Di Daniel Borgogni
Il 16 novembre era la Giornata Mondiale della Tolleranza e il 12 dello stesso mese, in una periferia dell’agro romano, alcuni cittadini italiani aggredivano selvaggiamente un centro immigrati. Questi gesti colpiscono per crudezza e violenza, e stravolta, l’opinione pubblica, ha da una parte condannato il linciaggio, bollando i colpevoli come “criminali” e “razzisti”, isolandoli, dall’altra identificato come causa scatenante della barbarie la quantità eccessiva d’immigrati sul suolo italiano.
“Smistiamoli in altri paesi!”, “Ci vuole maggior appoggio dall’unione europea” i commenti ricorrenti. La questione riguarda sia la presenza stessa degli immigrati, sia la violenza dei degenerati romani, questo il verdetto di istituzioni democratiche e giornalisti. A metà novembre sì è celebrato il trionfo della tolleranza, appena dopo la dimostrazione, con incontrovertibile chiarezza, di quanto la classe politica e istituzionale, e quindi il popolo italiano stesso, fosse ignorante in materia. Sassi lanciati e cassonetti incendiati, un “campo di battaglia” è la descrizione della periferia romana nella sera del 12 novembre ed è proprio sulla scia di queste pittoresche definizioni che l’obiettivo si restringe e l’opinione pubblica si focalizza sul fatto fine a se stesso, prendendo distanza da qualunque riflessione.
I “fatti di Tor Sapienza” non sono limitati alla periferia romana, al degrado urbanistico e alla questione dell’immigrazione. Come i nostri politici, che negli ultimi trent’anni sono stati eccellenti maestri di anti-lungimiranza, così la nostra informazione, seguendoli diligentemente, è diventata cieca ad analisi approfondite a lungo raggio. In mezzo al bosco ci siamo appiattiti contro la corteccia del singolo albero, senza vedere e nemmeno più immaginare la grandezza che può avere una foresta.
Gli avvenimenti di Tor Sapienza non sono opera né di criminali né di razzisti isolati, non rappresentano il traboccare di una crisi d’immigrazione, non sono un’eccezione, bensì la manifestazione di uno spirito represso e presente nella mentalità intrinseca alla nostra società, lontana da quegli ideali di tolleranza professati come se fossero realmente acquisiti. Ciò che è accaduto mostra, con la forza della prepotenza fisica, quanto la società sia ancora distante da un’integrazione che trascenda il concetto stesso di tolleranza. Non è la goccia che fa traboccare il vaso, ma l’ennesimo segnale di crisi della nostra democrazia, che preservando solamente la tolleranza necessaria agli interessi del singolo, rimane lontana da una reale integrazione a livello europeo. Una crisi, quella sociale da ciò scatenata, che è accompagnata e stimolata da quella economica, ma che rappresenta una minaccia ben più grave, forse già troppo avanzata.
Nel frattempo gli scontri continuano, non cessa lo stupore ingenuo della gente, proseguono la piazza mediatica e la campagna elettorale del politico di turno, privo di reale interessamento e ben distante da una qualsiasi analisi dei fatti che prescinda la cronaca superficiale della violenza del singolo, disumanizzato e separato dal proprio contesto sociale. Fino a che non ci sapremo riconoscere in quei romani, sarà impossibile qualunque unione, sia essa di fatto o di contenuto. Ricordiamocene prima del prossimo 16 novembre.
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