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Legge europea sul diritto d’autore, parliamone con Francesco Cilurzo

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Di Flavio De Pascali.

Lo scorso 12 settembre, in una sessione plenaria tenutasi a Strasburgo, il Parlamento Europeo ha approvato – con 438 voti favorevoli, 226 contrari e 39 astenuti – la discussa direttiva per aggiornare la legislazione sul diritto d’autore nell’Unione Europea. La discussione in merito alla riforma è stata vigorosa e ha visto contrapporsi da un lato l’editoria tradizionale, l’industria musicale e discografica, e dall’altro ampi strati dell’internet. La palla è ora passata ai parlamenti dei singoli paesi i quali dovranno decidere se adottarla o mettersi di traverso. La partita, insomma, è ancora aperta.

Dal momento che si tratta di un passaggio legislativo di enorme importanza, per commentare e comprendere al meglio la direttiva – e nello specifico gli articoli 11 e 13 che hanno destato maggiore scalpore – abbiamo contattato Francesco Cilurzo, alias Cydonia, creatore di contenuti e gestore del canale YouTube Pokémon Millennium che, con i suoi oltre 160.000 iscritti, raccoglie attorno a sé una delle community a tema videludico più vivaci ed influenti del panorama italiano. A Francesco abbiamo chiesto un parere diretto dal suo privilegiato punto di vista di persona che giornalmente lavora sul web e di laureando in giurisprudenza con particolare interesse proprio per tutto ciò che nel mondo giuridico ruota attorno al settore professionale in cui si trova ad operare.

Allora Francesco, innanzitutto grazie di avere accettato il mio invito.
Grazie a voi.

Andiamo con ordine, allora. Partiamo dall’inizio, partiamo dall’articolo 11 ossia quello che – per capirci – va a toccare direttamente servizi come quello di Google News. Personalmente ritengo che ci sia una difficoltà da parte dell’editoria tradizionale nell’adeguarsi ai nuovi modelli di business e questo ha portato – in Italia e non solo – a una campagna di lobbying per screditare il ruolo di internet. Qual è il tuo punto di vista in merito?
Innanzitutto dobbiamo essere onesti ed ammettere che internet è in parte anarchico. Ti dirò, ho particolare interesse in questo settore perché sul web il diritto rischia di diventare aleatorio, pensa alle truffe che giornalmente si svolgono proprio in rete e che molte volte rimangono praticamente impunite per l’incapacità di raggiungere un responsabile perseguibile. Dunque è vero che ci sono materie su cui è corretto legiferare per provare a limitare questi fenomeni e regolamentarli a dovere. Per quanto riguarda le notizie, però, internet ci dà la enorme possibilità di avere testate giornalistiche  a portata di click, di poter ascoltare infinite campane di diversi schieramenti politici e con diverse opinioni. Sulla incresciosa questione del Ponte Morandi, ad esempio, grazie ad internet abbiamo avuto accesso al grande lavoro delle testate inglesi ed americane (ndr. il NY Times ha pubblicato in merito un reportage dettagliatissimo). Giustamente ora i media tradizionali però hanno compreso che proprio questo può dare loro un danno in termini economici. Il punto però è che Google News – sebbene la link taxsia stata accantonata – può semplicemente abbandonare il mercato, andando a privare i consumatori di una risorsa, dal momento che di certo non è questo il suo core business e ragionerà in meri termini di costi-opportunità. È altrettanto ovvio che questa norma non andrà ad impattare le vite di noi privati cittadini ma rischiava, prima che fosse modificata, persino di far chiudere Wikipedia minandone le fondamenta. Il problema dell’articolo 11, quindi, non è tanto nel suo intento, ovvero salvaguardare la proprietà intellettuale, bensì nel fatto che esso sia solo di facciata. Dietro c’è una distruzione senza arte né arte né parte dello sharing on-line. Questa è la base di internet.

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Soffermiamoci proprio su questo, soffermiamoci sul futuro e sul ruolo di Reddit e delle numerose board simili che sono tra le colonne di internet
In Europa c’è il rischio che Reddit, 4chan, tutte le board anonime che sono cuore pulsante del web vengano oscurate. Questo sarebbe un danno incalcolabile dal momento che proprio questi luoghi virtuali sono tra i più antichi motori dell’internet. A mio parere si andrebbe a minare proprio l’idea della condivisione, di una rete di persone che si scambiano conoscenze e notizie. Si penalizzerebbe l’internet libero, quello su cui tanti di noi giovani si formano, imparano, espandono i propri interessi e le proprie conoscenze. Una tassa sui link avrebbe rappresentato non una tutela del copyright ma solo una tutela di una fetta di mercato che ha difficoltà a fronteggiare l’internet e per questo prova a tarpargli le ali piuttosto che adeguarsi.

L’articolo 13, invece, riguarda più da vicino il tuo lavoro di creatore di contenuti. Parliamo, infatti, di Content ID, tecnologia che la legge vorrebbe obbligatoria e che oggi è già in uso su YouTube.
Il content ID– sigla sta per content identification– è una intelligenza artificiale che controlla i miliardi di video pubblicati sulla piattaforma che è stata introdotta data l’impossibilità di utilizzare dipendenti umani. Tutti i video giornalmente vengono scandagliati nel tentativo di rilevare eventuali violazioni del copyright. Quando vengono riscontrate infrazioni si procede nel migliore dei casi con una demonetizzazione ma, molte volte, anche all’oscuramento globale. L’intento è chiaramente nobile anche perché del resto Facebook, che non adotta tali premure, vive di freebotinge di proposito sceglie di non prendere posizione su questa piaga dal momento che questo ingrossa il numero di visualizzazioni. Il problema, pertanto, è che la tecnologia non funziona. Ad esempio dei miagolii di gatti sono stati segnalati dall’intelligenza come canzoni della Universal. Questo fa ovviamente ridere ma è emblematico di un malfunzionamento più profondo. Un altro esempio? Qualche tempo fa – fuori dal mero copyright – ci fu il caso di Logan Paul che, come sai, pubblicò un video. registrato in una foresta giapponese, in cui si assisteva al suicidio di un uomo; ebbene questo video non è stato bloccato. Anzi, dal momento che tutti ne parlavano venne addirittura spammatonei video in tendenza della piattaforma. L’articolo 13 vorrebbe estendere obbligatoriamente l’utilizzo del content IDa tutte le piattaforme di upload. Questo presenta due problemi: il primo – già visto – è che appunto il sistema è estremamente fallace; il secondo, forse addirittura più grave, è che tale sistema è onerosissimo. Una simile dinamica fermerebbe sul nascere ogni tentativo di iniziativa nel settore da parte di chi non disponga già di una rilevante dotazione di capitale. Anche di fronte all’idea del secolo, quella che risolve i problemi dei content creatorsscontenti di YouTube, oggi in Europa si rischia di non poter fare nulla a fronte di una simile barriera all’entrata. È evidente che il legislatore, in questo caso, denota forse poca conoscenza dell’internet. Guarda, ti faccio un esempio. Noi lavoriamo spesso in partnership diretta con Nintendo e, nonostante ciò, l’intelligenza artificiale è così fuori controllo che la società stessa non può fare nulla se il mio video che ha una cinematicdi The Legend of Zelda Breath of the Wildviene demonetizzato nonostante essa stessa detenga i diritti stessi dell’opera in questione. Voler estendere questi problemi – che su YouTube già viviamo – a ogni piattaforma è davvero incredibile. Poi è chiaro, nell’ottica del machine learningsicuramente in futuro ci saranno grandi passi avanti ma non è possibile che oggi come oggi diventi il metodo legale di vigilanza dei contenuti online.

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Tra l’altro i grandi giganti del settore già oggi agiscono in un semi-monopolio…
Esatto. Questa scelta significa dare il colpo di grazia. Chi ha già un content uploadingsystemfunzionale e redditizio continua a lavorare e ad avere la propria quota di mercato scaricando, al massimo, i disagi sulle spalle di chi con questi contenuti lavora. Tutti gli altri invece si troveranno davanti un muro monopolistico di fatto invalicabile. Questo uccide l’internet, questo mina la creatività degli utenti che è la base del web. Poi, se vogliamo farne un discorso meramente economico, una persona che volesse sviluppare un sistema concorrente agli esistenti che incentivi avrebbe a restare in Europa? Basterebbe emigrare in America per aggirare la questione.

Quale futuro, allora, per il web?
Internet è stata sempre refrattaria ad utilizzare modus operandi che non gli stessero bene. Ci saranno, ne sono sicuro, innanzitutto problemi di ratifica nei vari paesi europei ed in secondo luogo di diretta applicazione. Sono certo che il web opporrà resistenza come ha sempre fatto e sono certo che le istanze troveranno rappresentanza in sempre più partiti del continente oltre a quelli che già hanno a cuore la battaglia. Tuttavia non può escludersi del tutto l’ipotesi che la rete possa risentirne e, perché no, persino morire lentamente. Del resto se i creatori di contenuti non avessero più facilità e vantaggi nel fare il loro lavoro potrebbero decidere di abbandonarlo dedicandosi ad altro. Ovviamente non è quello che mi auguro anche perché negli anni ho visto nascere una miriade di progetti interessanti, come per esempio Breaking Italyche, non a caso, è già in estrema difficoltà e ha dovuto affidarsi a Patreon. I danni, davvero, ricadono poi solo sulle spalle degli utenti finali.

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