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Freezin’ New York

Reading time: 2 minutes

day-afterdi Marcello Boffa

Difficile immaginare uno stage più complicato dal punto di vista atmosferico qui a New York. La manciata di settimane che sto spendendo qui mi sta dimostrando come, in fondo, Russia e Stati Uniti, in termini meramente “climatici”, non siano poi così differenti. I tre giorni consecutivi al di sotto di -20 gradi che mi hanno accolto sulla costa est non fanno di certo invidia alla temperatura riscontrabile a Sochi per i giochi invernali.

Il freddo è stato talmente penetrante da pervadere i miei pensieri e farmi vedere in un’ottica leggermente avvelenata piccoli eventi quotidiani: i messaggi degli amici in Norvegia che si lamentano di un misero “meno qualcosa”. Impossibile riconoscere i benefici della corrente del Golfo finché non si è dall’altra parte dell’Oceano. L’illusione che per la pausa pranzo ci siano 8 gradi, per poi regolarmente ricordare che la scala qui è in Farenheit. Il continuo ripetere della mia coinquilina che non ha mai visto un inverno così in 35 anni, che sì, vuole suonare come una frase consolatoria, ma che in pratica non consola affatto.

Tuttavia, se le mie lamentele personali sono di ben poca rilevanza, molto più interessante è conoscere l’impatto in termini di danni, costi, e soluzioni che hanno interessato la comunità di New York. Alcuni esempi aneddotici: il JFK, probabilmente l’aeroporto piu’ importante del Nordamerica, è stato chiuso lunghe ore per il ghiaccio e la neve accumulatesi in pista, il cubo di vetro della Apple sulla Quinta Avenue è parzialmente collassato e il sindaco De Blasio, appena insediatosi, ha subito dovuto affrontare aspre critiche per non aver forzato la chiusura delle scuole in concomitanza con le ultime forti nevicate.

Il tutto è risultato in migliaia di voli cancellati (4000 in un solo giorno a metà Gennaio), strade congestionate e attività commerciali paralizzate, nonché uffici chiusi nel mezzo della settimana (non il mio, purtroppo). Il Sindaco ha dovuto stanziare 35 milioni di dollari supplementari per la gestione dei disagi causati dalle tempeste di neve, tra cui figurano considerevoli danni al manto stradale e l’impossibilità di raccogliere i rifiuti, che per prassi si accumulano lungo i marciapiedi in sacchi raccolti quotidianamente.

Complessivamente, la spesa totale della città di New York per il contenimento dei disagi atmosferici ha raggiunto la cifra record di 57.3 milioni di dollari quest’inverno. A ciò si aggiungano incidenti e fatalità connesse alle complicate condizioni di guida: gli incidenti nel nord est degli USA si contano in centinaia e le morti nell’ordine di decine.

Un altro dato sorprendente è quello relativo alla annunciata scarsità di sale necessario a mantenere marciapiedi e strade puliti: ne sono già state impiegate 360,000 tonnellate (!) e la domanda sta rapidamente superando l’offerta dei canali tradizionali.

Ma quasta comunità è la stessa che ha dovuto affrontare la devastazione dell’uragano Sandy e la città, per quanto in ginocchio, sembra lavorare costantemente per l’immediato ripristino della normalità. Non appena la prima neve cade, la gente imbraccia gli attrezzi e libera marciapiedi e strade: i raffreddori saranno pure inevitabili, qualche caduta sul ghiaccio altrettanto, ma New York non ha sicuramente perso la sua storica vitalità.

marcello.boffa@studbocconi.it

2 comments
  1. Il Buon Senso

    No, ma quindi, questo articolo avrebbe un senso. Un’utilità nel cyberspazio e per il sapere umano.

    Mi sfugge.

    1. Marcello Boffa

      Grazie per il commento Il Buon Senso.
      Attendo con piacere suggerimenti per i prossimi articoli, i quali come potrai capire non hanno neanche lontanamente la pretesa di accrescere il sapere umano!

      Mi pongo molto più umilmente.

      Cello

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