Nel 1980 Lucio Amelio invita Andy Warhol e Joseph Beuys a Napoli, entrambi icone del XX secolo, personaggi atipici in modi diversi. Le opere di Beuys sottolineano il potere antropologico ed ecologico dell’arte, mentre Warhol è il padre del Pop Art, l’artista dei mass media e del consumismo. Criticano la stessa società del tempo, Warhol tenendo uno specchio, Beuys invece mostrando una finestra. Warhol rende omaggio al suo amico con un ritratto dove la sua sagoma è ricoperta di polvere di diamanti, ovvero polvere lunare. L’artista newyorkese reinventa anche il protagonista dell’immagine della città, il Vesuvio, rivestendolo di colori fluorescenti. Usa la pittura a mano, una tecnica che aveva abbandonato da diversi anni. Girando per Napoli immortala la vita quotidiana degli anni 80 con la sua Polaroid, si immerge nell’atmosfera che considerava tanto simile a quella di New York:
“Amo Napoli perché mi ricorda New York, specialmente per i tanti travestiti e per i rifiuti per strada. Come New York è una città che cade a pezzi, e nonostante tutto la gente è felice come quella di New York.”
Andy Warhol è ultimogenito di immigrati lemchi, nasce a Pittsburgh, in Pennsylvania, nel 1928. Dopo la laurea in arte pubblicitaria si trasferisce a New York, dove lavora come vetrinista per Tiffany & Co., e come grafico pubblicitario per riviste come Vogue, Glamour e Harper’s Bazaar. Intraprende anche una carriera da stilista, disegna soprattutto scarpe, a cui dà il nome delle celebrità del tempo.
Ha molto successo, diventa ricco ancora prima del suo esordio come artista. Allo stesso tempo, continua a lavorare per diventare un vero artista. Apre la sua prima mostra a Los Angeles, dove sconvolge il pubblico. Nonostante l’arte sia già stata “modernizzata”, nessuno ha mai pensato di vedere le foto ingrandite di barattoli di zuppa visitando una galleria d’arte. L’opera “Campbell’s Soup Cans” raffigura tutte le varietà dei barattoli di zuppa Campbell allora in commercio, esattamente 32 quadri che divergono soltanto nella scritta sul barattolo. Prende ispirazione dai poster pubblicitari, frutto della sua occupazione precedente.
Le creazioni di Andy Warhol vanno contro i fondamenti dell’arte, abbandonando l’originalità e l’unicità. Vanno esplicitamente contro l’espressionismo astratto, il genere dominante prima del pop art, negli anni ‘50. Pittori come Mark Rothko e Jackson Pollack portano spontaneità, emozioni e movimento nei loro dipinti. Al contrario, Warhol prende le grandi icone commerciali del tempo — che siano personaggi o oggetti — e le restituisce al pubblico come per sottolineare i difetti della società. Stando alla sua filosofia l’arte deve stare al passo con il tempo tanto che non può più essere un pezzo unico nell’era dei media e della produzione di prodotti di massa.
Andy Warhol diventa un artista imprenditore. I soldi che guadagna con i suoi lavori li investe in altri settori, diventando così produttore musicale, cinematografico e teatrale. Inoltre, non è lui a produrre la maggior parte delle opere che portano la sua firma. Nel suo studio — che non è uno studio, ma una fabbrica d’arte —, chiamata The Factory, decine di assistenti fanno le serigrafie a posto suo. Appena hanno le sagome, le devono solo tracciare, applicare il colore in più strati, e ripetere il processo. Nelle stampe c’è un’imprecisione intenzionale per fingere la manifattura e rendere le opere più artistiche, come se fossero dipinte. Non esiste una copia originale.
“Ogni cosa ripete sé stessa. È stupefacente che tutti siano convinti che ogni cosa sia nuova, quando in realtà altro non è se non una ripetizione.”
Ironicamente, lo ricordiamo come uno degli artisti più originali di sempre. È il pittore più venduto dopo Picasso. Parte del suo successo è che non serve studiare per capire la sua arte, è altamente accessibile.
Siccome ritrae icone molto attuali, non è detto che riconosciamo tutti i suoi soggetti a decenni di distanza, soltanto quelli che hanno superato la prova del tempo. Marylin Diptych (Dittico di Marylin) è un dipinto serigrafico del 1962, l’anno in cui è morta la celebre attrice. Warhol ha preso una foto di dieci anni prima di Marylin (quando lei era al picco della sua carriera) e ha creato decine di copie, la metà con colori contrastanti, l’altra metà in bianco e nero — volendo così raffigurare le due facciate della fama mondiale.
Nel 1963, l’anno dell’assassinio di John F. Kennedy, ha preso la foto scattata di Jackie apparsa sui giornali, l’ha ingrandita, e l’ha pubblicata come la sua nuovissima opera d’arte. Il suo è un contributo piuttosto concettuale: dice che la nostra società è arte e spettacolo.
Nel 1972, l’anno della storica visita di Nixon a Pechino, Warhol crea una serigrafia della foto ufficiale di Mao Tse Tung, un ritratto che tutte le famiglie cinesi avevano appeso in casa. Lo rende artistico con colori non naturali. Facendo una serigrafia combina elementi pubblicitari con la propaganda, in parte ridicolizzando il presidente comunista.
Andy Warhol riproduce in serie anche la Gioconda. Il dipinto forse più famoso del mondo ha acquisito il suo status nel XX secolo e il padre del Pop Art non era l’unico a “dissacrare” la Monna Lisa. Ovviamente Warhol non si è dimenticato nemmeno dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci.
Uno dei più grandi successi di Warhol è nella democratizzazione dell’arte. Fa ritratti di tutti coloro che lo pagano — ritrae celebrità, ma allo stesso tempo tutti quelli che ritrae diventano celebrità. Collabora con stilisti — una cosa che oggi viene naturale, ma all’epoca era nuova e insolita. Stampa le sue opere su tessuto, è pioniere dell’arte che indossiamo. Crea copertine di dischi per Mick Jagger, i Rolling Stones, e tanti altri musicisti. Considerava la Coca Cola la più grande dimostrazione della democrazia, perché la Coca Cola che beve la persona comune è esattamente la stessa che beve il presidente.
Oltre a democratizzare l’arte, la rende un forum per sormontare diversi tabù dell’epoca. La sua serie intitolata “Ladies and Gentlemen” consiste di ritratti di drag queen. Le foto le scatta lui girando per i locali notturni di New York.
Come gran parte della sua carriera, anche la morte di Andy Warhol è stata inaspettata. Soffriva di colecisti, che si era presentata già 15 anni prima della sua morte. Aveva cercato di nasconderlo e la sua paura degli ospedali gli ha pure impedito di chiamare l’ambulanza; è andato in taxi per l’intervento, che sarebbe dovuta essere una semplice operazione, ma che invece, per varie complicazioni e uno stile di vita malsano, ha portato la sua morte. Due ex componenti del The Velvet Underground — una rock band mentorata e prodotta da Warhol — gli hanno fatto un tributo musicale, un concept album intitolato “Songs for Drella.” Drella è una fusione tra Dracula e Cinderella (Cenerentola), un nickname ricevuto dagli amici.
È stato lui a inventare il concetto dei 15 minuti di fama, oggi più attuale che mai. Una domanda interessante e forse inquietante da porci è: cosa avrebbe combinato Andy Warhol oggi, nel mondo dei social?
I’m a first-year BAI student from Budapest. Being Italo-Hungarian I always found it challenging to define where I belong, in all the places I’ve been to I found a piece of home. Travelling and learning languages are my favourite hobbies, beside reading and writing. I have a deep passion for science and research