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REFERENDUM TRIVELLE: COME FUNZIONA IL VOTO PER I FUORISEDE

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Di Nicolò Minella

Sotto il confuso ed incessante diluvio di opinioni e dibattiti odierni, in questi giorni pre-referendum, un tema importante necessita di essere trattato in maniera più chiara ed organica. Accantonando per un momento i problemi strettamente politici e gli effettivi contenuti del testo su cui pende l’ascia dell’abrogazione, è infatti prima di tutto opportuno porre l’attenzione sulla modalità di voto (non sempre cristallina) che interessa chi vuole manifestare la propria opinione lontano dal suo comune di residenza. Situazione questa tutt’altro che marginale, se si pensa che gli studenti fuori sede italiani in Italia sono una cifra che si avvicina alle 240 mila unità. E, se a questi si aggiungono anche i lavoratori lontani da casa, sottoposti alla medesima disciplina, la dimensione e la criticità politica del problema appaiono evidenti. La rilevanza della questione è, dunque, stata subito colta dagli organizzatori e dai comitati promotori del referendum, che come sempre cercano di portare a votare un numero di persone il più alto possibile. La soluzione raggiunta, per la verità, è incompleta, ma comunque apprezzabile se si tiene conto che in Italia al momento non esiste alcuna legge specifica per gli elettori in mobilità. Ecco allora nel dettaglio le modalità con le quali ci si potrà recare alle urne.

Esistono due strade percorribili per chi si trova lontano da casa. La prima, elimina il problema alla radice: è possibile infatti usufruire di una convenzione che i promotori hanno stipulato con Trenitalia ed Italo. Entrambe le compagnie ferroviarie si sono impegnate a concedere sconti agli elettori che si spostano in treno per raggiungere la sede del proprio seggio elettorale al fine di partecipare appunto al referendum popolare di domenica 17 aprile. Su Trenitalia per i treni di media e lunga percorrenza, ci sarà una riduzione pari al 70% rispetto al prezzo base del biglietto, mentre per i servizi del trasporto regionale la riduzione sarà del 60% (la stessa prevista su Italo per tutti i biglietti andata/ritorno). Per godere di tale offerta, si devono seguire le procedure indicate su entrambi i siti, che prevedono l’esibizione, oltre dei normali documenti, anche della tessera elettorale per provare l’avvenuta votazione e per non permettere facili abusi.

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La seconda strada invece consiste nell’opportunità effettiva di recarsi fisicamente a votare nella sede prescelta lontana da casa. La procedura appare però, come si diceva, un po’ tortuosa e non pienamente soddisfacente. Una breve premessa: la normativa sui referendum in vigore (la legge n. 352 del 25 maggio 1970) stabilisce che alle operazioni di voto e di scrutinio nei seggi possono assistere, se lo richiedono, due rappresentanti di ognuno dei partiti o dei gruppi politici presenti in Parlamento, e due rappresentanti dei promotori del referendum (tutti designati da una persona munita di un mandato rispettivamente dal partito, dai gruppi o dal comitato promotori). Ed ecco qui il punto chiave: lavoratori e studenti fuori sede, per partecipare al voto, possono chiedere di diventare rappresentanti di lista del comitato promotore del quesito referendario presso i seggi istituiti nel comune dove si trovano. La nomina può avvenire attraverso la compilazione di specifici moduli online (dove vengono richiesti almeno nome, cognome, mail e CAP) messi a disposizione da varie associazioni tra cui Studenti per l’Ambiente o l’Unione degli Universitari. Solo così gli elettori potranno concretamente mettere la “x” sul quesito referendario nel seggio della città in cui studiano o lavorano.
Per chi invece è fuori sede all’estero, i giochi si sono chiusi il 26 febbraio. Coloro che si trovano lontano dall’Italia per un periodo di almeno tre mesi in cui cade il referendum avevano la possibilità di fare richiesta per votare tramite corrispondenza (su organizzazione degli uffici consolari) effettuando una comunicazione al comune d’iscrizione nelle liste elettorali. La scadenza è però ormai passata, e non vi è altra via per prendere parte alla votazione dall’estero.

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Passare attraverso l’obbligo di diventare rappresentante di lista per poter votare appare dunque un escamotage efficace, che è già stato sfruttato con successo in altre occasioni e che anche quest’anno viene riproposto, ma certamente è una soluzione provvisoria: i posti disponibili sono relativamente limitati (nel 2011 era stata raggiunta la cifra di 80mila) rispetto ai potenziali elettori, i quali, se per ipotesi volessero tutti recarsi alle urne nella città desiderata, non troverebbero spazio. Il verificarsi di questa situazione sarebbe piuttosto surreale, ma è certo che tra i molti impegni in agenda il legislatore dovrà soffermarsi in futuro anche sulla regolamentazione di questo fenomeno che, vista la mobilità dei nostri giorni, è in grande crescita e non gode al momento di piena tutela.

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