Un anno fa un risveglio in un mondo diverso
Solito testardo provare
della luce
a farsi strada tra palpebre ancora abbracciate.
Il gioco invisibile
delle dita sotto le lenzuola
ristabilire il contatto.
Sempre nuovo scoprire
che c’era
un cinguettio
dietro la finestra.
Mai domandarsi se forse lo stesso cantante
se ne stesse
già ieri
appollaiato sui sogni.
Poi percepire l’agitarsi di un vuoto di senso.
Non più abbastanza per lui lo spazio sui telegiornali
invadere allora gli scaffali dei supermercati
quelli dove prima c’era il pane
e inghiottire gli affetti le misure i parametri
i fiori e i momenti.
Risparmiare solo il cin-guet-tìo ma
violento intrufolarsi tra le sillabe,
singhiozzante comporre
un canto di morte.
E allora l’umano proteggersi
in frasi dense di nulla
maldestro essere spettatori
del fatto che è impossibile
raccogliere gocce di vita
in un oceano che scappa.
Dalla cima dell’ego guardare
una sempre più densa tempesta di
nebbia
paura
nostalgia
silenzio
tempesta di tutto ciò per cui cercavamo sinonimi
che prima a pronunciarlo
tentennava la voce.
Galoppava adesso verso noi
un esercito
non faceva rumore,
tranne nel cuore.
Faceva così poco rumore, allora
provare a chiuderlo fuori
da tutte le porte del mondo
ma forse era proprio lui che
giocava a nascondino nel cin-guet-tìo
così singhiozzante cin-guet-tìo che
la Luna impallidiva a sentirlo.
Era sempre più piccola e sottile
sembrava voler cadere.
Entrava per altra via
l’esercito del silenzio
al mattino tra le palpebre ancora abbracciate
e non so dirlo bene
il suo sapore
prepotente contorcersi di contorsioni amare e senza rumore
era come un universale umano mancare
di mancanze mai misurate.
Che forma avremo allo scadere del tempo?
Cosa eravamo prima di questo nome?
L’uno – credo.
Diurno rinascere
nelle conversazioni nei suoni nelle guerre nei cieli pieni
di stormi di fuochi d’artificio di aerei di costellazioni
segrete da disegnare con un dito stesi sulla sabbia
nelle notti d’estate vestiti solo di acqua.
Del nostro essere un perpetuo racconto
di chi siamo e di chi vorremmo essere.
Dell’ingenua avidità dell’anima
di sbocciare in ogni sorriso messo in moto
negli altri,
del loro essere così vicini
da sfiorarsi le labbra,
del solo poter desiderare
il tocco,
l’intreccio dei destini
l’arrossito invisibile ammorbidire
le nostre impenetrabili dimore.
Torneranno a cantare
gli altri uccellini
E al mattino, tra un anno, canteranno chi siamo
Uno.
Ora lo sappiamo.
Il nostro nucleo più interno
è nel varcare
le distanze, i confini, le nomenclature
vibra impercepibile
una scossa seminale d’essere
nel quotidiano incontrare altri
e non riuscire proprio a capire
come si fa ad avere in sé
così tanti tramonti di sfumature
che non si possono contare ma io lo so che
riempiranno il vuoto
tra le anime tra le sillabe
tornare noi a noi
saperci vivi
senza il silenzio che preme
oltre la finestra.
Sostare un sostare nell’Uno
riscrivere la storia su un pianoforte
tuffarci in ogni nota
e nell’Altro
cantarlo dal fondo suo
essere tutte le persone del mondo
dipingere le cose vedere le
quintessenze circolatorie
morire ma prima riempire, udire
ogni mattina
un cinguettio nuovo.
Born in 2000, she started talking and rebelling very early and never stopped. Currently an ACME student, in the free time she enjoys writing, philosophising and listening to techno.