La corsa ai Bitcoin degli ultimi anni ha rivelato le fragilità del sistema delle criptovalute, fra spese energetiche da capogiro e rischi per l’ambiente
Norilsk è una città della Siberia, fra le più fredde del mondo. Oggi conta circa 180.000 abitanti ed è un vasto centro industriale, ma quando negli anni ’30 fu fondata per volere di Stalin, serviva come base per i minatori che lavoravano nell’adiacente gulag. Il freddo pungente della regione, con temperature annue medie sotto lo zero, rendeva la vita dei prigionieri impossibile. Oggi, quasi cento anni dopo, è l’ingrediente fondamentale del lavoro di un nuovo genere di minatori: gli estrattori di Bitcoin. Lavorano per Bitcluster, una società di mining, ed usano le temperature artiche della città per raffreddare i loro potentissimi computer.
Ma che cos’è il mining, e a che servono i computer?
Il mining è il processo di controllo delle transazioni compiute attraverso i Bitcoin. Ogni volta che con questa criptovaluta si compra o si vende qualcosa, un computer deve compiere una serie di passaggi: verificare che l’acquirente abbia i soldi necessari, che il conto non sia bloccato, e infine riaggiornare l’archivio prendendo nota del pagamento. Mentre le banche tradizionali fanno questo processo con un solo computer, con il Bitcoin ne vengono utilizzati migliaia sparsi in giro per il mondo. Per ogni blocco di transazioni analizzato si riceve un pagamento in Bitcoin.
È un sistema geniale, che mette al sicuro da frodi e attacchi informatici che potrebbero colpire il computer della banca tradizionale e che regola l’ingresso di nuova valuta sul mercato senza bisogno di una banca centrale. Il prezzo di questo sistema è però salato, e si paga in elettricità: i colpi di piccone dei moderni minatori di criptovalute, a causa della complessità dei calcoli, hanno costi esorbitanti.
Questo spiega l’apertura di società di mining in luoghi come Norilsk, dove si raggiungono tranquillamente i -40°: il freddo raffredda le ventole e consente di risparmiare energia. I consumi, però, sono comunque altissimi: non si tratta di qualche gigawatt, ma di cifre che hanno dell’incredibile. Un recente studio dell’università di Cambridge ha provato a calcolare la quantità di energia consumata per far funzionare la criptovaluta, e il risultato è molto poco rassicurante per il futuro del nostro pianeta.
Qualche numero
Nell’ultimo anno, secondo lo studio, il mining ha consumato circa 126 terawattora di energia. Tradotto per chi non si intende di fisica, si tratta di un consumo energetico di centoventiseimila miliardi di Joule. Se i Bitcoin fossero una nazione, sarebbero nella top 30 di quelle che consumano più energia, superando paesi di 40 milioni di abitanti come l’Argentina.
A preoccupare, in particolare, è il rapporto del consumo sul numero di transazioni. Si stima che nell’ultimo anno siano state compiute circa 110 milioni di transazioni con Bitcoin, davvero molto poche. Le banche tradizionali ne fanno centinaia di miliardi ma consumano una quantità di energia decisamente inferiore. Consumi molto più alti per un risultato molto inferiore: questo è il bilancio impietoso dell’analisi energetica dei Bitcoin.
Non solo Bitcoin
Sebbene molte siano semi-sconosciute, l’universo delle monete virtuali è in realtà molto variegato. Se ne contano migliaia, differenti per algoritmi, popolarità e prezzi. Il denominatore comune è però, purtroppo per l’ambiente, sempre lo stesso: l’uso di supercomputer e il consumo vorace di energia. Dando un’occhiata alla lista delle criptovalute si trovano veri e propri “cripto-mostri”: RavenCoin, ad esempio, consuma il 4,3% dell’energia utilizzata in totale dalle valute digitali, a fronte di una quota di mercato solo dello 0,06%. Ci sono quindi monete molto inefficienti, anche più dei Bitcoin stessi.
Il dibattito finanziario si lascia da sempre sedurre dalle implicazioni macroeconomiche e geopolitiche della criptovaluta e dei Bitcoin, perché la moneta decentralizzata è un inedito nella storia dell’economia ed è perciò molto affascinante. Ma, dati alla mano, è evidente che il problema ambientale non sia di minore importanza: le criptovalute sono, ad oggi, energeticamente insostenibili.
First year student in Economics and Finance. Passionate about stories from all over the world, starting from Milan and our university. Keen on writing and, of course, journalism.
-
Federico CiminiMay 23, 2022
-
Federico CiminiJanuary 16, 2022
-
Federico CiminiNovember 18, 2021