Alla fine di Ottobre il Governo cinese si è riunito per decidere il prossimo piano quinquennale e, a sorpresa, è stato decretato che il tetto massimo di figli consentito passi da uno a due, dopo anni ed anni. Intanto, dopo che i vertici cinesi hanno preso tale decisione, bisognerà aspettare che essa sia tradotta in legge, quando a Marzo si terrà la sessione plenaria annuale dell’Assemblea Nazionale del Popolo.
In realtà questa apertura al secondo figlio non è totalmente nuova; infatti, oltre alle concessioni fatte alle minoranze etniche e alle persone residenti in zone rurali, agli inizi del 2000 era stata data la possibilità di avere due figli alle coppie formate da figli unici, mentre dal 2013 fu estesa a tutte le coppie in cui almeno uno dei coniugi lo fosse. Tuttavia, come fa presente la Commissione Nazionale per la Salute e la Pianificazione delle Nascite cinese, nel 2014 tra i 2 milioni di ipotetici beneficiari di tale deroga, solo 700.000 se ne avvalsero.
Questo è perché i costi relativi al mantenimento dei figli sono cresciuti in modo esorbitante negli ultimi anni e la maggior parte, per lo più coppie giovani e residenti in zone urbane, preferisce rimanere fedele a quella che oramai in Cina è la normalità: il figlio unico. Il problema è poi aggravato dal fatto che coloro che si trovano nella condizione ed in possesso dalla disponibilità economica per mantenere un secondo figlio, sarebbero per la maggior parte coppie over40, fattore che diminuisce notevolmente la probabilità di riuscire a portare a termine o, addirittura, di intraprendere una gravidanza.
In molti nutrono seri dubbi in merito all’efficacia di questa nuova politica, come di quella del figlio unico. Secondo il demografo Wang Feng, tale legge è nata sbagliata dal principio (alla fine degli anni ’70), perché il calo demografico sarebbe avvenuto naturalmente e all’epoca era già cominciato; questo renderebbe dunque inefficaci tutti i tentativi promossi dal Governo di invertire la rotta. Secondo gli studi, altri paesi simili alla Cina per sviluppo economico ed area geografica, avrebbero visto lo stesso calo, pur senza alcuna legge che ponesse un tetto massimo sul numero di figli permesso, come nel caso di Singapore.
L’aggravante in prospettiva futura nel caso cinese è che la possibilità di avere un solo figlio, complici le preferenze culturali, avrebbe portato a compiere la maggior parte degli aborti in caso il nascituro fosse di sesso femminile, con la conseguenza che il rapporto tra uomini e donne nel paese sia ad oggi in fortissimo squilibrio, cosa che costituirà un grande problema in futuro, perché molti uomini non avranno, di fatto, la possibilità di trovare una partner.
I numeri cinesi spaventano. Come fa notare il New York Times, ad oggi gli over-60 costituiscono il 13% della popolazione e si stima che saranno circa il 25% entro il 2030. Questo è a fronte di un numero di under-14 passato da 33.6 milioni nel 1982 a 16.6 nel 2010. Le conseguenze poterebbero essere importanti, e il timore è rivolto soprattutto ai costi sociali che si dovranno sostenere con una così grande disparità tra forza- lavoro e popolazione inattiva. Ciò che si verificherà e si sta già in parte verificando è la cosiddetta piramide 4-2-1, cioè quattro nonni, due genitori e un figlio, su cui graveranno i primi sei una volta che saranno usciti dalla forza-lavoro.
Ancora non si sa se la nuova politica sarà sufficiente a garantire quel “baby boom” che si sperava già dal 2013, ma gli scettici sono molti. Secondo Wang Feng l’annuncio dello scorso 29 Ottobre è arrivato troppo tardi, il demografo afferma infatti: “Chinese society as a whole will continue to bear the consequences for decades to come.”. Sarà il tempo l’unico giudice che potrà dirci con certezza se la Cina si sta muovendo nella direzione giusta.
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leo
Articolo molto interessante,v
isto che con due figli la crescita e’ zero solo il tempo ci dira’ se la scelta e’ stata buona.