In merito alla conferenza stampa tenuta da Christine Lagarde a margine della riunione del board della BCE nella giornata di giovedì, e al conseguente crollo dei mercati azionari, abbiamo raggiunto la Prof.ssa Maria Giovanna Bosco, docente di Macroeconomia presso il nostro ateneo.
Prof.ssa Bosco, partiamo dalle frasi di Christine Lagarde che hanno fatto maggiormente discutere. La presidente della BCE ha affermato durante la conferenza che “Non è compito della BCE ridurre i differenziali” e che “Non vuole passare alla storia per un secondo Whatever it takes”.
Dal mio punto di vista, ci sono due ipotesi che possono spiegare queste dichiarazioni in un momento così delicato. La prima è che si sia trattato di un errore di comunicazione, nel qual caso non è accettabile per una persona che ricopre la sua carica. La prima lezione di macroeconomia monetaria consiste nell’efficacia degli annunci sulle aspettative; non è ammissibile che la presidente della BCE non ne sia a conoscenza. L’altra preoccupante ipotesi è che lei non abbia sbagliato, ma che stesse appoggiando implicitamente i cosiddetti paesi “falchi” all’interno dell’Unione Europea, cioè coloro che vorrebbero che la BCE abbandonasse il sostegno alla coesione che ha svolto finora sotto la guida di Draghi.
I mercati hanno reagito malissimo alle dichiarazioni di Christine Lagarde. Nella giornata di giovedì Milano ha perso quasi il 17%, lo spread è salito a 270 mentre gli altri listini europei hanno ceduto circa il 10%. Lagarde ha poi corretto il tiro, dicendo che non consentirà che lo shock derivante dalla diffusione del Covid- 19 possa provocare una frammentazione del sistema finanziario dell’area euro e il capo economista della BCE Lane le ha fatto eco. Milano ieri ha recuperato il 7% e lo spread è parzialmente diminuito. Come interpreta questo cambio di rotta? Crede che sia stato sufficiente a rimediare?
No, di certo non è stato sufficiente. Non si tratta soltanto delle fluttuazioni dello spread o degli indici azionari, il problema è la credibilità del banchiere centrale. La credibilità si costruisce nel tempo, rendendo coerenti i comunicati con le azioni. Una presidente che contraddice sé stessa, dopo sole quattro ore da una conferenza nella quale ha sganciato una bomba anti-solidarietà, non è né coerente né tantomeno credibile. Lagarde afferma di non voler essere il nuovo Draghi, ma potrebbe anche farlo scegliendo di tacere e non dando informazioni che in questo momento hanno l’effetto di affossare i mercati.
Passiamo alle misure vere e proprie intraprese dalla BCE: si è deciso di ampliare il Quantitative Easing di 120 miliardi e di lasciare invariati i tassi di interesse. Come valuta queste decisioni?
Se non si fosse detto altro se non l’aver annunciato questo modesto incremento del QE, probabilmente non si sarebbero verificati effetti tanto disastrosi. L’aumento del QE era atteso. Se ci fosse stato solo questo annuncio, al massimo si sarebbe potuta tacciare la Lagarde di “manica corta”, ma non si sarebbe andati oltre. Credo che la BCE avrebbe potuto intraprendere una politica maggiormente espansiva in termini di importi destinati al mercato, ampliando maggiormente il QE sia nelle cifre che nei tempi. Inoltre, ho sentito che a margine di questa manovra la BCE abbia alleggerito i capital requirements nei confronti delle banche, in modo da dare loro più ampio margine per concedere prestiti. Questa manovra aggiuntiva non è stata adeguatamente pubblicizzata, si tratta di un ulteriore errore di comunicazione.
Quanto è efficace il Quantitative Easing adesso, rispetto a quando è stato usato per la prima volta per contrastare la crisi finanziaria?
L’origine della crisi attuale è completamente diversa rispetto a quella precedente. La crisi che stiamo vivendo è una crisi molto più veloce, che attacca contemporaneamente sia domanda che offerta. È vero che negli anni passati il QE ha funzionato, ma lo ha fatto in tempi molto lunghi e lasciando margini di manovra molto risicati alla BCE.
La BCE avrebbe dovuto anche abbassare i tassi d’interesse?
Nonostante le altre banche centrali (FED, Bank of England, Banca centrale norvegese) abbiano tutte tagliato i tassi, da questo punto di vista non si può dire che la Lagarde abbia sbagliato. In effetti, non esiste spazio per tagliare ulteriormente i tassi d’interesse in Europa. La BCE avrebbe potuto abbassare alcuni tassi di riferimento dello 0.05%, ma sarebbe stata un’operazione del tutto “cosmetica”, senza alcun impatto effettivo.
Altro punto fondamentale della conferenza di Lagarde è stato il richiamo ad una politica fiscale europea che sia “ambiziosa e coordinata”.
L’annuncio di voler rafforzare la cooperazione europea in materia di politica fiscale ha sicuramente senso, ma non adesso. La Lagarde sa benissimo, come sanno tutti, che la questione della cooperazione fiscale in ambito comunitario è in stand-by al momento. I paesi membri non riescono nemmeno ad accordarsi per l’approvazione del bilancio pluriennale dell’UE. Dopo il consiglio europeo di fine febbraio, i Paesi Membri stanno ancora litigando tra coloro che chiedono maggiore fiscalità e quelli che invece vogliono solidarietà. Il risultato è che in questo momento non vi è margine per maggiore cooperazione fiscale. Se si fosse approvato il bilancio comunitario pluriennale e si fosse trovato un accordo tra gli Stati per la gestione dei temi comuni (immigrazione, politiche agricole etc.), allora l’annuncio della Lagarde avrebbe avuto senso. Ma dal momento che siamo nella situazione opposta, le sue parole inopportune non fanno altro che gettare benzina sul fuoco di una situazione già complicata.
Altro punto chiave della giornata di ieri è stata la conferenza di Von der Leyen che ha dichiarato massima flessibilità su aiuti di Stato e patto di stabilità, in virtù della “clausola di crisi generale”, vale a dire una norma del Patto di Stabilità che consente a un paese membro di deviare dagli impegni di bilancio assunti in precedenza. Oltre a questo, è stato stabilito un fondo da 37 miliardi.
Sono cose profondamente diverse. Mentre la BCE ha la possibilità di scegliere la politica comunitaria valida per tutti i paesi dell’area Euro, la Commissione non ha lo stesso potere in materia fiscale. La Von der Leyen si sta limitando a dire agli Stati che non saranno ostacolati, nel senso che non saranno controllati in modo stringente i parametri di bilancio. Ad essere sinceri, mi sarei aspettata interventi tangibili di supporto piuttosto che meri interventi passivi. Se il fondo da 37 miliardi destinato a tutti i paesi rimane così com’è, non sarebbe molto di più di quanto la sola Italia ha stanziato per sé stessa a livello nazionale. La Von der Leyen si è dimostrata finora attenta meramente agli aspetti tecnici della coesione europea.
Non trova che esista un paradosso tra le istituzioni europee nell’affrontare la crisi?
Vi è un rimbalzo di responsabilità. L’unica politica realmente comunitaria al momento è quella monetaria, che però sta scaricando la responsabilità sulla politica fiscale. Allo stesso tempo, la Commissione non ha il potere di decidere una linea fiscale unitaria per tutti i paesi. Il risultato per l’Italia è stato un danno enorme, poiché le parole di Lagarde sono andate a colpire proprio il paese europeo più flagellato dal virus e con i maggiori problemi di spread.
Vede la Cina come attore preponderante nello scenario economico post-epidemia, in quanto primo paese ad aver superato il problema?
Questo dipenderà molto da quelle che saranno le scelte di politica commerciale nei prossimi mesi. Adesso è un po’ presto per dirlo, finché non vedremo quali politiche metteranno in campo Cina e Stati Uniti non possiamo saperlo con certezza.
Come vede invece l’economia europea in prospettiva?
Ci sono diversi indicatori negativi. Se diamo un’occhiata ai dati dell’economia tedesca, che è considerata la locomotiva d’Europa in fatto di produzione, non erano buoni già prima dell’avvento del virus. Sicuramente le relazioni commerciali dei paesi core dell’economia europea sono principalmente tra di loro, questo potrebbe amplificare gli effetti negativi della crisi. Bisogna anche tenere presente che stiamo scontando e sconteremo l’effetto di Brexit, anche se non se ne sta parlando.
As a European citizen born in Portici, I'm interested in whatever deals with the economics and politics of our Continent. Sometimes I also pretend to understand philosophy.