Sembra quasi che la storia recente dell’uomo possa essere analizzata alla luce di una scansione in fenomeni che monopolizzano, per un determinato lasso di tempo, la scena mediatica e l’angoscia delle masse. Oggi infatti l’attenzione è impiegata interamente sul coronavirus, “la peste del ventunesimo secolo”. Questo tema va a invadere interamente i canali di comunicazione andando a nascondere qualsiasi evento ad essi contemporaneo. Maxwell McCombs e Donald Shaw definivano questo fenomeno con la teoria dell’Agenda-setting già decenni fa.
In riferimento ai nostri giorni però, mentre tutti sono impegnati quotidianamente a portare il conto dei contagiati dal Covid-19, in Siria continuano a cadere “tacitamente” bombe nella regione di Idlib. Purtroppo, gli attacchi indiscriminati a regioni popolate da civili (e soprattutto bambini) stanno diventando segni distintivi di questa guerra, stando ai continui appelli di “Medici senza frontiere” alle Nazioni Unite. Le parti coinvolte d’altra parte non sembrano voler interrompere la costante violazione del diritto internazionale umanitario.
Ma cosa sta succedendo di preciso?
Dal 2011 in Siria si sta combattendo una cruenta guerra civile che vede da un lato le milizie fedeli al regime di Bashar Al Assad e dall’altro le forze ribelli situate principalmente nella regione di Idlib. Proprio questa regione, nel 2017, è stata invasa dalle milizie turche che hanno deciso di collocare dei punti di osservazione per scongiurare potenziali attacchi da parte delle forze fedeli ad Assad e proteggere dunque i ribelli. L’operazione, voluta da Erdogan, ha dato vita a una situazione di elevata tensione. Una situazione, questa, che è stata regolata circa un anno dopo, nel 2018, con l’“Accordo di Sochi” fra Turchia e Russia (sostenitrice del regime siriano) volto a creare un’area demilitarizzata nella regione di Idlib. Tale accordo ha stabilito pattugliamenti congiunti fra forze turche e russe nella regione in questione, il ritiro dei gruppi ribelli più radicali e infine ha impedito attacchi da parte delle truppe di Assad. Tuttavia, questo accordo bilaterale ha garantito per qualche mese un equilibrio precario e fragile.
Proprio lo scorso 27 Febbraio si è infatti riaperta la crisi a causa di un raid aereo a Idlib contro le truppe turche che Ankara ha attribuito alle forze di Bashar Al Assad. Non si è fatta aspettare l’immediata risposta di Recep Tayyp Erdogan. Il capo turco ha infatti ha annunciato l’Operazione “Spring Shield” in base alla quale sembra siano stati neutralizzati già 2212 soldati siriani. Il governo turco ha proseguito la propria azione ponendo sotto scacco l’Unione Europea: il “sultano” di Ankara ha avvertito infatti che la guardia costiera turca non bloccherà più il flusso migratorio siriano proveniente da Idlib data l’assenza di un supporto europeo alla politica turca. Decine di migliaia di profughi sono infatti in cammino per raggiungere l’Europa, ponendo le premesse per problemi gestionali proprio ai confini europei (Grecia e Bulgaria).
Sia ONU che l’UE si sono mostrati da subito consapevoli di una potenziale escalation che tale conflitto potrebbe provocare e si sono mobilitati. L’Unione Europea innanzitutto ha chiesto ad Ankara il rispetto dell’accordo riguardo i flussi migratori definito nel 2016 (accordo con il quale la Turchia si è impegnata a fermare i flussi migratori diretti verso l’Europa in cambio di aiuti finanziari). In secondo luogo, è stata indetta una riunione urgente fra i ventisette ministri dell’Interno per definire una risposta univoca relativa al rilevante flusso migratorio. Al momento la polizia greca ha già bloccato coercitivamente i profughi. Ancora una volta sono le povere anime a dover pagare il prezzo. Vittime e pedine di un disegno geopolitico architettato dall’alto e animato da logiche di potere e interessi economici, un disegno in cui la dignità umana vale zero. Alle nostre orecchie purtroppo non arriveranno le storie di queste persone, ma solo sterili numeri che ci faranno sembrare più lontane certe situazioni e sentire più comodi nelle nostre calde case.
Beyond the Mountains: the Nagorno-Karabakh War - Tra i Leoni
[…] What made this phase of the Nagorno-Karabakh conflict different from previous ones was its place in the larger machinations in Turkey’s and Russia’s economic-political agenda. In recent years, the government of Turkey has been pursuing an increasingly bold foreign policy and augmenting its military capacities. Its geopolitical goals center around expanding its influence in the eastern Mediterranean, in which the Turkish government claims that maritime agreements of states like Greece and Cyprus restrict Turkey’s ability to trade. After the failed military coup in 2016, President Recep Tayyip Erdoğan has sent troops and supplies to various theatres around the Mediterranean such as Libya and Syria. […]