Secondo l’indice annuale stilato da Henley and Partners, società che si occupa di sviluppare programmi di residenza e cittadinanza con privati benestanti e governi, l’Italia si colloca al quarto posto della classifica che racconta la potenza di un passaporto. Il portale sul quale appare questa classifica è stato creato dalla società, elaborando dati IATA (International Air Transport Association), al fine di comparare la convenienza relativa del possesso di uno specifico passaporto.
È possibile selezionare uno Stato e, quindi, un passaporto “di partenza” e controllare in quanti e quali altri Stati sia permesso accedere con o senza visto. Volendo effettuare un’analisi più approfondita, il sito consente di visualizzare l’andamento nel tempo delle posizioni in classifica, dal 2006 in avanti, per mettere in luce anche l’impegno profuso in politica estera e accordi diplomatici tra alcuni Paesi e delle mutate condizioni di equilibrio interno di altri.

A titolo esemplificativo, gli Emirati Arabi Uniti nel 2006 si trovavano in 62ª posizione, mentre oggi si trovano in 18ª; questo implica la possibilità, per i propri cittadini, di entrare senza visto in 171 Paesi. Lo Yemen, invece, passa dalla 78ª posizione del 2006 alla 103ª nel 2020, con 33 Stati ai quali i suoi cittadini possono accedere liberamente.
Gli italiani hanno la possibilità, come i finlandesi, di viaggiare in 188 Paesi del mondo senza bisogno di preoccuparsi del rilascio di un visto. Seguono a breve distanza buona parte dei Paesi europei, insieme a Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda e Canada: possono accedere a un numero di Paesi compreso tra 187 e 180. In prima posizione, ormai da tre anni, troviamo il Giappone (191 Paesi), seguito da Singapore (190) e dalla Corea del Sud, terza a pari merito con la Germania (189). Chiudono, invece, la classifica, Stati instabili, in quanto profondamente segnati da estenuanti conflitti, quali Siria (29 Paesi a libero accesso), Iraq (28) e Afghanistan (26).
In posizioni appena superiori, moltissimi Stati africani oscillano tra gli 80 e i 32 Paesi visitabili senza visto, tra i quali non figurano mai l’Italia o, salvo rare eccezioni come il Botswana, altri Paesi europei. La maggior parte di questi passaporti permette di muoversi in modo prevalente verso alcuni altri Stati africani, pur tuttavia con significative limitazioni non dissimili da quelle riscontate per Paesi extra continentali: senza visto all’entrata non si può accedere.
Alle medesime restrizioni sono sottoposti anche gli Stati asiatici più poveri: ad esempio, chi possiede un passaporto del Myanmar non può entrare, senza visto, in alcun Paese europeo e necessita di un visto all’arrivo, ovviamente concesso con una procedura meno complessa rispetto al rilascio di un visto da richiedersi prima della partenza, anche per entrare in Nepal, Cambogia, Timor Est e in tutti gli Stati africani.

Le limitazioni alla libertà dei cittadini dei Paesi più poveri sono, quindi, evidenti. I tentativi di aggirare o forzare leggi e accordi internazionali sono pericolosi, costosi e, ovviamente, illegali.
Tuttavia, disparità nella disparità, per cittadini di Paesi con passaporti deboli, ma con solide disponibilità finanziarie, alcuni governi e Stati mettono a disposizione programmi di “cittadinanza per investimento”.
La stessa Henley and Partners fornisce i suoi servizi per guidare nell’acquisto di una nuova cittadinanza, che permette di godere di nuovi diritti, quelle che vengono definite “famiglie ultra benestanti”.
La società propone una lista dettagliata dei Paesi che prendono parte, con richieste di garanzia diverse, ma tutte incentrate sulla liquidità, a questa operazione di compravendita di passaporti: Antigua e Barbuda (150 Stati a libero accesso), Austria (185), Cipro (174), Malta (183), Moldavia (120), Montenegro (150), Saint Kitts e Nevis (154), Saint Lucia (145) e Turchia (111).
Il programma di investimenti verso Malta, per esempio, viene dipinto come uno dei più profittevoli, poiché dà accesso ad una lunga serie di benefici tangibili, come il diritto a vivere, lavorare o studiare in un qualsiasi Paese dell’UE, e intangibili, come il prestigio di appartenere formalmente ad un Paese europeo.
Per avviare il processo di acquisizione della cittadinanza sono necessari alcuni requisiti finanziari, da intendersi come un contribuito allo sviluppo di Malta, tramite l’acquisto di azioni o obbligazioni di attività maltesi o dello Stato e di una proprietà. Le tariffe, che sono correlate positivamente all’aumentare dei membri di una famiglia, si aggirano intorno al milione di euro.
Ovviamente, e questo vale per ogni Paese coinvolto, condizione necessaria è che la fedina penale di tutti i richiedenti sia pulita. Tuttavia, appare evidente a quali rischi possano essere correlate tali operazioni: Ana Gomes, europarlamentare dal 2004 al 2019, nel gennaio del 2018 ha guidato una missione UE a Malta, a seguito della quale ha prodotto un rapporto in cui ha evidenziato come tali programmi favoriscano la nascita di comportamenti illeciti. Tra gli altri: riciclaggio, evasione ed elusione fiscale.
di Caterina Camozzi