Di: Francesco Vidè
L’Italia rivendica un ruolo primario nei delicati equilibri comunitari, la Commissione condanna le scelte del Governo.
Il 2016 si preannuncia come un anno di forti tensioni tra Roma e Bruxelles. Da un lato l’Italia rivendica maggiore spazio e legittimazione politica, dall’altro l’Europa non vuole perdere la sovranità acquisita, imponendo la propria visione in tema di politica estera, finanziaria e giudiziaria. Sono i tre fronti su cui deflagra lo scontro tra il nostro Paese e le istituzioni europee. Sullo sfondo, una precisa operazione mediatica del premier che mira a deviare scetticismo e rabbia del popolo italiano verso un bersaglio diverso dal proprio Esecutivo.
Così, il nuovo anno si apre con lo scontro tra il Presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, ed il Presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi. L’affondo arriva direttamente da Bruxelles: “Renzi ha torto a criticare la Commissione. Sono stato io a introdurre la flessibilità e non lui, anche se con il suo appoggio”. Replica immediata del premier italiano: “Non ci facciamo intimidire: il nostro Paese merita rispetto. L’Italia ha fatto le riforme e quindi il tempo in cui si poteva telecomandare la linea da Bruxelles a Roma è finito”. Il duro scambio verbale tra Juncker e Renzi nasconde questioni più delicate, che toccano equilibri di potere sovranazionali.
Innanzitutto, la politica estera: in un difficile quadro internazionale che comprende la lotta al terrorismo islamico, le sanzioni che ancora gravano sulla Russia di Putin ed il ruolo controverso del regime di Assad, il tema dell’accoglienza dei migranti assume una posizione centrale nel dibattito europeo. La Commissione ha inoltrato all’Italia una procedura di infrazione per non aver schedato tutti i migranti. La controreplica italiana è pronta e decisa: in primo luogo, è già iniziata la costituzione di hotspot per identificare chi approda sulle nostre coste. Inoltre, l’identificazione passa in secondo piano rispetto all’impegno e gli sforzi profusi dall’Italia nel salvare vite umane: l’anima morale dell’Europa deve prevalere rispetto alla mera burocrazia. Infine, il sistema di ricollocamento dei migranti previsto dalla Commissione Europea è ben lontano da una concreta implementazione.
Il secondo fronte è quello prettamente economico: la Commissione Europea ha da sempre manifestato la propria opposizione alla scelta del Governo di tagliare l’imposta sulla prima casa. La via indicata dalle istituzioni sovranazionali è quella di una riduzione delle tasse sul lavoro per favorire un rilancio dell’occupazione e di un corrispettivo aumento delle imposte sui consumi e sugli immobili. Da un punto di vista economico, l’Esecutivo sostiene che il taglio di una tassa tanto odiata come la Tasi possa dare una forte spinta alla fiducia degli italiani e al settore edilizio. Da un punto di vista politico, invece, il Governo vede le dichiarazioni della Commissione come un’invasione di campo: “L’Unione Europea non deve mettere bocca sulle scelte dei Paesi”. Si delinea così un nuovo scontro: in primavera la Commissione dovrà approvare la legge di stabilità in cui non solo figura il taglio della tassa sulla prima casa, ma in cui è stato alzato il rapporto deficit/Pil dal 2,2% indicato in precedenza, al 2,4%.
Si è poi aggiunto un nuovo scenario che rinfocola l’aspro confronto tra Roma e Bruxelles: il caso del decreto Salva Banche. Commissione Europea e Banca di Italia si rimpallano le accuse. Alla base della questione, sta la nuova regolamentazione della Commissione Europa: dal 1 gennaio 2015 gli Stati Europei non possono più intervenire per coprire le perdite delle banche utilizzando soldi pubblici. Così, sarebbe stato vietato al Governo italiano l’utilizzo del fondo di garanzia dei depositi. D’altronde la lettera inviata dai commissari europei al Ministero del Tesoro parla chiaro: “Se uno stato membro opta per lo schema di garanzia dei depositi per ricapitalizzare una banca è soggetto alle regole sugli aiuti di stato e quindi scatterà la risoluzione della direttiva Brrd (che esclude la possibilità di intervento pubblico, ndr)”. Intanto, l’Unione Europea ha bocciato il salvataggio di Banca Tercas e sta avviando una nuova procedura di infrazione: questa volta al centro della discordia ci sono i finanziamenti pubblici forniti all’Ilva di Taranto. L’Europa li considera aiuti di Stato, il Governo italiano un’operazione finalizzata al risanamento ambientale e si dice pronto a ricorrere alla Corte di Giustizia europea.
Dietro tutti gli attacchi si evince la volontà del Governo di aumentare il proprio peso all’interno delle delicate dinamiche europee, nonché la creazione di una Europa basata sui valori e non sui numeri. L’intenzione precisa è quella di assumere un ruolo centrale: una posizione che l’Italia ha perso nel corso degli ultimi venti anni e che oggi cerca di recuperare facendo sentire la propria voce. Lo scontro è aperto. Ed è solo all’inizio.
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