Di Francesco Cefalà e Emiliano Rinaldi
Oggi abbiamo l’onore di intervistare il Professor Federico Varese, docente di criminologia ad Oxford; per prima cosa noi di “Tra i Leoni” vogliamo ringraziare “Bocconi Students againist Organized Crime” che ha invitato il Professore in Bocconi a parlare con noi studenti e che ci ha dato la possibilità di condurre questa intervista.
Francesco: Da ragazzo del Sud, nato e vissuto in un città che proprio ieri ha visto sciogliere il proprio consiglio comunale per infiltrazioni mafiose, ho notato che c’è molta confusione sul tema “Mafia” fra i miei coetanei del nord Italia (ovviamente con le dovute eccezioni), quasi come se la cosa non li riguardasse.
Volevo chiederle se questo fenomeno è dovuto ai differenti modi in cui la Mafia si manifesta al Nord e al Sud e se lei ha percepito questa stessa differenza di consapevolezza del fenomeno, anche fuori dall’Italia, in particolar modo nei luoghi dove ha insegnato o insegna.
Prof. Varese: “Si, l’impressione è quella che si è portati a considerare la Mafia come un problema prettamente del Sud e quindi non la si vede quando è al di fuori dei territori tradizionali, come appunto nel nord Italia o all’estero; si è spesso portati a pensare che la Mafia non può esistere al di fuori dei contesti storici e credo che l’errore sia proprio quello di giudicarla come un fenomeno culturale, storico e limitato ad un determinato posto: sappiamo invece che vi sono molte parti del Sud in cui non c’è Mafia, anche nella stessa Sicilia ad esempio, ma che vi sono parti del Nord dove c’è ed esiste da tempo. Questo modo di pensare genera appunto la confusione ed ignoranza di cui parla lei, anche in Inghilterra; nel mio ultimo libro cerco di raccontare come vicino Manchester ci siano atteggiamenti di mafiosità che, usando una definizione analitica di Mafia, sono identici a quelli che abbiamo in Sicilia. Il mio modesto tentativo è stato quello di trovare appunto una definizione analitica del problema, ossia definire la Mafia per quello che fa nei contesti tradizionali, per poi arrivare a capire quali sono le condizioni che permettono a queste mafie di radicarsi in altri contesti, tema che invece avevo già trattato nel mio libro precedente “Mafie in movimento”; inoltre ha attratto particolarmente la mia attenzione il capire la storia e le condizioni delle mafie nate direttamente fuori dai territori standard.”
Francesco: Il procuratore Gratteri qualche settimana fa ha dichiarato che non basterebbero 20 anni per ottenere un cambiamento culturale in Italia che possa debellare definitivamente la Mafia. Io faccio parte dell’ organizzazione di un festival contro la Mafia che si tiene ogni anno a Lamezia terme, “Trame festival”, di cui lei è stato ospite nel 2012; come questo festival ne esistono tanti altri, sono stati scritti un sacco di libri e prodotti molti film che trattano di Mafia: quindi di Mafia se ne parla e se ne parla anche tanto. Secondo lei per raggiungere l’obiettivo di Nicola Gratteri e di tanti altri basta solamente informare sulla Mafia o servirebbe anche qualcos’altro? Da cosa bisognerebbe partire per azzerare l’atteggiamento mafioso del singolo cittadino e quindi arrivare a limitare in larga misura la Mafia?
Prof. Varese: “Visto che ci troviamo all’interno di un ateneo la risposta che mi viene naturale è che bisogna studiare, cercare di capire il fenomeno per come è veramente, senza alcuna ideologia di fondo e farne un’analisi precisa, empirica e dettagliata. Parlare di questo fenomeno non basta, bisogna parlarne in modo corretto e consapevole; ad esempio è scorretto pensare che la Mafia sia ovunque o solo al Sud ma purtroppo addirittura c’è chi con buona volontà combatte la Mafia avendo in testa questa sbagliata convinzione. Molto importante è quindi usare gli strumenti delle scienze sociali come il lavoro sul campo, l’analisi è comparazione dei dati… poi una volta che si è capito il fenomeno bisogna combatterlo ma questa è un’altra storia”
Emiliano: Spostandoci sul lato sociale della Mafia, che impatto può avere la Mafia sulle istituzioni, sul processo democratico, e soprattutto sulla fiducia?
Prof. Varese: “Sicuramente la Mafia considera il voto un’altra merce da comprare. La Mafia ha il mercato dei voti, nel quale entra e cerca di comprare e vendere voti, come altre merci illegali, quindi vende voti ai politici che sono ben disposti a comprarli per essere eletti. Questa è una delle cose che fa la Mafia nei rapporti con le istituzioni. Sicuramente la Mafia ha bisogno della politica perché la Mafia ha bisogno di permessi e di sopravvivere – di non avere interferenze da parte dello stato nel suo lavoro e quindi il politico può aiutare molto la Mafia. Si tratta di un rapporto di simbiosi strettissimo: se non ci fosse il rapporto con la politica queste organizzazioni non andrebbero molto lontano, sarebbero debellate in fretta. Per chiudere, la Mafia rovina la democrazia, nel libro spiego che la Mafia vive nelle democrazie, cioè la Mafia ha bisogno della democrazia perché la democrazia gli da gli spazi per esistere, e da anche i diritti ai mafiosi. In più, la democrazia permette alla Mafia di manipolare il voto e quindi prospera nella democrazia, ma ovviamente lo fa distruggendone il significato ultimo della democrazia – l ’idea che tu esprimi un voto perché la pensi in un certo modo, e di fatto riduce il voto ad una merce di scambio.”
Emiliano: Questo può essere provocato dal tessuto sociale che si viene a creare? E che ruolo ha la Mafia nelle società moderne?
Prof. Varese: “Ecco la Mafia secondo me è un fenomeno soprattutto sociale ed economico, non tanto criminale. Cioè e un fenomeno che va combattuto in quanto fenomeno criminale però se fosse solo un fenomeno criminale lo risolveremmo in fretta. È un fenomeno sociale e la Mafia in quei tessuti sociali fa qualcosa di importante, senno non si spiegherebbe perché è ancora qui. La Mafia esiste per due ragioni: Primo perché ha questo rapporto con la politica, ma secondo perche ci sono settori della società che beneficiano dall’esistenza della Mafia. Sono settori in gran parte del mondo economico, imprenditori fondamentalmente. E quindi la Mafia beneficia questi settori, e in più vive in uno stato che non è in grado di risolvere i conflitti o le dispute tra cittadini in maniera efficiente e la Mafia si sostituisce allo stato. In Italia come forse sapete ci vogliono 8 anni di media per risolvere un caso in un tribunale civile, e se un mafioso in due settimane ti risolve la disputa con il vicino di casa per il giardinetto, ti da un servizio che lo stato non ti da. Quindi per combattere la Mafia bisognerebbe sicuramente avere uno stato che funziona meglio, e che sia più giusto ed equo di quello mafioso. Quindi si, secondo me la Mafia esiste perché fa qualcosa, non è un puro parassita nel senso che non produce niente, produce dei servizi però solo per alcune fette molto ristrette della popolazione che ne beneficiano.”
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