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Welcome to Tra i Leoni, Paolina Beatrice Mazza!

È una questione di testa – e lo sport non fa eccezione

Born and raised in Rome, I studied in a German school and practiced competitive swimming since I was a little kid. Now I am attending CLEACC at Bocconi University, hoping that this new chapter of life will let me delve into my own interests, in particular into those concerning the conscious development of human potential.

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La formazione sportiva di un atleta agonistico non può prescindere da un’adeguata preparazione fisica e mentale. Forza di volontà e spirito di sacrificio devono accompagnare un percorso di formazione, dove il risultato spesso non è scontato e la resa non contemplata.

In vista di un obiettivo concreto e realizzabile il professionista sportivo deve essere consapevole delle proprie potenzialità e apprendere il metodo che può condurlo al raggiungimento dello standard prefigurato. Una valida strategia di goal setting – definizione di obiettivi di risultato e di prestazione – diventa dunque imprescindibile, permettendo al tempo stesso una verifica e un monitoraggio continuo. Un modello valido di pianificazione è ritenuto, anche nello sport, il metodo SMART, acronimo che indica come vada congeniato un obiettivo per risultare ben strutturato: Specific, Measurable, Achievable, Relevant e Time-based.

La condivisione di intenti tra l’atleta e le figure professionali interagenti con lui, risulta dunque di fondamentale importanza nel quadro della gestione psico-fisica dell’atleta stesso: le strategie tecniche e mentali adottate per il conseguimento di quegli obiettivi, diventano il presupposto dei processi di potenziamento e di miglioramento delle prestazioni individuali e di gruppo. L’allenatore, affiancato da figure di tecnici professionisti, e lo psicologo devono proporre rispettivamente sessioni valide di formazione, onde perfezionare tecnica e resistenza fisica e pratiche di preparazione e di potenziamento mentale.

Grazie ad alcuni studiosi comportamentisti è stato dimostrato quanto l’aspetto fisiologico riesca ad influenzare quello mentale e come, viceversa, ad ogni cambiamento emozionale e mentale corrisponda un cambiamento dello stato fisiologico. Agli inizi degli anni Novanta alcune tecniche di biofeedback, affiancate alla pratica del training autogeno, sono state introdotte nell’ambito delle competizioni sportive, dove è stato possibile verificare, grazie all’utilizzo di una particolare strumentazione, gli effetti positivi sulla gestione delle funzioni fisiologiche dell’atleta. Attraverso la simulazione mentale della gara lo sportivo impara a controllare consapevolmente le proprie risposte psicofisiologiche e apprende le strategie specifiche per gestirle e modificarle.

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Anche la tecnica del self talk in ambito sportivo è risultata un valido strumento per orientare il focus sull’autostima e sulla sicurezza dell’atleta: monitorando il suo dialogo interiore, attraverso l’eliminazione di frasi che iniziano con l’avverbio “non” e l’utilizzo invece di parole e di frasi stimolanti e rinforzanti, è possibile influenzare positivamente la prestazione. 

La consapevolezza degli aspetti emozionali, la capacità di gestione dello stress, l’atteggiamento mentale giusto, l’analisi dei fattori interpersonali e intrapersonali, sono variabili fondamentali per raggiungere livelli prestativi importanti, oltre che per superare ostacoli di tipo psicofisico, motivazionale e fisico.

Un lavoro complesso e ben strutturato da un team di esperti qualificati che soprattutto negli ultimi anni si è dimostrato efficace, senza dover scomodare peraltro un intervento di tipo divino: “orandum est sit mens sana in corpore sano”! (Giovenale)

Non si può, però, non tenere in considerazione che la performance sportiva è multifattoriale: dipende da elementi controllabili come gli aspetti atletici e psicologici, ma è determinata anche da fattori incontrollabili, quali gli avversari, il direttore di gara e tutti quegli imprevisti che possono verificarsi inaspettatamente in quei momenti cruciali in cui viene giocato il tutto per tutto.

Nel caso di uno sport di squadra è allora l’allenatore che può ancora avvalersi di un’ulteriore risorsa: nella performance può intervenire tramite la richiesta di più time out e, durante la sospensione temporanea del gioco, dare ulteriori istruzioni tattiche e spinte motivazionali. L’ultimo time out rappresenta sicuramente il momento topico che decide inesorabilmente il risultato: ora o mai più! Il pubblico riesce a percepire solo qualche fonema o qualche gesto in quel raccoglimento finale, ignaro del nesso di causalità fra incitazione e vittoria, ma consapevole che qualunque indicazione, ove sia stata recepita, lo è stata a livello mentale.

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Se poi un atleta riesce in un’azione in modo fenomenale – a prescindere dalla sua preparazione fisica e mentale – grazie esclusivamente al suo talento, di fatto rimane che l’impulso all’arto di muoversi…

lo dà sempre il cervello! 

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Born and raised in Rome, I studied in a German school and practiced competitive swimming since I was a little kid. Now I am attending CLEACC at Bocconi University, hoping that this new chapter of life will let me delve into my own interests, in particular into those concerning the conscious development of human potential.

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