impero finanziario di fama mondiale, causa loro un completo distacco sia dalla madrepatria tedesca che dall’ebraismo, e un contestuale avvicinamento sempre più sentito alla cultura americana. Come afferma Sergio Escobar, direttore del teatro Piccolo di Milano, “la loro fortuna si è basata sul passaggio da coltivatori di piantagioni di cotone a mediatori finanziari, una mutazione d’identità poi ridefinita con l’ingresso nel mondo delle obbligazioni”.
Massini spiega i motivi dell’approccio personale e “anti-economico” che ha adottato nel raccontare una storia avvincente che lui stesso conosceva a malapena. Il suo obiettivo è quello di smentire i preconcetti comuni e le credenze popolari che definiscono i finanzieri come “speculatori o squali”, mostrando che “coloro che finanziavano i fondi delle ferrovie non erano membri di un piccolo circolo esoterico intento a scambiarsi capitali davanti al caminetto; erano piuttosto i piccoli risparmiatori americani che, con l’illusione di poter fare come Pinocchio e nascondere le monete sotto terra, vedevano realizzarsi il miracolo di trovarne di più il giorno dopo.” Massini invita il pubblico a scoprire come il mito dell’arricchimento facile fosse un denominatore comune nel secolo scorso, ma senza sottolineare l’avidità insita in Wall Street.
Nel rivelare tali realtà l’autore si serve di un approccio “omerico”; lo stesso Omero, infatti, racconta nei grandi classici ciò che accade quando l’uomo perde il contatto con la propria umanità. Egli viene punito ,“non sempre dagli dei, ma spesso dal fato, dal sistema delle cose” e lo stesso avviene per i fratelli Lehman. “A far fallire la Lehman” spiega Massini “non fu soltanto lo Stato americano ma anche le altre banche, dall’americana Goldman Sachs ai colossi del mondo globalizzato in Giappone e Cina, che rifiutarono di soccorrerli.” A sancire la sconfitta è stata la celebre affermazione pronunciata dall’economista George Soros: “Adesso tutto il mondo saprà che il gioco è rotto”.
Nel ricordare Luca Ronconi, Stefano Massini racconta la reazione del regista dopo aver letto lo scritto. “Io non so ancora cosa -mi disse- ma di questo testo ne farò qualcosa”. Lo stesso Sergio Escobar si è mostrato stupito nello scoprire in ogni sua pagina un soave ritmo narrativo e musicale. “È una ballata che richiama una dimensione del tempo che man mano perde le sue radici. Il ruolo del teatro è anche quello di scavare nella parola, operazione che Massini svolge magistralmente raccontando il crollo di un impero”.
L’opera sarà in scena al Piccolo Teatro Grassi di Milano fino al 15 Marzo e verrà nuovamente riproposta a Maggio. Non solo per via del suo straordinario successo, ma anche e soprattutto per onorare la memoria del maestro Ronconi, che con questo ultimo lavoro lascia all’accademia del Piccolo il suo testamento.
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