La categoria di reati c.d. “culturalmente motivati” pone non poche difficoltà a chi interpreta la norma penale, che diviene costretto a fare i conti con il tema della diversità, da riconoscere ed opportunamente valutare. Tramite una delle più recenti pronunce della Corte di Cassazione a tal riguardo, l’articolo si propone di illustrare il più moderno orientamento della giurisprudenza su questo tema.
DEFINIZIONE
E’ stata la dottrina penalistica a chiarire il significato di reato culturalmente motivato. Secondo la definizione fornita, con questa espressione, ci si riferisce ad un comportamento accettabile, se non esplicitamente incoraggiato, nella cultura di minoranza giuridica dell’individuo agente, ma che viene, tuttavia, ritenuto reato dall’ordinamento giuridico dominante, in questo caso quello italiano.
In tutti i casi in cui si è verificata un’ipotesi di reato culturalmente motivato, il contesto sociale e l’educazione di origine del soggetto agente hanno giocato un ruolo fondamentale, in quanto, senza di esse, egli non avrebbe probabilmente commesso l’atto antigiuridico. Ciononostante, sulla base della formulazione appena ricostruita, appare chiaro come la categoria di reati in esame rischia di inglobare questioni pratiche che differiscono notevolmente tra loro.
Nonostante le difficoltà che presenta la questione, la casistica pratica giurisprudenziale è giunta in soccorso, aiutando ad individuare alcune sotto-categorie di reato culturalmente motivato, che si sono presentate con maggiore frequenza all’attenzione dei tribunali italiani:
- le mutilazioni e le lesioni genitali femminili e circoncisioni maschili rituali, causate da convinzioni religiose o sociali correnti nella cultura del soggetto agente;
- i reati in materia di stupefacenti, il cui consumo in forma di misture o erbe o bevande sia prescritto dal gruppo culturale d’origine;
- i reati concernenti l’abbigliamento rituale, come l’utilizzo del burqa tra le donne di religione islamica, per cui vengono in rilievo questioni penalistiche relative alla tutela della pubblica sicurezza;
- la violazione dei diritti dell’infanzia, come frutto di riserve socio-culturali. Emblematico è il caso del rifiuto a garantire un’istruzione scolastica al bambino;
- i reati sessuali, tra le cui vittime si contano spose bambine, donne adulte, bambini di ambedue i sessi, in virtù di un ruolo sociale loro assegnato da una determinata cultura o di una supposta mancanza di libertà di autodeterminazione;
- gli omicidi, le lesioni personali ed i maltrattamenti connessi al contesto familiare o a difesa dell’onore, solitamente sessuale o familiare.
Il tangibile pericolo in cui il giudice può incorrere nel valutare un reato come culturalmente motivato consiste nel non fornire un’adeguata tutela e protezione alla vittima dello stesso, nonché nel sottoporre ad un trattamento diverso e “privilegiato” l’autore di siffatti atti.
UNA SOLUZIONE “INVALICABILE”?
A baluardo dei diritti dell’offeso, la giurisprudenza più recente, ha elaborato la teoria c.d. dello sbarramento invalicabile, secondo cui la difesa culturale deve necessariamente cedere di fronte all’insormontabile barriera rappresentata da beni fondamentali, quali per esempio la vita, l’incolumità e la libertà di autodeterminazione e morale. La soluzione prospettata non sembra però priva di criticità, in quanto l’elenco dei diritti inviolabili è aperto e, per molti versi, ancora da definire. In alcuni casi, appare dunque opportuno chiedersi se, quantomeno, alcuni di questi diritti possano essere bilanciati con quello del reo a mantenere salda la propria integrità culturale piuttosto che a rispettare il proprio credo religioso.
UN CASO PRATICO IN BREVE
Per comprendere al meglio le criticità che presenta questa questione, possiamo analizzare il seguente caso pratico nelle sue diverse fasi processuali.
Un uomo, di origine albanese, fu imputato per il delitto di violenza sessuale di cui all’art. 609 bis cp, aggravato ai sensi dell’art. 609 ter c.p., per aver ripetutamente perpetrato, col tacito consenso della moglie ed abusando della propria posizione di genitore, atti sessuali nei confronti del figlio minore.
In primo ed in secondo grado, l’imputato fu assolto. Al termine del primo giudizio, infatti, il giudice aveva escluso la componente dolosa, tipica del delitto di violenza sessuale, mentre, in appello, l’autorità giudiziaria si spinse a negare l’intrinseca connotazione sessuale dei comportamenti realizzati dall’imputato.
I giudici in entrambe le sedi avevano richiamato un’usanza della cultura originaria dell’accusato, che prevedeva simili gesti come segno di buon auspicio nei confronti del figlio maschio. Tale tradizione avrebbe dunque influito sia sulla percezione da parte dei genitori della natura sessuale degli atti sia sull’inevitabile ignoranza del precetto penale, in grado di per sé di escludere un’ipotesi di colpevolezza a carico dell’imputato (art. 5 c.p.).
IL NUOVO ORIENTAMENTO DELLA CASSAZIONE
Il caso proseguì fino in Cassazione dove la Corte ribaltò le decisioni adottate nei casi precedenti e propose un nuovo orientamento giurisprudenziale.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29163/18, sottopose la questione culturale ad un attento vaglio, riconoscendo tre snodi fondamentali nella trattazione di casi simili:
-In primo luogo, secondo la giurisprudenza di legittimità, è doveroso compiere un bilanciamento tra i beni lesi dal comportamento criminoso ed il grado di offensività̀ degli atti, tenendo pur sempre conto del diritto inviolabile del soggetto agente a non rinnegare la propria cultura. La teoria dello sbarramento invalicabile deve essere sottoposta ad un’accurata valutazione e non essere motivo di spicce conclusioni;
-L’usanza richiamata nella commissione del delitto in questione va compresa sia nel suo grado di vincolatività̀ sia nella sua natura, la quale può essere di matrice giuridica o religiosa. Nel caso specifico, il comportamento adottato dal padre fu considerato antigiuridico anche dal Codice penale albanese, (notiamo come la natura della norma, in questo caso, sia giuridica). Ciò esclude la possibilità per l’imputato di avere reputato gli atti come non contrari alla legge. Peraltro, tale usanza si dimostrava poco diffusa nel paese di origine del soggetto e semmai limitata alle zone rurali, (pure il criterio della vincolatività non sembra essere soddisfatto, in quanto la tradizione richiamata non risulta applicata in modo omogeneo dai membri del gruppo culturale di riferimento);
-Il grado di inserimento dell’immigrato nella cultura e nella società del Paese d’arrivo. In particolare, i due genitori lavoravano da anni in Italia ed erano ben integrati tra il resto della popolazione. Secondo questo dato, non sembra fondata la supposta ignoranza della legge o la mancata percezione del gesto come offensivo da parte degli imputati. Un alto grado di integrazione rende meno credibile una possibile “difesa culturale”, soprattutto se per mancata conoscenza di un fatto antigiuridico già nel paese d’origine. La Suprema Corte, nell’annullare la sentenza con rinvio e nell’elaborare il “test culturale” sintetizzato nei detti punti, ha qui rivelato un approccio maggiormente calibrato rispetto all’immediato precedente, scolpito nella sentenza del 31/03/2017, in cui si legge che “la decisione di stabilirsi in una società in cui è noto […], che i valori di riferimento sono diversi da quella di provenienza ne impone il rispetto e non è tollerabile che l’attaccamento ai propri valori, seppure leciti secondo le leggi vigenti nel paese di provenienza, porti alla violazione cosciente di quelli della società ospitante. La società multietnica è una necessità, ma non può portare alla formazione di arcipelaghi culturali confliggenti, a seconda delle etnie che la compongono, ostandovi l’unicità del tessuto culturale e giuridico del nostro paese”.
Nonostante le novità molto importanti che furono introdotte dalla giurisprudenza di legittimità, i recenti argomenti proposti dalla Cassazione nel 2018 forniscono un punto di arrivo che può ancora essere perfezionato ed attaccato: una critica che banalmente potrebbe essere sollevata riguarda la difficoltà con cui il giudice può giungere ad una conoscenza completa e corretta della tradizione culturale del caso. Inoltre, risulta ugualmente complicato distinguere un reale ossequio alla propria cultura da un’azione meramente fondata sull’indole del soggetto.
CONCLUSIONE
Il caso dei reati culturalmente motivati dimostra come, all’interno della nostra odierna società multiculturale, ogni branca del diritto deve costantemente affrontare nuove sfide ed essere pronta al cambiamento.
La giurisprudenza ha sempre ritenuto essenziale un’interpretazione esegetica della norma penale, la quale tiene sempre in considerazione i mutamenti dei costumi e della nuova sensibilità̀ sociale. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha ritenuto fondamentale rimarcare, con la sopramenzionata sentenza, che “nessuna forma di rispetto per dette tradizioni del cittadino straniero potrà mai comportare l’abdicazione del sistema penale alla punizione delle condotte aggressive dei diritti fondamentali”. Secondo, dunque, le momentanee conclusioni introdotte dalla Corte, come sempre l’interprete dovrà bilanciare i diversi interessi in gioco e trovare una soluzione il quanto più completa e compiuta possibile.
SITOGRAFIA
-La Corte, G.(2019), “Violenza sessuale sui minori. I reati culturalmente motivati alla luce degli attuali orientamenti giurisprudenziali”, Diritto.it https://www.diritto.it/violenza-sessuale-sui-minori-i-reati-culturalmente-motivati-alla-luce-degli-attuali-or ientamenti-giurisprudenziali/
-Marani, S.(2018), “Violenza sessuale su minorenne: reato culturalmente orientato?”, Altalex. https://www.altalex.com/documents/news/2018/07/23/violenza-sessuale-su-minorenne-reato-culturalmen e-orientato
-Sentenza Corte di Cassazione, Sezione III Penale, n.29163/2018 a cura del sito “Bilap”. https://www.lawpluralism.unimib.it/oggetti/580-corte-di-cassazione-italiana-sez-iii-penale-n-29613-18-2-l uglio-2018
-Basile, F. (2019), “Le principali categorie di reati culturalmente motivati” https://dirittopenaleuomo.org/contributi_dpu/le-principali-categorie-di-reati-culturalmente-motivati/ -Scardi, V. (2020), “Reati culturalmente motivati: il difficile rapporto tra il diritto penale ed il multiculturalismo”, Opinio Juris. https://www.opiniojuris.it/reati-culturalmente-motivati-difficile-rapporto-diritto-penale-multiculturalismo/ #:~:text=Per%20reato%20culturalmente%20motivato%20si,sistema%20relativo%20alla%20cultura%20d ominante.
-Treccani, Encilopedia Treccani Online, Ultimo accesso: 19/10/2023, https://www.treccani.it/enciclopedia/reati-culturalmente-motivati_%2 8altro%29/
-Scevi, P. (2016). “Riflessioni su reati culturalmente motivati e sistema penale italiano”. https://archiviopenale.it/riflessioni-su-reati-culturalmente-motivati-e-sistema-penale-italiano-/articoli/140 55
Autore: Angela Famà
Associazione studentesca bocconiana. Abbiamo lo scopo di promuovere attività di approfondimento e studio del diritto penale.