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Il bicameralismo paritario è una nebulosa: la Bocconi deve dire sì.

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Referendum-Costituzionale-2016-perché-si-dovrebbe-votare-siCaro/a collega – nonché studente – bocconiano/a,
ti scrivo per informarti riguardo la mia opinione sul referendum costituzionale di novembre. Io voterò sì e credo che la Bocconi, intesa in senso comunitario e non istituzionale, abbia il dovere – più di altri – di fare altrettanto, perseguendo 3 semplici obbiettivi: responsabilità, continuità ed efficienza. Passo subito a spiegartene i motivi.

La Responsabilità.
Opinioni da cavillosi tecnocrati e grillinismi tralasciando, la riforma Renzi-Boschi mira a superare il bicameralismo paritario (Camera dei deputati e Senato della Repubblica svolgono uguale funzione) contraendo il Senato in numeri e compiti e concentrando l’esecutivo in una sola camera, quella dei deputati. In altre parole dunque si vuole snellire l’iter parlamentare così da evitare il dannosissimo ping-pong nervoso, costoso e tutto all’italiana delle proposte di legge, conosciuto in gergo come “navette parlamentari”.

Ora, perché io, studente BIEM, dovrei più di altri desiderare la fine dei questo ping-pong?
Per poter esercitare al meglio ciò che, per ora, mi è stato insegnato: osservare una situazione economico/sociale, misurarla e pertanto decidere.
Ci imbottiscono di concetti come “variables”, “social measures”, “sustainability index” e (lui non manca mai) “long-term equilibrium”; ma se non abbiamo chiaro chi fa cosa, potremmo mai definire il come? Se il patto del Nazareno esaurisce le energie del governo e monopolizza l’interesse mediatico di un paese, se il presidente del Consiglio si sveglia la mattina e la sua preoccupazione, tra le molte altre, è mettere d’accordo 630 deputati e 315 senatori, se un governo cade in media dopo 25 mesi, se nel 2015 il tempo medio di approvazione di una legge parlamentare è di 400 giorni, i nostri termini inglesi fighissimi su chi e quando li applichiamo? Potremmo mai attribuire colpe o meriti?
Il bicameralismo paritario è una nebulosa sciatta che nasconde la responsabilità del politico e confonde l’elettorato. (Questo, caro Travaglio, è antidemocratico).

 

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La Continuità.
Utilizzo una similitudine per spiegarti questo secondo concetto, per noi che studiamo in un clima notoriamente internazionale. Vorrei poterti dire che sia frutto del mio sacco, ma riporto quanto detto da Sabino Cassese, ex giudice della Corte Costituzionale, al meeting di Rimini 2016.
Come in un condominio, oggi (ma ormai da tempo) l’Italia partecipa alla comunità globale, contesto in cui vigono allo stesso tempo regole ben precise e sottili sfumature culturali. Un condominio, inoltre, soggetto a tempistiche ben diverse da quelle conosciute dai padri costituenti.
Noi studenti possiamo facilmente intuire che – come sostiene il prof. Cassese – oggi la politica è fatta di più livelli. Non solo Stato-Regione-Comune, ma EU-Stato-Regione-Comune. E, se vogliamo, Mondo-EU-Stato-Regione-Comune.
All’interno di questo condominio è necessario che ci sia qualcuno che tagli l’erba, sistemi il citofono, dialoghi con il vicino perché parla un’altra lingua.
E non basta: l’erba bisogna tagliarla ogni 4 giorni (gli inglesi si offenderebbero), il citofono deve funzionare (mai che peccassimo di rigore con i tedeschi) e per la lingua va chiamato il precettore (il cinese non è proprio immediato come apprendimento).
Dunque converrai che questo tipo di convivenza necessita di perseveranza, cura e continuità. Il nostro custode non solo bisogna che sia onesto-to-to, ma piuttosto è vitale che sia confidente nel proprio mestiere, forte di un percorso fluido e coerente.
Secondo quanto detto a Rimini, il governo (nostro custode) si interfaccia con oltre 2000 organizzazioni statali/interstatali straniere, le quali richiedono affidabilità, sinergia e – in particolare – pazienza politica.
Possiamo davvero permetterci quindi di licenziarlo ogni 25 mesi?

L’Efficienza.
Qui diciamo “optimizing”, “cost-efficiency”, “energy-waste management”. Qui proviamo a capire l’“information assymmetry” perché qui, più o meno sobriamente, crediamo che l’efficienza sia un valore. Milano dice che Atm Milano ha 2,183 dipendenti in meno di Atac Roma ma produce un valore della produzione maggiore di 125.000.000 euro. Milano vanta la nordica funzionalità della linea rossa. Milano dice di funzionare.
Sai però qual è il problema?
Il problema è che Milano parla poco di politica, noi parliamo poco di politica.
Leggendo il testo della riforma si capisce che, se pur imperfetta, quella di novembre è una proposta che vira verso questi obbiettivi. È una proposta che ci vuole più snelli, più veloci. Vuole uno Stato garante delle proprie regioni, vuole un concetto di rappresentabilità meno frazionato (la soglia di sbarramento) e quindi più denso. Vuole un premio di maggioranza per governarci, perché non c’è nulla di male nell’essere governati da Atm Milano.
Quello che voglio dirti, per concludere, è che a noi spetta il compito di far passare l’efficienza come concetto civico, diffuso, parlato e, di fatto, politico.
Superiamo l’accezione puramente economica della funzionalità.
Parliamo di efficienza in termini sociali, con termini italiani. Perché altrimenti esisterà sempre un grillino a votare no.
A presto,

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Piero Martellini

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