Personaggi e luoghi del panorama criminale meneghino dal dopo guerra all’arrivo del crimine organizzato
A cura di Alessandro Leoni
Milano, la città delle opportunità, del lavoro e dei sogni che si avverano. Ma quanti di noi sono a conoscenza anche del lato più tetro e nascosto del capoluogo lombardo? Il crimine mette le radici e si insinua all’interno del tessuto urbano e, come in ogni città di grosse dimensioni, contribuisce a plasmare le vite e le storie dei propri cittadini.
L’articolo si pone come obiettivo di illustrare le differenti fasi della “Mala” milanese, evidenziandone i tratti peculiari, i luoghi caratteristici e le molteplici personalità del crimine meneghino sino all’avvento del crimine organizzato.
Il dopoguerra e gli anni della Ligera
Nel dopoguerra il crimine, indissolubilmente legato al tumulto sociale di quegli anni, era inaspettatamente collocato nelle zone nevralgiche della struttura urbana. In particolare, diversi bar ed osterie nei quartieri della città che oggi consideriamo “glamour” rappresentavano il fulcro della malavita. Partendo dal quartiere Isola, passando per il Vigentino, Porta Genova e il caotico corso San Gottardo, personaggi poco raccomandabili si riunivano in luoghi come la Mescita di via Borsieri12, il bar di corso Como 12, la trattoria di Viale Bligny al 42 e la casba di Porta Genova. Le bande malavitose, sfruttando il periodo di crisi sancito dal termine del secondo conflitto mondiale, spadroneggiavano per Milano, mettendo in atto estorsioni, rapine, ritorsioni e atti di puro banditismo. La situazione si fa meno movimentata sul finire degli anni ’40, quando le forze dell’ordine prendono le misure necessarie a contrastare il crimine cittadino.
Il decennio degli anni Cinquanta è caratterizzato dal fenomeno della Ligera, una criminalità guascona e che rubava in primo luogo per fame. La Ligera era composta di piccoli gruppi poco organizzati, spesso di ex partigiani, che provenivano principalmente dai quartieri Giambellino, Isola, Lambrate e Ticinese.
Il punto di svolta giunge da metà anni Cinquanta in poi, dove le nuove leve del crimine milanese, più irriverenti e con nuove armi a disposizione, iniziano a farsi notare. Emblematico in questo senso l’episodio della rapina di Piazza Wagner avvenuta nel 1957, durante la quale per la prima volta dei banditi utilizzarono un mezzo a motore per assaltare un portavalori. Nel mezzo di quest’ epoca viene organizzata la rapina maggiormente simbolica e romantica della storia meneghina e non solo: la rapina di via Osoppo. Con estrema scaltrezza e senza sparare un colpo, sette uomini riuscirono a prelevare da un portavalori della Banca Popolare di Milano un ammontare di seicento milioni di lire, che nel ’58 che corrispondevano a circa duemila anni di stipendio di un operaio.
Il ‘58 è un anno simbolico anche a causa dell’arrivo di Joe Adonis, un esponente di rilievo della mafia americana che si stabilisce in via Albricci 7 (Missori), quartier generale da dove eserciterà una grossa influenza sulle dinamiche criminali milanesi.

Gli anni Sessanta
Il decennio degli anni Sessanta del Novecento è caratterizzato invece dal fenomeno sociale dell’emigrazione dal Meridione, il quale porta un elevato numero di lavoratori a Milano e comporta trasformazioni del tessuto sociale e urbano del capoluogo Lombardo. Nascono nuovi quartieri periferici, contenitori di operai emarginati e delle loro numerose famiglie. Inizia a delinearsi una fenomenologia criminale condivisa con le altre grosse città europee, le bande criminali di quartiere. La vecchia Ligera si ritrova soppiantata da realtà maggiormente organizzate e spietate. Si inizia a sparare, a sparare per uccidere, come testimoniano le rapine nella storica gioielleria Colombo in via Montenapoleone del ’64 che vede protagonista Il Clan dei Marsigliesi, una banda di malavitosi esperti Italo-francesi, e la rapina al Banco di Napoli di Largo Zandonai nel 1967, durante la quale la famigerata Banda Cavallero si lascia dietro 4 morti e 20 feriti.
La città vive un periodo di sostanziale crescita economica e vede la nascita di nuove attività commerciali e non, durante il quale prosperano le attività illecite quali rapine, gioco d’azzardo, prostituzione, contrabbando e traffico di stupefacenti.
Criminalità negli Anni di piombo
In questo turbolento decennio la criminalità si mescola con il fermento politico e sociale, sancito dagli atti terroristici e dagli intrighi politici nazionali. Ciò che accade in questi anni non si replicherà mai più nella storia del nostro Paese. Gli anni ’70 sono il periodo degli attentati, dei sequestri di persona (se ne contano più di 100 solo a Milano in meno di 10 anni), delle bische clandestine, dell’eroina, della prostituzione inarrestabile e delle innumerevoli rapine.
In questo contesto si fanno larghe figure di spicco del crimine Milanese e Italiano, quali Francis “Faccia d’angelo” Turatello, Renato Vallanzasca, Luciano Liggio, Pietro Cavallero, Angelo Epaminonda, Luciano Lutring e molti altri.
Le bische clandestine e i Night Club diventano i centri di aggregazione delle élite criminali. Tra le bische più famose si ricordano il Circolo di via Panizza 10, il Circolo degli amici della Pittura di corso Sempione 62 e le cosiddette bische “volanti” all’aperto come quelle situate presso l’Arena di Milano o Piazza Tirana. Su di esse vigeva il dominio incontrastato del gangster metropolitano Francis Turatello, il quale gestiva i più malfamati Night Club quali il Pussycat di Piazza Diaz, Lo studio 54, il Nephenta di piazza Diaz (tutt’oggi aperto) e infine il Good Mood di via Turati. Un altro luogo simbolo della classe malavitosa era l’Ippodromo di San Siro, nel quale il flusso di denaro degli scommettitori alimentava una vasta rete di scommesse e combine.
A fine anni Sessanta assistiamo alla nascita delle batterie criminali, veri nuclei armati e organizzati molto irriverenti e chiassosi. Una menzione speciale va fatta per la banda del lunedì, il clan dei marsigliesi, la banda Cavallero, la banda Turatello, la Banda Vallanzasca ed infine la banda Epaminonda. Emerge una nuova figura criminale che non scende a patti col potere o con le autorità, che si garantiva attenzione mediatica e uno strano fascino agli occhi di molti. Questa figura è incarnata in primis dal “Bel Renè”, Renato Vallanzasca e la sua batteria, stabilita alla Comasina, un quartiere a Nord della città, costruito negli anni ’50 per gli operai Alfa romeo e delle grosse aziende industriali della zona. La Comasina è legata indissolubilmente alla storia di Milano, sarà il quartiere di Renato Vallanzasca prima e della batteria di Pepè Flachi poi negli anni ‘80-‘90. Vallanzasca prende le distanze dalle caratteristiche figure criminali vecchio stampo come Francis Turatello, e con la sua banda mette in atto rapine, omicidi e sequestri sempre con un’estrema irriverenza nei confronti della società e delle autorità.
Durante questi anni si aggiunge una prima espansione ramificata del fenomeno mafioso e ‘ndranghetista, due realtà che allungano i loro tentacoli sul traffico degli stupefacenti, eroina in particolare, e nel business degli appalti.
Con l’uscita di scena di Vallanzasca, Turatello e bande affini alle loro, si affermano i poteri della criminalità organizzata che inizia ad instaurare la sua egemonia su differenti business e zone di Milano. I silenziosi e più organizzati clan di calabresi e siciliani che fanno base nell’hinterland milanese, in particolare a Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Trezzano sul Naviglio, si spartiscono l’eredità criminale di una città che, all’alba degli anni Ottanta, si ritrovava senza padrone.
L’egemonia del crimine organizzato:
Con gli anni Ottanta si segna un punto di non ritorno per Milano. La presenza di clan mafiosi siciliani e calabresi sul territorio è sempre più nitida e incontrastata. La nuova criminalità organizzata si distingue dalla precedente per una maggiore contiguità con le sfere politiche, amministrative ed economiche. Oggi il ruolo predominante è rivestito dalla ‘Ndrangheta, che nella provincia è attiva non solo con il più alto numero di locali della regione, ma anche con diversi gruppi non strutturati in locali. L’infiltrazione dell’organizzazione calabrese è capillare, ma non esaurisce il panorama della presenza criminale nella provincia, all’interno della quale si segnalano significative presenze tanto di Camorra quanto di Cosa Nostra e Sacra Corona Unita.
Come luogo milanese iconico e fonte di interesse per le organizzazioni di stampo mafioso negli ultimi anni c’è l’Ortomercato collocato in via Lombroso in zona Calvairate. Dalle indagini condotte dalla Procura di Milano è risultato che l’Ortomercato è stato sotto il controllo di un sodalizio tra cosche calabresi e siciliane ed utilizzato come centro logistico e di smistamento di stupefacenti.
La presenza delle organizzazioni mafiose è in crescita e la loro influenza si estende a differenti luoghi e sopra a determinate dinamiche che tale pubblicazione non ha l’intento di approfondire.
Bibliografia:
– “Milano e la Mala” – Stefano Galli
– Dossier Centro Studi Machiavelli
– Rapporto trimestrale sulle aree settentrionali, per la presidenza della commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno mafioso – https://www.cross.unimi.it/wp-content/uploads/Rapporto-Cross-Unimi-FINAL.pdf
Bocconi Students against Organized Crime è la prima associazione di studenti bocconiani a trattare il tema della criminalità organizzata dal punto di vista economico, sociale e organizzativo.