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Interviews

“Sino a quando i leoni non avranno i loro propri storici, i racconti di caccia continueranno a glorificare il cacciatore.”

Bassiurou Aceti
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Bassiurou Aceti

Di Alessandra Aceti

È questo il proverbio africano che Bassirou Sow ha deciso di porre all’inizio del proprio libro “Il dottor vu cumprà. Il viaggio delle illusioni.”. Bassirou è un uomo senegalese di 46 anni, in Italia (a Sassari) dal 2000. Il suo sogno fin da bambino era fare l’avvocato per difendere i più; eppure già da qualche anno lo sta facendo, anche se con un progetto nuovo ma tutto suo e una inesauribile voglia di realizzarlo. Il suo obiettivo oggi è quello di arginare il più possibile il fenomeno migratorio, consentendo una adeguata valorizzazione e sviluppo delle risorse presenti nel proprio Paese di origine e limitando il verificarsi in Europa di situazioni di povertà estrema e inaspettata per la maggior parte degli immigrati. Come dice Bassirou, secondo la visione popolare comune tra gli africani, l’Europa continua a godere dell’immagine idilliaca di una rosa senza spine. La situazione, come sappiamo, non è esattamente così, ma esiste purtroppo un muro di silenzio tra i Paesi e nondimeno tra gli immigrati e le loro famiglie, che porta queste ultime a credere il contrario, pensare che i propri ragazzi stiano bene e spingere altre risorse umane fuori dall’Africa. Bassirou con questo libro e molte altre iniziative (come il progetto Binario Senegal finanziato dalla Regione Sardegna) ha voluto rompere questo silenzio ed abbiamo deciso anche noi di dare un’ulteriore voce al leone che è in lui, intervistandolo.

Da cosa nasce la visione di un’Europa perfetta, il posto ideale per una vita dignitosa e felice?

Le cause sono principalmente due. Da una parte il benessere europeo viene percepito dalle immagini diffuse dai media; dall’altra, molto più determinante perché molto più diretta, sono gli stessi emigrati africani ad incrementare questo falso mito con i loro racconti. Ad esempio, per educazione e per cultura il senegalese è portato a nascondere i propri problemi e difficoltà agli occhi degli altri, anche i più cari. Questo atteggiamento, descritto sinteticamente nell’espressione sagou e soutoura, porta coloro che emigrano in altri Paesi a raccontare che hanno trovato fortuna e vivono una vita dignitosa di cui possono dirsi felici. In realtà, tolti i soldi inviati a casa tramite istituti finanziari globali come MoneyGram, agli immigrati-emigrati non rimane niente.

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Ne deriva, quindi, anche una falsa immagine di quello che è l’emigrato medio?

Assolutamente sì, i ragazzi che lasciano l’Africa per altri Paesi vengono chiamati modou-modou e godono di grande ammirazione da parte di quelli che invece rimangono. I modou-modou vestono in modo diverso da quello tradizionale, possono permettersi un’auto nel loro Paese di origine e garantire un certo benessere alla famiglia; per questo la maggior parte delle ragazze sogna di sposare un modou-modou (nonostante questo significhi vedere il marito da uno a tre mesi all’anno, vale a dire circa tre anni di presenza ogni dieci).

Il tuo libro, invece, racconta la verità sulla tua storia, di cui già il titolo dice molto.

È vero, ho frequentato tutte le scuole fino a quella superiore in Senegal, poi ho iniziato a studiare giurisprudenza all’Università di Dakar ma dopo qualche anno sono venuto in Italia, dove nonostante la mia istruzione mi sono trovato a fare il venditore ambulante in un parcheggio (insomma un vu cumprà, come gli italiani di solito ci chiamano). L’aspettativa con cui ero partito si è rivelata un’illusione, per poi diventare vero e proprio sconforto. Ho ripreso poi gli studi all’Università di Sassari, ma ho dovuto interromperli perché era impossibile conciliarli con il lavoro, la necessità di mandare soldi a casa. Ho scoperto che anche in Europa esistono la povertà, la precarietà, l’esclusione sociale; ho vissuto sulla mia pelle che l’immigrato, privo di un’adeguata preparazione alla sua nuova vita, aggredito da tutte le parti e non coperto da forme di previdenza ed assistenza sociale, diventa un essere fragile. Ho deciso, però, di reagire e sollevare questa realtà agli occhi sia degli italiani sia dei miei connazionali. Il libro, che è stato edito sia in italiano sia in francese proprio per questo, vuole rappresentare un punto di contatto e soprattutto uno strumento di conoscenza, un modo di dire la verità e rompere l’omertà e l’ignoranza su molte situazioni; la conoscenza è ricchezza.

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