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“Viva l’Italia”: il sacrificio di Salvo D’Acquisto

Viva l'Italia: il sacrificio di Salvo d'Acquisto
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23 settembre 1943: Salvo d’Acquisto muore per la libertà. Nel settantasettesimo anniversario del tragico evento, ricordiamo il coraggio ed il patriottismo con cui consegnò le sue ultime parole alla storia.

8 settembre 1943, ore 19:42, ai microfoni dell’EIAR (Ente italiano Audizioni Radiofoniche), il maresciallo Badoglio proclama la resa incondizionata agli alleati perché “…è riconosciuta l’impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria…”. Ha inizio la campagna d’Italia ma soprattutto la Resistenza.

A seguito dell’Armistizio, per ordine diretto del Führer, i paracadutisti della neonata seconda divisione  Fallschirmjäger (unità di élite dell’aeronautica tedesca) penetrano nel Lazio, attaccano Roma e liberano Mussolini. Nelle settimane successive alcuni elementi si dedicano a rastrellamenti, rappresaglie, stupri e fucilazioni. Il 22 settembre, un reparto si accaserma presso alcune vecchie postazioni delle Fiamme Gialle, nelle vicinanze di Palidoro (Fiumicino). Durante un’ispezione un’esplosione travolge i militari, uccidendone due e ferendone altrettanti. “Fire in the hole”, lo scoppio è stato probabilmente causato da alcune bombe a mano abbandonate o da ordigni usati per la pesca di frodo, a suo tempo sequestrati dai finanzieri.

Il comandante in carica è furioso e esige la collaborazione dei Carabinieri, la cui stazione locale è temporaneamente comandata dal Vicebrigadiere Salvo D’Acquisto. Le SS minacciano la rappresaglia se entro l’alba non si costituiscono i colpevoli.

Salvo ha 23 anni, è in forza ai Carabinieri da quattro. È nato a Napoli, primogenito di cinque figli in una famiglia di umili origini, ma profondamente cristiana. Arruolatosi giovanissimo, ha partecipato alla Campagna del Nordafrica, poi in forza alla tredicesima divisione aerea Pegaso, di stanza a Bengasi. 

Possiamo solo immaginare l’angoscia e lo scoramento del giovane Vicebrigadiere,conscio del fatto che al gerarca nazista serve soltanto una scusa per fare un rastrellamento. D’altronde l’ipotesi di un attentato è da escludersi assolutamente: alla metà di settembre i primi gruppi partigiani si calcolano in appena 1500 uomini e sono per lo più dislocati verso il fronte, in Piemonte protetti dalle Alpi, né nel piccolo paese di Palidoro qualcuno aveva velleità di giocare alla guerra.

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Al mattino, quando i tedeschi si presentano per esigere il conto, il Vicebrigadiere tenta di convincerli del caso fortuito, ma i militari sono inflessibili. In base alle ordinanze emanate, nei giorni antecedenti, dal feldmaresciallo Albert Kesselring l’intero territorio italiano è sottoposto alle leggi di guerra tedesche pertanto qualsiasi atto ostile contro i tedeschi è punito con la morte. Kesselring non solo è a capo delle operazioni nel Mediterraneo in potenza dell’asse, ma è soprattutto l’architetto della guerra in Italia contro gli alleati dove si macchia di numerosi crimini contro l’umanità.

È applicata la logica del dieci a uno. Dieci italiani fucilati per ogni tedesco morto.

I militari hanno trascinato alla stazione dei Carabinieri, 22 civili scelti a caso nei dintorni.

Sono tutti maschi, per la maggior parte muratori, in ogni caso tutti con famiglia a carico, alcuni sono padre e figlio. Il processo è sommario, tutti indistintamente si professano innocenti, la maggior parte ignora anche il capo di accusa. A tutti viene dato ordine di scavarsi la fossa, ma non ci sono abbastanza pale perciò uno dei prigionieri Vittorio Bernardi, detto Carnera per la somiglianza con il pugile, deve scavare a mano.

Salvo è costretto ad assistere impotente, i nazisti hanno bisogno della sua presenza per dare una sembianza di legalità alle loro azioni. Non c’è più tempo per pensare, ai nazisti serve un colpevole e Salvo ha un appuntamento con la storia. Per salvare i 22 uomini si autoaccusa dell’attentato e si consegna.

Tutti i prigionieri vengono rilasciati e immediatamente si danno alla fuga. Solo Angelo Amadio è trattenuto in quanto considerato un carabiniere e quindi idoneo ad assistere all’esecuzione. Quando Amadio riesce a dimostrare di essere un operaio delle ferrovie anche egli è lasciato libero di andare, ma è proprio ad Amadio che Salvo D’Acquisto inconsapevolmente consegna le sue ultime parole “Viva l’Italia!” dopo che la scarica delle mitragliatrici FG42 lo investe. Atto d’eroismo sottolineato anche dalle SS stesse: “Il vostro brigadiere è morto da eroe. Impassibile anche di fronte alla morte”.

Così muore un patriota, impavido di fronte alla morte, da solo, imponendosi al rispetto dei suoi stessi carnefici.

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L’immagine in copertina è una fedele riproduzione fotografica di un’opera d’arte bidimensionale originale: Il 3 maggio 1808 di Francisco Goya. L’opera d’arte fotografata è nel pubblico dominio ed è stata reperita su Wikimedia Commons, a questo indirizzo.

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Studente di giurisprudenza, da sempre interessato a tutto quello che succede nel mondo. Qui a TiL cerco di parlarvi dell’altra faccia della medaglia.

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