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Off Campus

Oscar Farinetti e la sua “Disruptive” Eataly

Reading time: 3 minutes

di Eleonora Recupero e Enrico Anedda.

Incontro ravvicinato con l’ideatore di un impero basato sul cibo tradizionale di alta qualità

Businessman-Oscar-FarinettiUn imprenditore di fama mondiale, un uomo il cui motto è “narrare ciò che faccio”: abbiamo intervistato Oscar Farinetti per voi, e ci ha raccontato la sua esperienza, le grandi ambizioni, i trucchi del mestiere per raggiungere la vetta e non guardarsi indietro. Eataly, fondato da Farinetti nel 2004, è stato decretato da Forbes come uno tra i 25 marchi più “disruptive” al mondo, un aggettivo forte, incisivo e secondo egli stesso “in linea con l’azienda”. Il progetto Eataly parte con una semplice constatazione: l’Italia esportava meno prodotti alimentari di paesi come Germania o Inghilterra, e non per una mancanza di prodotti quanto per un malfunzionamento del sistema. “Nessuno lo fa nel nostro paese, potremmo essere i migliori nel mondo a farlo” commenta Farinetti consultando le statistiche e accorgendosi che il potenziale in campo alimentare è elevato. Ma serve un’idea, ed è qui che Farinetti si trasforma in “mercante”, come egli stesso si definisce. Non più dell’elettronica – qualche anno prima fonda Unieuro per poi venderla al colosso inglese Dixons Retail – ma del cibo, cibo italiano di alta qualità. Il concetto è quello di replicare la cucina domestica di un tempo, “comprare quello che mangi”, acquistando i prodotti direttamente nel ristorante e introducendo a livello internazionale aziende agricole di nicchia in cui ogni prodotto rispecchia una tradizione di stampo italiano. Ed è così che nasce Eataly: un impero all’insegna del cibo di una volta.

Nonostante la portata sicuramente internazionale – l’azienda con sede ad Alba ha infatti ben 19 negozi all’estero (di cui 4 su due navi da crociera) – la strategia di Eataly si coniuga con una solida e costante presenza nel Bel Paese. A questo punto, la domanda sorge spontanea. “Come si fa a vendere il buon cibo italiano, agli italiani?”. Così ci ha risposto Farinetti: “Sapete che è davvero una bella domanda? Perché quello che abbiamo riscontrato in questi dieci anni di Eataly è che il popolo che ne sa di meno sulla biodiversità e sul nostro incredibile potenziale alla fine siamo proprio noi. Ed è un motivo di grandissima scarsità di “pride”: c’è poco orgoglio nel nostro Paese. Siamo anche il Paese a minor tasso di patriottismo, che ci è sempre sembrato come una figata, questo non essere troppo patriottici, a parte il nostro inno nazionale che ripete diciotto volte “Siam pronti alla morte”. E per esempio io ho notato che i Paesi ad altissimo tasso di coscienza civica sono molto patriottici. Non sempre è un indice positivo, anche la Corea del Nord è molto patriottica. Però per esempio gli Stati Uniti d’America sono molto patriottici, e anche la Scandinavia, che io guardo molto perché sono sempre un passo avanti in questo. Abbiamo poco orgoglio e soprattutto studiamo poco; sappiamo davvero pochissimo dei nostri numeri e del nostro valore e distribuiamo informazioni sbagliate. Meno del 25% di italiani sa la differenza tra il grano tenero e il grano duro e tutta la nostra cucina è imperniata su pane e pasta, cioè sui carboidrati. Quanti di voi sanno la differenza tra grano tenero e grano duro? [Nessuna risposta] …ecco, vedi?! Non possiamo non saperlo. Gli Americani lo sanno, perché sono dei fanatici. Leggono le etichette, gli ingredienti; però nel nostro piccolo, dopo la nascita di Eataly, qualcosa l’abbiamo migliorata e lo faremo sempre di più. Adesso non siamo solo più noi, c’è sempre più gente in questo progetto.”

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“Ricollegandoci a questo punto, se lei dovesse descrivere Eataly con tre aggettivi, quali sceglierebbe?”. Farinetti: “Figo, figo, figo. Ma non si può dire. E’ sicuramente ‘figo’, ma anche ‘semplice’ e soprattutto ‘disruptive’. Questo termine fantastico, americano: ecco, noi siamo disruptive. Vuole dire ‘antimodello’. Eataly è così: figo, semplice e antimodello.”

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