Il market for lemons dei Mass Media è la causa dell’angoscia collettiva
L’epidemia di Coronavirus ha inequivocabilmente scatenato una reazione nella popolazione. In periodi di estrema incertezza e confusione come gli scorsi giorni, l’essere umano è costretto ad affrontare grande stress. E la mente, impreparata a fronteggiare una realtà su cui non è possibile intervenire, si affida agli strumenti a sua disposizione: primo fra tutti, la comunicazione.
Ansia.
La comparsa di questa emozione di base di fronte a uno stimolo ritenuto minaccioso e nei cui confronti ci si ritiene incapaci di reagire, di per sé è un fenomeno normale. Se il cuore inizia a battere forte e si inizia a sudare dopo aver mandato un messaggio alla propria cotta o prima di svolgere un parziale, immaginatevi la risposta del cervello alla notizia che a pochi km da dove si abita 50000 persone sono state isolate a causa della diffusione di un virus proveniente dall’altra parte del mondo e le cui cause sono sconosciute.
Per di più, la situazione sembra sempre peggiorare. I numeri di morti e contagiati aumentano, politici ed epidemiologi si contraddicono e nel mentre l’economia crolla.
Il più grande pericolo dell’ansia è che può innescare un circolo vizioso. La paura della paura può generare un sistema di disturbi comportamentali e psicologici eccessivi e sproporzionati rispetto alla realtà. In questo caso questa sensazione, volta a porre rimedio a una situazione sgradevole, si rivela controproducente. L’individuo agisce inconsapevolmente per la sopravvivenza: si ritrova a svaligiare i supermercati e ad azzuffarsi per una bottiglia d’acqua, inizia a evitare ogni situazione sociale rinchiudendosi in casa ed è perfino disposto a pagare prezzi esorbitanti per mascherine di carta e Amuchina.
Enrico Zanalda, presidente della Società Italiana di Psichiatria (SIP) e direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell’ASL TO3 ha spiegato qual è la causa di questo timore. Si tratta dell’“infodemia, la diffusione virale e velocissima, che in passato non esisteva, di notizie parziali e contraddittorie, quando non addirittura false, che può causare un crollo di fiducia nei rapporti tra le persone e nelle Istituzioni, e rendere più potente l’effetto sulla psiche”.
Infatti, per la prima volta nella storia, la “quarantena” non esclude la comunicazione con l’esterno; anzi, i reclusi in casa sono più attenti a ciò che succede nel mondo. E molti pseudoscienziati si sentono liberi di dire la loro opinione sulla questione. Purtroppo, al giorno d’oggi le persone non riescono più a distinguere il reale dal virtuale e prendono per vero qualunque cosa leggano su Internet.
Se per il coronavirus non esiste ancora un vaccino, per l’epidemia cognitiva fortunatamente esiste un rimedio. È essenziale diffidare di ciò che si legge sui social network e affidarsi alle comunicazioni ufficiali: la conoscenza è fondamentale per vivere in maniera consapevole la realtà. Tuttavia bisogna sottolineare che la conoscenza non corrisponde necessariamente a una maggiore quantità di informazioni.
Innanzitutto, l’Information overload(ing), tipico dell’era di Internet, risulta economicamente inefficace, in quanto, come insegna la ricerca di Akerlof, impedisce di distinguere i lemons, ovvero le fake news, dalle notizie di qualità. E dall’asimmetria informativa traggono vantaggio i populisti, che approfittano della confusione per accusare il governo per la cattiva gestione della situazione e alimentare lo scontro politico.
In secondo luogo, la grande quantità di informazioni provoca dipendenza. Infatti, l’individuo non si accontenta: in un attimo si ritrova a passare da un sito web all’altro alla ricerca di informazioni sempre più aggiornate e complete. Appena ne trova una, però, il piacere provato si affievolisce e sente subito il bisogno di una nuova. Per giunta, tutto viene percepito a livello cognitivo come un rumore, cosicché le notizie, già filtrate dalla tastiera del giornalista e poi lette in maniera superficiale, sono registrate in maniera parziale dal cervello e poi interpretate sulla base di esperienze e conoscenze pregresse.
Per tornare con i piedi per terra, è necessario spegnere lo smartphone e allontanarsi dalla tecnologia per qualche ora. L’obbligo di allontanarsi dalle situazioni sociali non deve essere il germe di una depressione, ma deve essere visto come un’occasione per coltivare le proprie passioni e riflettere su se stessi.
La medicina perfetta per gli effetti ansiogeni del coronavirus è sicuramente passare del tempo all’aria aperta. Fare una passeggiata nel verde insieme ai propri cari, lontano dalla folla, porta la tranquillità necessaria a controbilanciare la situazione precaria del mondo esterno. Se a causa di condizioni avverse ciò non è possibile, per distrarsi ed evitare di riflettere sul futuro che ci aspetta si possono svolgere attività costruttive e creative dentro casa: leggere, guardare un film, scrivere, dipingere, cucinare etc. Farsi prendere dal panico non è il modo giusto per affrontare un’emergenza, tuttavia neanche sottovalutare gli eventi aiuta. Insomma: come scrisse Aristotele nell’Etica Nicomachea, Meson te kai ariston. Il mezzo si rivela sempre la cosa migliore.
Editorial Director from January 2021 to February 2022. An intrepid reporter and extremely curious young woman, passionate about interviews and investigating events and their causes.