Negli ultimi dieci anni gli equilibri del calcio europeo si sono ribaltati. All’inizio degli anni 2000 il campionato nostrano veniva ancora considerato il migliore al mondo, con Liga spagnola e Premier League inglese a fare da spettatrici dalla panchina. Nell’estate 2010, invece, lo stesso amministratore delegato del Milan, Adriano Galliani, si è trovato costretto ad ammettere il declino del calcio italiano, che da “ristorante di lusso, è diventato una pizzeria di provincia“.
Anche le classifiche sui bilanci dei diversi campionati europei, pubblicate annualmente dalle società di consulenza, parlano chiaro: la Bundesliga, il campionato di calcio tedesco, ha ormai sorpassato la Seria A italiana sia per introiti che per interesse dei media internazionali. Si tratta di un miracolo? Sicuramente no. Stiamo parlando di programmazione, programmazione e ancora programmazione.
Basti guardare ai Campionati Mondiali nel Bel Paese: Italia 90 si è rivelata in buona parte un’occasione volta solo ad arricchire imprenditori edili e speculatori. I costosissimi stadi sono nati già vecchi o sono stati ristrutturati male. Nelle strutture ormai decadute, come il Delle Alpi di Torino o il San Nicola di Bari, per godersi la partita è necessario il telescopio; il comfort non è contemplato e bisogna spendere tutto il tempo dell’intervallo alla ricerca di una bottiglietta d’acqua. A completare il quadro concorrono i servizi pubblici cittadini, scarsi sia in puntialità che in igiene. Guardando invece i Mondiali 2006 a Berlino, si coglie immediatamente quanto la Germania abbia dato vita ad una vera e propria rivoluzione. Ai club sportivi è stata imposta la costruzione di stadi totalmente nuovi, dove vedere la partita sia una piacere e dove si possa trascorrere un tranquillo pomeriggio in famiglia. Inoltre, questi stadi assicurano ingenti introiti: se in Italia assets di questo tipo incidono solo per il 13% sul fatturato delle squadre, in Germania arrivano a contare anche per il 25%.
A coronamento di questa politica, la visibilità internazionale ha spinto la federazione teutonica ad aprire centri per i giovani che si occupano di crescere i talenti migliori, offrendo loro tutti i servizi necessari (ad oggi sono quasi una ventina sparsi per il Paese). Sulla base di questo virtuoso esempio, anche i club tedeschi hanno cominciato a puntare sui propri campioni, allenandoli in casa e riducendone cosi’ tanto il costo del cartellino quanto lo stipendio. In Germania difatti i salari dei calciatori hanno un’incidenza media del 37,8% sul bilancio societario, ben al di sotto della media dei club europei, che si attesta sul 64%. Un giocatore della Bundesliga guadagna circa 1,6 milioni a stagione, contro i 5 della altre massime serie europee.
Un campione nell’applicare queste best practices è il Borussia Dortmund, la cui storia ed esperienza potrebbe insegnare molto ad ogni manager italiano. Nel 2006 il club era prossimo al fallimento, gravato da un debito di oltre 150 milioni di euro. Prima dell’arrivo del tecnico Jurgen Klopp nel 2008, il club ha visto l’ombra della retrocessione per ben due anni consecutivi. L’allenatore, appena 41enne, decise di cambiare radicalmente la società puntando sui giovani e coltivando talenti quali Gotze, Reus, Subotic, Sahin, Lewandowski, Hummels e Kagawa (quest’ultimo acquistato per 300 mila euro e poi rivenduto l’anno successivo al Manchester United per ben 16 milioni di euro). Nel 2011 e 2012 il Borussia ha vinto il titolo di campione di Germania, e quest’anno ha anche ottenuto l’accesso alla finale di Champions League che si disputerà il 25 maggio a Londra. Anche dal punto di vista finanziario, il 2012 e’ stato per il club un anno di grandi successi: utile netto di 34 milioni di euro e una media di 80 mila spettatori per ogni partita casalinga.
La finale di Champions League tra Bayern Monaco e Borussia Dortmund rappresenta dunque la ciliegina sulla torta, e su una torta sempre più grossa. Il fatturato totale delle squadre militanti in Bundesliga, massima serie tedesca, quest’anno ha raggiunto la ragguardevole cifra di 2,08 miliardi di euro, con un incremento del 7,2% rispetto alla precedente stagione. Anche l’asta per aggiudicarsi i diritti TV del campionato tedesco è andata oltre le aspettative. Sky è risultata vincitrice grazie a un’offerta incredibile: 4,15 miliardi di euro per trasmettere quattro stagioni.
La differenza tra Germania e Italia persiste, e il mondo calcistico sembra riflettere la situazione politica ed economica dei due paesi. Da una parte si investe su giovani e strutture (in Germania), dall’altra ci si lamenta e poco altro. Non dimentichiamoci però che un ristorante tedesco, seppur ben gestito, difficilmente raggiungerà la qualità di un ristorante italiano. Purtroppo, chi ha il pane non ha i denti.
niccolo.cipriani@studbocconi.it
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