Di Vittoria Ariotto
In occasione dell’evento “La vocazione sociale del capitalismo italiano” del 3 Dicembre 2015, organizzato in collaborazione con B.lab, noi di TiL abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Antonio Calabrò, Vicepresidente Assolombarda e Responsabile Cultura Confindustria e Diego Della Valle, Presidente e CEO Gruppo Tod’s, ponendo loro alcune domande sia sulle tematiche affrontate durante l’evento sia sulla loro esperienza personale. Ringraziamo vivamente per la collaborazione Gianfranco De Nigris, studente di giurisprudenza in Bocconi e organizzatore dell’evento.
Intervista ad Antonio Calabrò
Qual è la sua visione dell’attuale condizione dell’editoria in Italia? In particolare, quanto i nuovi mezzi di comunicazione stanno modificando l’equilibrio che si è mantenuto fino ad oggi?
Io credo che anche l’editoria, come tutto il sistema industriale italiano ed europeo, sia nel mezzo di una grande trasformazione, all’interno della quale rimangono però saldi alcuni principi. In particolare, essa ha senso se pubblica parole che siano nuove e capaci di incontrare valori e racconti di persone. Possiamo avere il romanzo elettronico o qualsiasi tipo di device tecnologico, ma se dentro non c’è “La Montagna Incantata” di Mann, “Le Città Invisibili” di Calvino, la tecnologia non vale niente. Bisogna abituarsi a utilizzare la tecnologia per le esigenze di pubblico nei vari momenti della giornata e della vita. In viaggio, un tablet va benissimo, ma per leggere per bene è necessaria la carta. Questo atteggiamento, inoltre, è riscontrabile anche in pubblici molto tecnologici, come ad esempio gli studenti americani. Un altro dato confortante, poi, è l’aumento delle vendite di libri per bambini e ragazzini. Questi due elementi sono indicativi del fatto che la contrapposizione schematica tra carta e high tech risulta errata: è necessario ricercare tutte le sinergie possibili.
Anche per quanto riguarda i mezzi di comunicazione di massa, il web sta generando una vera e propria rivoluzione dell’informazione. Cosa pensa di questi cambiamenti e quali crede che saranno le conseguenze di tutto questo, in particolare in Italia?
Il web sta modificando gli equilibri ed è bene che succeda. Qualche tempo fa era uscito un libro che parlava dell’ultima copia del New York Times che sarebbe stata venduta nell’ultima edicola all’ultimo uomo appassionato di carta. La data prevista era il 2034, dopodomani. Non è andata esattamente così. Certo, immaginare i quotidiani con il vecchio criterio del volume di ottanta pagine che contiene tutto, dalle notizie agli approfondimenti, è sbagliato. È necessario pensare ai nostri quotidiani dentro a un sistema complesso, in cui le notizie passano velocemente attraverso la rete, vengono approfondite sui siti web, declinate dalle radio e discusse dalle televisioni, fino a che a un certo punto atterrano sulla carta, dove vengono sviluppate analisi che permettono di capire quello che il messaggio televisivo o la notizia rapida sul web non possono trasmettere. L’unica soluzione, quindi, è vedere i giornali in un’ottica multimediale. Devo dire che, anche se in ritardo, l’editoria italiana si sta indirizzando verso questo percorso.
Infine, una domanda che si allontana da questa tematica, ma che si ricollega all’argomento della discussione di oggi. Qual è l’approccio odierno alla responsabilità sociale? Qual è la sua visione rispetto al prossimo futuro?
Io credo che la responsabilità sociale delle imprese non sia né un certificato né uno strumento di marketing, ma sia la cultura profonda che coglie le esigenze dei consumatori in un mondo in trasformazione. La sostenibilità ambientale e sociale, la possibilità di lavorare in luoghi sicuri e vendere prodotti di qualità, è una dimensione reale e competitiva delle nostre imprese. Il bello è ben fatto.
Intervista a Diego Della Valle
A partire dal suo esordio in Tod’s negli anni ottanta fino ad oggi, qual è stata la sua ricetta per il successo? Come è riuscito a fare tutto questo, ma soprattutto: come si è modificato il suo approccio nel corso degli anni?
L’ingrediente di base è rimasto lo stesso, ossia sognare delle cose e fare di tutto per ottenerle, mantenendo sempre i piedi ben piantati a terra. Con il tempo, poi, qualcosa è cambiato. In particolare, mentre all’inizio agivo materialmente in prima persona, oggi sono più distante dal processo attuativo, però la convinzione è la medesima. In particolare, ciò che non deve mai mancare è la voglia di fare… ed io ho anche la fortuna di fare, nella vita, ciò che amo.
Cosa pensa della situazione economica italiana? Quali consigli ha da dare a un giovane studente di Economia?
Studiate, preparatevi, imparate le lingue. Mentre studiate, poi, cercate anche di fare qualche esperienza all’estero, anche se la speranza è di avervi poi qui, in Italia, a lavorare e costruire una carriera. Queste sono le cose che dovreste fare voi. Noi, invece, dovremmo mettervi in condizione, una volta fatto bene il vostro dovere, di potervi costruire il futuro, garantendovi la possibilità di trovare tante cose da fare, tante opportunità all’interno del nostro Paese.
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