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L'angolo del penalista

COPPIE CRIMINALI: Il disturbo psicotico condiviso

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Ci sono diverse coppie di assassini famose nella storia criminale. Basti pensare a Bonnie e Clyde, coinvolti in una serie di rapine e omicidi, Fred e Rose West, autori di innumerevoli omicidi, stupri e abusi sessuali tra gli anni ’60 e ’80 o Ian Brady e Myra Hindley, la coppia britannica conosciuta come i “Moors Murderers” e nota per aver commesso plurimi omicidi di bambini e ragazzi tra il 1963 e il 1965 nel nord dell’Inghilterra, seppellendo i corpi delle loro vittime sulle lande.
Secondo il criminologo e psichiatra Vincenzo Mastronardi si tratta di “amori malati che alimentano reazioni violente esplosive”. La diagnosi psichiatrica di due individui che si uniscono per perpetrare un crimine, è definita Disturbo Psicotico Condiviso o Sindrome Delirante Indotta. Ma da cosa nasce questo fenomeno? Cosa porta una coppia nella vita reale ad essere anche una coppia negli omicidi?

Il fenomeno

Il criminologo Ruben De Luca, analizzando oltre 2mila casi di omicidi seriali nazionali e internazionali, ha stimato che quelli commessi in coppia in Italia sono circa il 5% (e il 9% a livello globale). Si tratta di situazioni nelle quali la compartecipazione all’assassinio amplifica l’efferatezza in quanto dalla condivisione dell’esperienza omicida si trae maggiore eccitazione e più sicurezza.
Uno dei primi riferimenti letterari alle coppie criminali si deve a Scipio Sighele che, nella sua opera “La coppia criminale” (1909), ne distinse quattro tipologie: amanti assassini, amore passionale, coppia infanticida e coppia di amici. Nell’ampia categoria delle coppie criminali, possono esservi dunque diverse tipologie: madre-figlio, due fratelli, due amici, persino due perfetti sconosciuti che si incontrano e scoprono di avere fantasie omicide comuni.
Poco più di un terzo del totale è però costituito da coppie uomo-donna nelle quali, nella quasi totalità dei casi, vi è un rapporto di tipo erotico-sentimentale. Si tratta di individui già infiammabili di per sé che, in presenza di un partner, innescano reazioni violente a catena.
«Si può uccidere in coppia per diversi motivi: odio, amore, denaro, perversione o desiderio di evasione», spiega Vincenzo Mastronardi. Mastronardi lo chiama «infantilismo», cioè «la mancata evoluzione dello standard morale ed emozionale» che non dipende dall’età, e che porta a compiere atti macabri.
Secondo un modello psicologico ampiamente adottato, noto come la “piramide di Maslow”, gli esseri umani, una volta soddisfatti i bisogni primari come cibo, acqua, salute, amicizia e affetti familiari, manifestano un desiderio di raggiungere un senso di stima e realizzazione personale. Mastronardi spiega come questo bisogno potrebbe fornire una spiegazione del motivo per cui alcune coppie di assassini commettono omicidi quando subiscono un crollo nella loro stima sociale.
Il sentimento che lega i componenti della coppia assassina, dice il criminologo, «è spesso un amore malato».
Ma più che di amore, «si tratta di una forma di dipendenza dall’altro, che porta alla necessità di non scontentarlo per timore di perderlo».
E alla fine nella coppia si crea «un rinforzo psicologico vicendevole che porta alla necessità di dover commettere l’omicidio», spiega Mastronardi. «Si incontrano due strutture diverse di personalità, dove lui o lei vuole accontentare l’altro a qualsiasi costo e in ogni cosa. O dove uno dei due, più debole, fa qualcosa oltre le righe per farsi apprezzare dall’altro».

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Il disturbo psicotico condiviso

Per parlare di omicidio in coppia non è necessario che siano stati entrambi gli individui ad uccidere. Si parla di omicidio seriale in coppia, infatti, anche quando è solo un membro a commettere l’atto, mentre l’altro è solo un complice, a volte silente, che assiste al fatto o aiuta a pianificare il delitto. Il fatto certo è che due sono gli individui che costituiscono la coppia: il soggetto induttore, un individuo emotivamente più forte, freddo, distaccato e solitamente più intelligente e il soggetto debole, indotto, meno intelligente e capace di cedere facilmente alla suggestione del primo. Gli psichiatri la chiamano “follia a due” o Disturbo Psicotico Condiviso. Due individui, non necessariamente assassini se presi singolarmente, trovano l’uno nell’altro un complice per alimentare rabbia e fantasie assassine, senza riuscire più a fermarsi. «Non a caso in molti di questi omicidi una volta che cominciano ad accoltellare qualcuno continuano per molto», spiega Mastronardi. «È un impulso ossessivo, una coazione a ripetere, una sorta di reazione a catena».
In questo tipo di reati l’induttore solitamente domina su tutte le scelte che riguardano la gestione del crimine stesso, dalla vittima al luogo del delitto. Tra i due soggetti intercorre una relazione complementare patologica permeata da tecniche di manipolazione mentale. I fattori di tipo psicologico, familiare e sociale concorrono a definire le personalità che saranno poi alla base di coppie disfunzionali e criminali.
Nella follia a due i disturbi mentali complementari convergono: se si indagano i problemi di natura psichiatrica plausibili, solitamente l’Induttore è affetto da schizofrenia, disturbo dell’umore con manifestazioni psicotiche o disturbo delirante/narcisistico della personalità, mentre l’Indotto ha un disturbo dipendente della personalità.
Molto frequentemente il disturbo delirante dell’Induttore viene trasmesso, con facilità, all’altro componente della coppia. La fusione psicologica di queste coppie ha costruito un vissuto di onnipotenza tale che anche la possibilità di essere scoperti non viene nemmeno presa in considerazione. Nel caso in cui i due soggetti presentino questi tipi di disturbi vengono definiti, a livello giuridico, incapaci di intendere e di volere (art. 85 c.p.); tuttavia molte volte accade che le persone coinvolte nella follia a due siano persone che, nel momento in cui commettono il delitto, hanno le piene facoltà mentali.

Le cause

All’interno delle coppie criminali, molteplici sono i meccanismi che possono portare alla formazione di un disturbo psicotico condiviso. In primis, la manipolazione induce un soggetto a compiere azioni che non avrebbe mai commesso se non avesse incontrato l’induttore. Il manipolatore arriva a distruggere psicologicamente chi gli sta vicino, modella a suo piacere la personalità del compagno, sottraendogli ogni volontà.
L’altro processo che interviene è quindi la suggestione del soggetto indotto. Quest’ultimo è un individuo con una personalità debole che, per cercare sicurezza e stabilità, si aggrappa a qualsiasi cosa: una promessa da parte del partner, la prospettiva di una vita migliore, l’esclusività della relazione con l’induttore. Tanto più una persona è vulnerabile, maggiore è la possibilità che subisca plagio e manipolazione della psiche.
Dai quadri diagnostici dei disturbi che colpiscono l’induttore e l’indotto, è possibile dedurre che i due soggetti si completino a vicenda. Il caso primario è l’individuo che porta il delirio trasmettendolo al secondo. Ma cosa spinge due persone così diverse a restare unite? I due individui si incontrano per colmare ognuno i bisogni dell’altro. Inizialmente, è il soggetto indotto a vedere colmati i suoi bisogni in quanto, essendo bisognoso di avere accanto una persona che si prenda cura di lui e di cui possa fidarsi, trova nell’altro una persona forte che sappia guidarlo e a cui affidarsi (senza dimenticare che il fatto di essere scelti dal soggetto forte è fonte di grande soddisfazione per loro). L’induttore, invece, vede soddisfatto il proprio disturbo narcisistico ed è mosso da un desiderio legato alle caratteristiche del suo delirio in quanto il soggetto indotto rappresenta per lui un mezzo per portare a termine gli scopi del caso primario.
Una ulteriore spiegazione potrebbe essere rintracciata nella cosiddetta “ibristofilia” di cui soffrirebbe l’indotto.
L’ibristofilia è una forma di parafilia (un disturbo della sessualità), caratterizzata da un’eccessiva attrazione sessuale e psicologica nei confronti di individui che sono noti per essere pregiudicati, aggressivi, violenti o colpevoli di vari crimini, tra cui stupri, rapine a mano armata o omicidi.
Solitamente, l’ibristofilia viene associata principalmente a individui di sesso femminile, anche se non si può escludere la sua presenza anche tra gli uomini. Le cause di questo disturbo possono essere molteplici, tra cui un’infanzia difficile, la presenza di una figura genitoriale violenta o una bassa autostima.
Le motivazioni che spingono queste persone verso individui pericolosi possono variare: alcuni cercano di sentirsi più sicuri e potenti legandosi a una persona capace di qualsiasi cosa, mentre altri credono di poter cambiare l’oggetto del loro desiderio attraverso amore e devozione.
Lo psicologo Leo Seltzer, in un suo articolo intitolato “Perché le donne si innamorano dei serial killer?”, ha affrontato questo fenomeno. Secondo Seltzer, i serial killer vengono spesso considerati dei “maschi alfa” e riescono a esercitare un fascino irresistibile. Le persone coinvolte sono spesso consapevoli del pericolo ma non riescono a liberarsi da questa dipendenza.
Per questo tipo di persone innamorate o ossessionate dai serial killer, è stato coniato il termine “Serial Killers Groupies”. Le origini di questo fenomeno risalgono al processo Henri Landru, un serial killer francese condannato a morte nel 1922, che ricevette circa 800 proposte di matrimonio durante la sua detenzione. Nel Regno Unito, più di 100 donne sono state coinvolte sentimentalmente con prigionieri condannati per omicidio, sviluppando relazioni proprio dopo la condanna.
Negli Stati Uniti, ad esempio, il serial killer Ted Bundy ha ricevuto centinaia di lettere d’amore durante la sua detenzione ed è addirittura arrivato a sposare una sua ammiratrice, dalla quale ha avuto una figlia. Storie simili includono Richard Ramirez, noto come “The Night Stalker”, e il famigerato criminale Charles Manson, entrambi coinvolti in relazioni romantiche durante la loro detenzione.
Anche in Italia si sono verificati casi simili. Ad esempio, Angelo Izzo, noto come uno dei “mostri del Circeo”, nel 2010 si sposò con la giornalista Donatella Papi, e Erika De Nardo e Mauro Favaro (autori del delitto di Novi Ligure) durante la loro detenzione ricevettero lettere di interesse romantico e di approvazione per i reati che avevano commesso.

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Autore: Chiara Pedroli

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Associazione studentesca bocconiana. Abbiamo lo scopo di promuovere attività di approfondimento e studio del diritto penale.

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