Coronavirus: ormai è passato un mese dal primo allarme che aveva chiuso le scuole e vietato le manifestazioni pubbliche. Ma la vera quarantena è in corso da una settimana, ossia dall’ultimo decreto emanato dal premier Conte l’11 marzo, relativo alle misure di contenimento dell’emergenza. L’aspetto più meritevole di attenzione governativa e mediatica è sicuramente quello sanitario, ovvero l’emergenza legata alla mancanza di posti letto negli ospedali e il pressante bisogno di risorse per far fronte ai numerosi contagi, soprattutto nella Regione Lombardia. È per questo motivo che sono stati aperti nuovi centri adibiti alla gestione dell’emergenza e si è reso possibile ai laureati in medicina praticare senza aver compiuto l’esame di stato.
Dopo un’attenta risposta delle istituzioni e della politica all’emergenza clinica dei più bisognosi – i contagiati, soprattutto se con patologie pregresse – il pensiero successivo è rivolto al resto della popolazione, ovvero i non contagiati. Lavoratori a casa, molti dei quali in smart-working, famiglie, anziani non autosufficienti, bambini, studenti, commercianti, proprietari di negozi di alimentari e di farmacie, operatori nei settori di prima necessità. Queste fasce della popolazione, che costituiscono – fortunatamente – la maggior parte degli italiani, stanno subendo le conseguenze della pandemia pur non essendo state contagiate. Inutile dire che, vista l’emergenza in corso e le misure che essa ha richiesto per essere contenuta, ogni singolo cittadino è stato direttamente influenzato dalle disposizioni da seguire e dalle nuove abitudini da attuare.
È proprio ai cittadini non contagiati che è dedicato il decreto legge “Cura Italia” firmato dal Presidente Mattarella questa mattina, che contiene anche misure economiche per far fronte all’emergenza causata dal virus. In particolare, sarà concessa ai lavoratori la cassa integrazione in deroga fino a nove settimane, su tutto il territorio nazionale e per tutti i settori produttivi; è inoltre prevista la cassa integrazione ordinaria per i datori di lavoro che hanno dovuto sospendere o ridurre l’attività lavorativa. In aggiunta, il decreto dispone un’indennità di 600 euro per i lavoratori autonomi, le partite iva e gli stagionali del settore turistico. Le aziende non potranno licenziare per i prossimi due mesi, e la scadenza per pagamenti di ritenute e contributi previdenziali di imprese e professionisti sotto i 2 milioni di ricavi è posticipata al 31 maggio; per i settori più colpiti dall’emergenza – cioè quelli che hanno dovuto abbassare la saracinesca – è prevista la sospensione di questi pagamenti fino al 31 maggio.
Il decreto contiene molte altre misure simili per fare fronte alla straordinaria situazione economica in cui si trovano i cittadini: stop ai mutui per la prima casa; congedo speciale e voucher per baby sitter; fondo per redditi bassi; 70 milioni per i computer a studenti meno abbienti; corrispondenza tra quarantena e malattia anche per il settore privato; creazione di un fondo per il made in Italy; 50 milioni per fornire cibo agli indigenti, e persino iter semplificati per la detenzione domiciliare di chi deve scontare una pena. Questo lungo elenco – che non è comunque completo – sottolinea come il decreto sembri rivolgersi proprio a tutti, dai più deboli e bisognosi di aiuti, ai proprietari di aziende, agli studenti e molti altri.
Questo intervento ci porta a riflettere sulla cultura di welfare state presente nel nostro paese. Uno dei principali elementi è la sanità pubblica, che ha il massimo ruolo in questa crisi, anche se non è l’oggetto del decreto firmato oggi. Infatti, nonostante qualcuno potrebbe – con valide argomentazioni – sostenere che in passato il sociale non abbia sempre costituito la priorità del nostro paese, adesso sicuramente dovrà ammettere che lo stato sta cercando di assumersi il ruolo di garante del benessere dei cittadini.
Non intendo addentrarmi in una valutazione politico-economica di queste misure, né tanto meno del concetto di stato di benessere in generale, il quale è sempre stato oggetto di accesi dibattiti. Mi riferisco piuttosto all’aspetto culturale dell’attenzione per il sociale nel nostro paese, che in questo momento di grande necessità si rivela cruciale. Anche se il welfare state italiano tende a essere sproporzionatamente sbilanciato a favore del settore pensionistico, in questo caso invece molte tipologie di soggetti sembrano essere tenute in considerazione. Vorrei dunque portare l’attenzione dei lettori a come in questo caso il governo sembri dimostrare comprensione nei confronti dei cittadini che hanno subito perdite economiche a causa dell’emergenza: in pochi giorni si è arrivati alla stesura di un decreto che cerca di attutire i danni. Nonostante spesso siamo abituati a scorgere il lato negativo di qualsiasi misura politica, in questo momento credo che alla popolazione serva apprezzare ciò che è giusto e positivo, per risollevare l’umore e sperare che si uscirà da questa situazione non eccessivamente danneggiati.
Sara Gobetti is currently pursuing a Master of Science degree in Politics and Policy Analysis at Bocconi University. She graduated in Political Science from Università degli studi di Milano in 2019. She is passionate about public policies, sustainability, and gender equality. She loves reading, writing and hiking.