Che accadrebbe oggi se ci dicessero che non siamo più bancabili? Niente più carta di credito, basta acquisti online, nessun conto a garanzia di alcune delle operazioni che vorremmo poter compiere. In un certo senso avremmo uno stop, un vero e proprio freno sia individuale che a livello aggregato. Allora capiremmo quanto il credito sia importante e forse ci sentiremmo “emarginati” da una società che va avanti anche senza di noi, alla quale non partecipiamo attivamente.
E’ questa l’attuale situazione di circa 2.5 miliardi di persone sul pianeta, la maggioranza dei quali, comprensibilmente, si trova nei Paesi in Via di Sviluppo. Vi sono Stati che dove il 90% della popolazione è considerata esclusa dal sistema bancario. In un’epoca in cui l’intero sistema rischia di collassare, starne fuori sembra qualcosa per cui sentirsi privilegiati.
In realtà non è affatto così. L’emarginazione di alcuni dall’intera macchina bancaria comporta, infatti, la loro esclusione anche sociale: la capacità di acquisto è ridotta e l’economia nel suo complesso ne registra uno svantaggio. Ovviamente i non bancarizzati risultano automaticamente tagliati fuori anche dal sistema del risparmio e da quello del credito, due canali primari, soprattutto per i percettori di redditi più bassi.
Esiste, tuttavia, un profondo dilemma: è vero che la bancarizzazione rappresenta una componente forte dei modelli di sviluppo, ma è pur vero che senza garanzie non è possibile pemettere al cliente di accedere ai servizi che vorrebbe. In molti developing countries, si registrano casi di persone senza fissa dimora o che cambiano spesso lavoro. E’ questo trade off, dunque, a fare da blocco allo sviluppo di nuove regole e nonostante gli sforzi si è constatato come una soluzione unica e globale non possa funzionare; ogni area geografica registra un peculiare bacino di caratteristiche, le quali devono essere passate tutte attentamente al vaglio.
In particolare, l’istituzione dell’Alliance for Financial Inclusion (AFI), un ente composto da banchieri centrali, regolatori e Ministri Finanziari di più di 80 Paesi sottosviluppati, permette lo scambio di informazioni su come agire nella fase di implementazione del progetto.
Si è notato, ad esempio, come il possesso di un cellulare (molto diffuso in Africa) possa essere uno strumento di grande potenziale. Cosa c’entra? Attraverso l’uso di un apparecchio ormai alla portata di tutti, perfino i piccoli commercianti e i contadini hanno la possibilità di accedere ai sistemi bancari e ai pagamenti. Il risparmio ne guadagna e così pure i micro investimenti. Il maggior credito riesce ad espandere la domanda e così via in un circolo virtuoso. Non utopie, ma realtà.
In Kenya circa 14 milioni di persone sono già state attirate da un progetto che lega tecnologia mobile e sistema finanziario. Si chiama M-PESA e permette a coloro che lo utilizzano di controllare i propri depositi e avviare transazioni. Analogo caso per il Sud Africa che, con il WIZZIT garantisce inclusione con soli 5 dollari di ricarica. Stesso successo in Uganda: il progetto MTN’s Mobile Money conta (da Giugno 2009) circa 40.000 subscribers e, visto il successo, altri competitors sono entrati nel mercato diversificando l’offerta per i neo bancabili.
L’accesso ad un sistema di questo tipo permette l’entrata in un modo a molti precluso e sconosciuto per anni e quindi l’avvio verso il sistema bancario formale. Lo sviluppo di un Paese passa (anche) attraverso il credito e l’enlargement del proprio complesso finanziario. Il rischio è che diventi terreno fertile per nuove speculazioni ed operazioni poco chiare. Dopotutto (parole del CEO della MTN’s Mobile Money): “mobile phones have created a new battleground for banking”.
Francesca Larosa
francesca.larosa@studbocconi.it
Articles written by the various members of our team.