Con la chiusura delle scuole durante la pandemia, i governi hanno dovuto introdurre varie misure per sostenere le famiglie nella cura dei figli. Grazie ai dati raccolti dal progetto Women’s empowerment during Covid19 dell’Università Bocconi, viene presentata una panoramica delle principali politiche implementate dai paesi europei (e non solo).
Durante la pandemia Covid-19 praticamente tutti i paesi del mondo si sono ritrovati a gestire numerose problematiche, alcune completamente nuove, altre già presenti, ma aggravate dall’emergenza legata al virus. Tra queste, spicca una questione che sicuramente viene valutata e gestita in maniera molto differente dai diversi paesi europei: la cura dei figli minorenni nel caso in cui i genitori sono entrambi occupati. Con la chiusura delle scuole e l’avvento dello smart working, conseguenze dirette della pandemia, la tematica legata alla cura familiare e al lavoro domestico è sorta immediatamente. Moltissimi paesi, infatti, hanno introdotto agevolazioni e aiuti per le famiglie con minori, utilizzando modalità e criteri differenti da una nazione all’altra.
Nell’ambito dello studio dell’Università Bocconi Women’s empowerment during Covid19, presieduto dalla professoressa Paola Profeta – nota per i suoi importanti studi riguardanti la parità di genere – è stata fatta una raccolta di dati riguardanti la pandemia e indicatori relativi alla posizione sociale delle donne, compresa una differenziazione tra paesi con leader politici donne e paesi con capi di governo uomini. Tra le varie ricerche, è stata fatta una raccolta di tutte le politiche implementate a favore delle famiglie per far fronte alla pandemia, considerando un campione di 44 paesi. È emerso che tre paesi su quattro hanno introdotto aiuti finanziari o agevolazioni di altro tipo per le famiglie, e circa la metà di questi sono costituiti da congedi parentali, soprattutto in Europa.
Gli aiuti in termini monetari assumono diverse forme e gradi di intensità. L’Austria è uno dei paesi che spicca in questo senso, prevedendo una quota di 360 euro per ogni figlio minorenne da settembre 2020 e un ulteriore aiuto di 100 euro per ogni figlio compreso tra i 6 e i 15 anni. Anche in altri paesi si è prevista un contingente fisso di denaro per ogni figlio (Canada, Bulgaria, Repubblica Ceca). Negli altri casi, gli aiuti consistono quasi sempre in una certa percentuale del salario del lavoratore per genitori con un figlio in età minore di un determinato criterio (Svizzera, Danimarca, Polonia, Portogallo, Francia, Giappone, Taiwan, e Islanda). Un’altra forma di supporto è stata quella di rimborsare i genitori con una stabilita percentuale per le spese straordinarie di baby-sitting dovute alla chiusura delle scuole (Austria, Repubblica ceca, Giappone) o di rendere gratuite le scuole della prima infanzia (Australia). Infine, ci sono stati dei paesi che hanno optato per metodi meno convenzionali per agevolare la situazione finanziaria delle famiglie. La Danimarca, tra le altre cose, ha previsto un fondo per permettere alle famiglie di andare in vacanza la scorsa estate; in Lituania è stata creata una Family Card accessibile tramite app per fornire sconti a famiglie con più di tre bambini.
Anche l’Italia si fa notare in questo contesto, con l’introduzione del voucher da 600 euro per far fronte a spese di cura dei figli, o popolarmente chiamato “bonus baby-sitter”. Il nostro paese ha anche previsto la possibilità di un congedo parentale pagato al 50% del salario per genitori di bambini con meno di dodici anni (il quale ha generato non poche critiche). Parlando di congedi parentali, la maggior parte dei paesi ne ha indetti di maggiori rispetto a quelli solitamente previsti dalla legge (per esempio, il Belgio, ha contemplato un incremento del 25%). Altri paesi hanno previsto congedi anche per genitori in stato di salute precario, compreso lo stato di gravidanza (Francia) o aumentato i congedi per curare parenti disabili o anziani (Lussemburgo, Malta, Romania, Estonia). In generale, i congedi parentali sono stati una delle principali misure introdotte per far fronte alla situazione di emergenza legata al virus; anche Stati Uniti, Slovacchia, Giappone, Grecia, Canada, Svezia e Bulgaria hanno optato per queste soluzioni.
Un’altra forma di sostegno che alcuni paesi hanno introdotto è stata raggruppata dall’analisi come “supporto sociale”. Rientrano in questa categoria iniziative diverse da aiuti monetari o congedi parentali, ma comunque pensate per supportare la sfera sociale e quindi anche le famiglie. Per esempio, la Nuova Zelanda ha stanziato 27 milioni di dollari per organizzazioni impegnate ad aiutare le categorie più vulnerabili a gestire il lockdown. Un altro esempio riguarda la Grecia, che ha introdotto un sistema informatico dove i genitori possono prenotare online e in anticipo i posti nelle scuole materne. Questo progetto fa parte di un’iniziativa che intende modernizzare la tecnologia del settore pubblico incoraggiando la distanza fisica necessaria durante la pandemia. L’Estonia, infine, ha semplificato il processo attraverso il quale le famiglie con figli disabili possono accedere ad ausilio.
Questo periodo particolare ha messo a dura prova la salute fisica di molte persone, ma ha avuto anche un impatto su quella psicologica ed emotiva. In particolare, pensando alle famiglie con bambini e ragazzi minorenni, non è difficile comprendere come le aumentate preoccupazioni legate all’emergenza possano aver avuto effetti negativi sulla salute psicologica dei genitori e dei figli. È per questo motivo che alcuni paesi hanno pensato al supporto psicologico ed emotivo. La Germania, per esempio, ha istituito una piattaforma online per i ragazzi che offre consulenza e sostegno legati al virus. In spagna si è pensato di lanciare un hashtag attraverso il quale i ragazzi potessero mandare direttamente al governo -tramite 70 organizzazioni impegnate nella difesa dei diritti dei bambini- domande riguardanti la pandemia, alle quali le risposte non hanno tardato ad arrivare. Infine, la Lituania ha creato una campagna di aiuto che prevede una linea di emergenza per genitori e tutori che necessitano di supporto psicologico.
Infine, alcuni paesi hanno stanziato del denaro per fare riforme o ricerca legate all’infanzia. Anche se non prettamente conseguenti alla pandemia, queste misure possono essere utili su numerosi fronti. Il ministero per la famiglia tedesco, per esempio, ha previsto 500 milioni di euro per l’estensione e il miglioramento dell’educazione rivolta alla prima infanzia. Tra gli obiettivi del budget c’è anche quello di aumentare fino a 90 mila i posti per la cura dei bambini in età prescolare. In termini di ricerca, la Francia ha istituito una commissione di 18 esperti di prima infanzia che hanno redatto uno studio sullo sviluppo del bambino, e fornito consulenza al governo francese in merito ai risultati. L’Irlanda, infine, ha istituito delle linee guida nazionali per migliorare la qualità dell’assistenza all’infanzia, ponendo l’attenzione sui diritti dei bambini, sull’eguaglianza e sulla diversità.
L’analisi dei dati nell’ambito della ricerca Women’s empowerment during Covid19 è stata compiuta differenziando anche tra paesi con leader politici donne o uomini. È emerso che tra i primi non c’è stato nessun paese che non abbia introdotto qualche forma di supporto per le famiglie con bambini piccoli. Tuttavia, tra questi paesi rientrano quelli dove è stato introdotto il livello più basso di misure in Europa: Finlandia, Islanda e Norvegia. Questo dato non deve però trarre in inganno, dal momento che questi paesi possiedono già un sistema molto lungimirante dal punto di vista delle famiglie, della cura dei minori, e del ruolo femminile nella società. Inoltre, queste tre nazioni presentano un livello di morti totali dall’avvento della pandemia molto basso rispetto agli altri: in Finlandia si registra al 4 novembre un totale di 359 morti, in Norvegia 282 e in Islanda addirittura 17. Questo ci fa comprendere come le misure di aiuto sono state meno necessarie rispetto ad altri paesi più colpiti dalla pandemia.
I dati raccolti nell’ambito della ricerca Women’s empowerment during Covid19 si riferiscono alla prima ondata di coronavirus; pertanto, sono ancora molte le sfide aperte in questo senso. Tuttavia, sono utili per farci comprendere quali sono state le misure a sostegno delle famiglie più popolari in Europa, dal momento che il 70% dei paesi del campione appartiene a questo continente. É chiaro che gli assetti istituzionali e culturali di ogni nazione giocano un ruolo fondamentale quando si parla di politiche sociali; infatti, sulla base di questi, si possono osservare delle differenze tra i vari paesi. Con una nuova fase della pandemia, sarà interessante comprendere se verranno implementate misure aggiuntive – e quali – per agevolare le famiglie, i genitori e i bambini.
Sara Gobetti is currently pursuing a Master of Science degree in Politics and Policy Analysis at Bocconi University. She graduated in Political Science from Università degli studi di Milano in 2019. She is passionate about public policies, sustainability, and gender equality. She loves reading, writing and hiking.