di Zeno Lupi e Giulio Angelini
Un lavoratore sempre in movimento, uno studente attento al design e chiunque cerchi uno strumento che lo accompagni nella propria vita professionale, non può sicuramente fare a meno di un prodotto Piquadro. Nella vasta gamma di articoli offerti da questo brand, infatti, è possibile riconoscere il perfetto mix di innovazione, funzionalità e design. Fondata nel 1987 da Marco Palmieri, Piquadro si è affermata come una delle più grandi realtà all’interno del panorama imprenditoriale italiano. In particolare, sorprende la crescita esponenziale vissuta negli ultimi anni dalla società bolognese. Oggi il fondatore, presidente e CEO di Piquadro, in questa esclusiva intervista, ci svela i segreti del successo e le prossime mosse della società che da anni ormai si distingue nel settore della pelletteria made in Italy.
Cosa ha reso possibile la straordinaria crescita del marchio Piquadro negli ultimi anni e quali strategie, secondo lei, hanno contributo a tale successo?
Nel nostro mondo, ovvero il settore dell’alta pelletteria, la caratteristica fondamentale per riuscire ad ottenere un discreto successo è quella di essere sufficientemente diversi ed innovativi rispetto alla proposta del mercato. L’equilibrio alla base del successo dell’imprenditoria sta nella capacità di legare un valore simbolico al prodotto. Noi produciamo borse, che potremmo definire come dei semplici contenitori. Come si fa dunque a vendere ad un prezzo abbastanza elevato un articolo che ha semplicemente la funzione di trasportare oggetti? Il nostro obbiettivo è quello di creare un racconto che lo renda unico attraverso il marketing. Quando è nata Piquadro, nel mondo della pelletteria da uomo non esistevano realtà strutturate, ma soltanto piccoli produttori locali, che proponevano uno story-telling molto standard: la classica borsa di cuoio realizzata artigianalmente. Data la mia formazione informatica, non ero alla ricerca di prodotti artigianali, ma di funzionalità e tecnologia. Abbiamo quindi deciso di lanciare una realtà nuova, con un posizionamento legato ai valori della modernità, del design e della praticità. Ѐ questo che ci ha consentito di crescere: la nostra unicità.
Ritiene dunque che sia la tecnologia a differenziare Piquadro rispetto ai concorrenti del settore?
Si, ed è proprio da questa ricerca di tecnologia che è nato il nostro slogan “tech Inside”. La parola “tech”, però, non si riferiva direttamente all’aspetto tecnico del prodotto. I nostri articoli, infatti, rappresentavano soltanto un supporto alle apparecchiature elettroniche, ma venivano comunque percepiti come tecnologici grazie allo “story-telling” che avevamo creato attorno ad essi. Realizzavamo, ad esempio, le tasche imbottite per i pc portatili e cappucci per proteggere lo zaino dall’acqua: cose innovative per l’epoca e che andavano a soddisfare i requisiti di praticità e funzionalità. Abbiamo inventato un mondo nuovo ed unico. Non abbiamo deciso di fare i “followers” di altre realtà, ma abbiamo scelto di rischiare con prodotti creativi ed innovativi.
Si ritiene soddisfatto dell’andamento del titolo Piquadro in borsa dal momento della quotazione (2007) ad oggi?
Ci sono dei fattori che, a mio parere, hanno impedito al titolo di apprezzarsi correttamente. A prescindere dagli alti e bassi, che dipendono principalmente dall’andamento dei cicli economici, il titolo Piquadro ha un valore non correlato rispetto al valore reale dell’azienda. Basterebbe confrontare l’andamento del titolo con i vari EBITDA, EBIT e debito, per rendersi conto di ciò. Perché certi titoli non sono allineati al valore reale dell’azienda? Nel nostro caso, i motivi principali riguardano essenzialmente la composizione azionaria: una maggioranza molto solida della famiglia ed un flottante molto ristretto limitano l’ingesso di nuovi soci ed il numero di scambi. Inoltre, la rilevante presenza nell’azionariato di una realtà come Mediobanca (che possiede circa il 6% delle azioni) spaventa molto gli investitori, che temono fortemente la possibilità di vendita delle sue azioni; questa eventualità, infatti, farebbe scendere vertiginosamente il valore del titolo.
Spostandoci invece sulle attività di marketing, come avviene l’ideazione e la realizzazione delle campagne pubblicitarie?
Le campagne pubblicitarie vengono scelte in base al messaggio che si vuole dare. Il nostro è un brand tecnologico e vogliamo quindi dare l’immagine di innovazione, qualità e funzionalità, cercando di associare il nostro prodotto a tutto ciò che è “cool” e aspirazionale nel settore in cui operiamo. Ciò che rende efficace una campagna di marketing è principalmente la capacità di comunicare in modo efficace un racconto sulla filosofia e l’aspirazione del brand. Negli ultimi anni, però, è diventato molto più complicato capire come allocare il budget in maniera efficiente. Insieme ai principali social media sono nate alcune figure che potremmo definire “gli editori moderni”, ovvero gli influencer. Oggi, queste figure possono rappresentare un importante canale di comunicazione, ma che necessita di una gestione molto più dinamica e che comporta anche alcuni problemi come, ad esempio, quello di riuscire a mantenere un’alta qualità del messaggio.
Quali sono i motivi che hanno spinto Piquadro ad acquisire i grandi marchi “The Bridge” e “Lancel”? Come è stato possibile effettuare tali acquisizioni in soli due anni?
Abbiamo lavorato tanti anni come azienda “stand alone”, poi ci siamo resi conto che avevamo un certo esubero in capitale, che avremmo potuto utilizzare per crescere. Abbiamo, quindi, deciso di rilevare The Bridge, un’azienda in difficoltà che credevamo di poter rilanciare grazie alle nostre competenze industriali e distributive. Al momento dell’acquisizione (2016), The Bridge fatturava circa 20 milioni di euro e ne perdeva quasi tre. Dopo 24 mesi dal nostro ingresso, l’azienda fattura circa 27 milioni di euro e ne guadagna 2 a livello di EBITDA. Questa acquisizione ci ha permesso di includere all’interno del gruppo un piccolo “unicum”, dalla storia e identità distintive. Considerando la buona riuscita dell’operazione, volevamo ripeterci ed è così che abbiamo deciso di acquisire Lancel (gruppo Richmont), un’azienda francese che in 4 anni è passata da 220 a 50 milioni di euro di fatturato perdendo circa 30 milioni all’anno. Avevamo notato che la struttura industriale era completamente assente e tutta la produzione era affidata a terzisti. Questo limitava al lancio di una sola nuova linea di prodotti all’anno, quando in questo settore è fondamentale cercare di stimolare continuamente il consumatore. La crisi di Lancel era dovuta anche ad un posizionamento di prezzo non corretto (tra i 700 ed i 1300 euro per una borsa), troppo basso per collocarsi nel settore luxury e troppo alto per la fascia premium. Siamo entrati soltanto da giugno, ma sono ottimista.
Riguardo alle prospettive future di Piquadro, avete intenzione di consolidare la vostra quota di mercato oppure di continuare a crescere, magari mediante altre acquisizioni?
Come la maggior parte delle imprese ancora medio-piccole, il nostro obbiettivo è quello di crescere, e ci piacerebbe effettuare altre acquisizioni. Dobbiamo, però, considerare che The Bridge è ancora in fase di sviluppo e necessita di investimenti, mentre Lancel è al momento un’azienda complessa e difficile da gestire. Nonostante questo, stiamo fondendo le nostre conoscenze e competenze con quelle delle società acquisite, così che queste acquisizioni possono già considerarsi proficue. Se tale strategia continuerà a funzionare in futuro, è probabile che procederemo con altre acquisizioni.
Visto che lei rappresenta una delle figure principali nell’imprenditoria italiana, quale consiglio darebbe ai giovani che si affacciano a questa realtà?
Nella vita bisogna essere curiosi, estremamente determinati e, specialmente quando si è giovani, avere il coraggio di prendersi dei rischi. In particolare, quando le cose non vanno come sperato, ma si pensa che l’idea di base sia buona, bisogna fare di tutto per capire i motivi alla base dell’insuccesso. È importante non scoraggiarsi, ma, allo stesso tempo, porsi dei termini: non abbandonare troppo presto un’iniziativa interessante, né perdere troppo tempo su progetti non realizzabili. Sembrano banalità, ma sono aspetti fondamentali. Bisogna essere consapevoli dei rischi che ci assumiamo e mettere in conto la possibilità del fallimento, considerando, però, che le iniziative molto sicure spesso non sono redditizie. La scolarizzazione, in questo senso, aumenta nell’individuo le conoscenze e, dunque, la percezione del rischio. Un alto grado di formazione consente di apprendere quelle competenze che risultano essenziali per riuscire a governare situazioni difficili, così che è proprio la consapevolezza dei rischi presi e la capacità di gestirli che determina il successo di un’impresa.
Ringraziamo Marco Palmieri per la disponibilità mostrata durante l’intervista e gli auguriamo il meglio per il futuro di Piquadro.
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