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El violador eres tu

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Il 20 novembre dello scorso anno a Valparaíso (Cile) veniva cantato per la prima volta un inno dal titolo Un violador en tu camino, scritto dal collettivo femminista Las Tesis, che trae ispirazione dall’antropologa argentina Rita Segato. L’obiettivo del testo è denunciare il fallimento del sistema giudiziario cileno in tema di violenza sulle donne e al tempo stesso la cultura patriarcale che affligge la società cilena e mondiale. Le parole, dal grande impatto emotivo, sono accompagnate dai gesti simbolici delle protestanti, le quali indossano bende nere a copertura degli occhi per rappresentare la cecità della popolazione globale dinanzi alla condizione femminile odierna; spesso superficialmente etichettata come paritaria rispetto a quella maschile. L’esibizione di Valparaíso è stata presto replicata in moltissime città del Sud e Centro America, per poi arrivare nel Nord America e in Europa, Italia e Milano incluse. L’obiettivo di questo articolo è inquadrare la situazione attuale della violenza sulle donne nel mondo, per poi provare a comprendere quali ne siano le cause sociali.

“El patriarcado es un juez”, il patriarcato è un giudice. Sono queste le prime parole scandite dalle protestanti cilene. In Cile, solo l’8% dei casi di stupro denunciati è condannato, mentre nel restante 92% il presunto colpevole è dichiarato innocente. Un dato che spinge ulteriormente le vittime di violenze a non sporgere una denuncia ritenuta inutile. In riferimento a ciò, il testo prosegue accusando “Impunidad para mi asesino”. Nonostante il presidente cileno Sebastián Piñera avesse al tempo dichiarato che la situazione circa la violenza sulle donne fosse sotto controllo, i dati mostrano una realtà profondamente diversa: in Cile avvengono 42 casi di abuso sessuale al giorno, circa due ogni ora. Nel mondo, circa un terzo dell’intera popolazione femminile subisce almeno una volta nella vita una forma di violenza fisica o sessuale. L’Italia non fa eccezione (31,5%), registrando inoltre un aumento delle violenze nei confronti di donne moldave, rumene e ucraine rispetto alle donne italiane.

Esistono almeno quattro diversi tipi di violenza perpetrati a danno della comunità femminile: fisica, sessuale, psicologica ed economica. Per molestia fisica si intendono minacce, spintoni o strattonate, schiaffi, pugni, calci, morsi ed anche l’essere toccate o baciate contro la propria volontà. Per molestia sessuale si intendono sia gli stupri che i tentati stupri, ma anche rapporti indesiderati che vengono vissuti come violenza. L’umiliazione, la svalorizzazione, il controllo, l’intimidazione e lo stalking (di cui una donna su cinque è stata vittima in Italia, delle quali il 78% ha preferito non denunciare) rientrano tra le molestie psicologiche. Infine, in società come quella italiana sono ben radicati fenomeni di violenza economica come la limitazione o la totale privazione dell’accesso alla disponibilità economica familiare per i membri femminili della stessa. A commettere questo tipo di violenze sono spesso il partner o l’ex partner, amici o parenti. È importante ricordare che tali violenze sono perpetrate nei confronti di donne o ragazze in quanto tali, specificamente sulla base del loro sesso. “Y la culpa no era mía, ni dónde estaba ni cómo vestía”, recita il ritornello dell’inno di protesta; parole che esplicitano fortemente come in nessun caso la colpa di un crimine basato sull’odio possa pesare sulla vittima, su dove ella fosse o su come fosse vestita.

La grande domanda che bisogna porsi è come estirpare l’odio di genere, covato da una parte dell’universo maschile nei confronti delle donne e della comunità LGBT, che è alla base del femminicidio e della discriminazione sistematica. Al fine di riuscirci, è necessario interrogarsi su quali siano le cause alla radice di tale rancore che, come denunciano le manifestanti cilene, è insito nelle maglie della società. “Son los pacos, los jueces, el Estado, el presidente” affermano le manifestanti di Valparaíso: la polizia, i giudici, lo Stato, il presidente. Una figura retorica per riassumere l’intero apparato pubblico, il quale si propone di difendere la donna e di garantirne la parità, ma viene in realtà additato come oppressore e complice.

Una possibile causa del problema può essere intravista nella combinazione del machismo con la perversa percezione della sessualità con cui siamo da tempo abituati a convivere, ma che non per questo dovremmo esimerci dal cambiare.
Per machismo si intende il modello di “uomo di successo” che viene storicamente propinato, di cui gli uomini stessi sono vittime. L’esempio che viene impartito ai giovani maschi sia in ambito familiare che tra i propri coetanei è indissolubilmente legato al sesso: in sostanza, i ragazzi devono fare sesso sempre, comunque e dovunque per poter essere ritenuti vincenti. La possessione dell’oggetto sessuale femminile, nel quale la donna viene tramutata da tale ideologia, diventa indispensabile al fine di affermarsi tra i propri coetanei. Tra i ragazzi si parla di sesso, ma lo si fa in un modo sbagliato e tossico: non è raccontato come qualcosa di naturale e rilassato, che ognuno ha il diritto di vivere secondo la propria sensibilità; al contrario, il sesso è narrato come fosse una competizione nella quale l’uomo deve necessariamente essere dominatore. Di conseguenza, è considerato superiore agli altri il ragazzo con i genitali più grandi, oppure quello che ha avuto premature esperienze sessuali o che si è portato a letto il maggior numero di ragazze. La malignità di questa cultura machista è tale da spingere gli uomini a esagerare, o talvolta persino a inventare le esperienze affettive vissute. La conseguenza è il montare della frustrazione sessuale tra i giovani maschi, una frustrazione che si porteranno dietro per il resto della loro vita. Una frustrazione che li porta a vivere il rifiuto come un sintomo di inferiorità rispetto al loro modello, sino a non accettare il rifiuto stesso. Gli individui psicologicamente più deboli acuiscono nel tempo il rancore nei confronti del genere femminile, ritenuto colpevole di prevenire la loro affermazione e sul quale bramano un sentimento di possessione che non sono mai riusciti a soddisfare. Il risultato finale è la violenza sistematica perpetrata nei confronti delle donne, attraverso decenni e generazioni.

In Italia, un paese nel quale l’influenza cattolica è radicata in modo indissolubile, l’educazione sessuale è quasi assente. Questo è un aspetto alla base della violenza sulle donne che viene troppo spesso sottovalutato. L’Italia è ad oggi uno dei soli sette paesi europei in cui l’educazione sessuale non è una materia scolastica obbligatoria, insieme a Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia, Spagna e Romania. L’autore di questo articolo è tra i “fortunati” ai quali sono state concesse tre ore di educazione sessuale durante il terzo anno delle superiori; tre ore nelle quali era evidente l’imbarazzo degli alunni, totalmente disabituati a trattare l’argomento in modo normale, senza che fosse considerato un tabù. Eppure, l’educazione sessuale è fondamentale per arginare il problema culturale alla base della violazione dei diritti delle donne. Soprattutto perché, in assenza di un’adeguata educazione sessuale a livello scolastico, i giovani imparano cosa sia il sesso dalla pornografia. La pornografia fornisce una visione distorta della sessualità, ed è forse la più forte rappresentazione del machismo. I ragazzi osservano nei porno degli uomini invincibili, con dei genitali enormi e che possiedono la donna per circa un’ora intera senza che nulla possa fermarli. La donna ha puntualmente un ruolo passivo e succube. I ragazzi vedono tutto questo, tutti i giorni, per più volte al giorno. Una volta terminata la masturbazione, si convincono che anche a loro spetti questo ruolo. Quando inevitabilmente non ci riescono, odiano sé stessi e arrivano a odiare le donne.

Esiste un disperato bisogno di professionisti sanitari e sessuologi che ascoltino i ragazzi, e che spieghino loro che ciò che vedono nei porno non è la realtà. Qualcuno che insegni loro che essere vergine non è una vergogna, che essere rifiutati è normale, che non serve avere un pene leggendario per essere bravi a letto. Qualcuno che faccia passare il messaggio che tutti hanno o hanno avuto problemi sessuali nella vita. C’è chi non riesce a mettere il preservativo, chi ha difficoltà a mantenere l’erezione, chi non è bravo nel toccare il proprio partner, chi non riesce a bagnarsi a sufficienza, chi non riesce a praticare il sesso orale, e mille altre personali difficoltà e feticismi nascosti. E tutto, davvero tutto, rientra perfettamente nella normalità purché vi sia sempre rispetto del proprio partner. Se sia i ragazzi che le ragazze imparassero a vivere il sesso in modo più naturale e rilassato, la loro vita migliorerebbe notevolmente e la frustrazione sessuale diminuirebbe insieme alla violenza di genere. Fino ad allora, non ci resta che cantare: “El violador eres tu!”.


Dal cartaceo di marzo 2020

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As a European citizen born in Portici, I'm interested in whatever deals with the economics and politics of our Continent. Sometimes I also pretend to understand philosophy.

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