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Intervista all’On. Barbara Pollastrini

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Negli scorsi giorni abbiamo avuto la fortuna di intervistare l’On. Barbara Pollastrini, già Ministra per i diritti e le Pari Opportunità del secondo governo Prodi e attualmente deputata alla Camera. Ci ha raccontato degli anni passati in Bocconi a fine anni Sessanta, di come il periodo storico ha influenzato la vita universitaria milanese e di come quegli anni hanno influenzato le sue scelte di vita. 

Se dovesse indicare un periodo della sua vita nel quale è sorta la sua passione per la politica, coinciderebbe con il periodo universitario passato in Bocconi o già prima sapeva che questa sarebbe stata la sua strada? 

“Mi chiedi di ripensare a una stagione che un leader dei movimenti di allora, Mario Capanna, ha titolato nel suo libro “Formidabili quegli anni”. Subito ti dico che ritornare a quel tempo è un po’ come rimescolare sentimento e ragione. C’è la tenerezza per la ragazza di allora. Potrei dirti come ero vestita quando, emozionata, varcavo l’entrata della Bocconi. Lo struggimento per i sogni non avverati o quello per gli accaduti. So che invece ti aspetti la valutazione matura di una donna matura. Ma sì, nell’insieme, e ne sono proprio convinta, il 68 e il 69 restano fondamentali con l’esplosione dei movimenti studenteschi nel mondo e delle lotte operaie per i diritti in fabbrica e nella società. Poi la strage, Piazza Fontana, la caduta dal Paradiso alla terra. Il dolore per la morte di Roberto Franceschi. Quell’atrio, denso di utopie e di discussioni su come cambiare il mondo, doveva accogliere la bara di uno studente bravissimo colpito da una pallottola mentre cresceva la protesta contro autoritarismi e chiusure. Ecco, con tutta modestia, penso di poter dire che in quegli anni stavo e ho imparato a stare dalla parte giusta. E prima? Da liceale? È una vicenda che vi annoierebbe. Ero una ragazza che sentiva un bisogno di giustizia, non ne avevo particolare elaborazione, mi arrangiavo a cercare luoghi di comunità. Pur di farlo controllavo l’entrata a un cineforum di film impegnati. Mi piaceva la storia però mi darei arie di studentessa colta se dicessi qualcosa di più.” 

In quegli anni c’era una forte richiesta da parte del mondo studentesco di ottenere maggiore partecipazione al processo decisionale che riguardava la vita universitaria, come era vissuta la rappresentanza studentesca in Bocconi? Come ha vissuto quegli anni? 

“Dopo pochi mesi dalla mia iscrizione all’università, i primi incontri e subito ho imparato che, come scriveva Gaber, libertà è partecipazione. All’epoca la Bocconi aveva due facoltà con due presidi. A Economia, il prof Innocenzo Gasparini; a Lingue e Letterature straniere, il prof Carlo Bo critico letterario, francesista e poi senatore a vita. Come sia riuscita con lui relatore a raggiungere quella “lode” non so ancora. Mi dividevo tra lo studio, l’impegno a tenere viva l’esperienza dei movimenti, nuove reti e gruppi che si formavano dalle aule al quartiere intorno. Dove c’è il nuovo campus, c’erano fabbriche: la Centrale del latte e l’OM Fiat. La nostra università è stata occupata tra le prime, dopo la Cattolica e avanti la Statale. Gli studenti più grandi di Economia si mescolavano a noi di Lingue e qualche docente si alleava. Volevamo decidere contenuti e gestione. Si inventarono i contro corsi e la CUB per libri, dispense a disposizione anche di chi non poteva permetterselo, si scrivevano i tazebao. Si faceva notte in circolo a parlare di Marx, Gramsci, Freud, Simone de Beauvoir, Parigi o Pechino, a dividerci o unirci. Antifascismo, musica, immaginazione al potere anche nei linguaggi e arte. D’altronde Philippe Daverio era con noi. Ma a voi spulciare altri nomi di chi in quell’università non è stato passante per caso. Sono molti e non voglio fare la “spia”.  Arrivammo a occupare il vecchio pensionato per allargare la mensa ai poveri e agli operai del quartiere. Tanta utopia? Certo, certo.  Però mi dico che altri avevano troppo pragmatismo, indifferenza e cinismo” 

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Quali consigli darebbe a uno studente o a una studentessa appassionati di politica che vorrebbero mettersi in gioco lottando per un mondo più giusto? 

“Caro, tu dici quali consigli? In fondo, che a voler bene e a fare del bene non si sbaglia mai. Che c’è un tempo per studiare e per riuscire ma che il tempo per coltivare un po’ di giustizia, e di pretendere la dignità per le persone, resta un tempo bellissimo. Che c’è un tempo per soffrire e un tempo per rialzarsi. Ma direi che per stare meglio serve una comunità, un gruppo solidale. Per me è inconcepibile immaginarlo senza il rispetto e la parità a partire dal mio essere donna. Insomma, camminare insieme, che sia cultura, formazione, lavoro, diritti, amore o amori. Direi che la razionalità è utile ma senza l’anima, tutto è impossibile, ogni magia è impossibile.” 

Quali libri consiglierebbe di leggere e quali ambienti frequentare? Quali pensa siano le differenze tra la Bocconi che ha vissuto e quella di oggi? 

“I libri sceglieteli voi, però non rimuovete mai una semplice verità: è soprattutto la storia che descrive il futuro. Gli ambienti, mi chiedi. Io sono una donna di sinistra, del PD e che vuole bene a Milano. Mi dico che anche gli ambienti dipendono da come li vedi. Nei grattacieli o nel Duomo vedo la genialità di chi li ha immaginati e l’intelligenza di chi ha portato le pietre per costruirli. Vedo la fatica e l’incontro ancora da finire tra i “popoli” dei diritti e del civismo. Vedo la piazza di Greta, la piazza della CGIL e dei sindacati, le piazze dove chi manifesta contro muri e autocrati rischia la vita, vedo il coraggio di donne e di giovani in Afghanistan o in Egitto. Vorrei che anche il lavoro più umile venisse riconosciuto e che la parola pace tornasse in alto nelle gerarchie. Quando ho giurato come Ministra ho chiesto che davanti a pari opportunità ci fosse la parola diritti in una fusione tra diritti civili, sociali e politici. Il mio ambiente “pubblico” sono stati i luoghi mutati, le fabbriche, le aule. È stato un partito con le sue grandezze e i suoi stridori. Dopo una rottura col movimento ormai infragilito, nel 1974 mi ero iscritta al PCI. E poi e poi sono stata tra i 45 fondatori del PD. Non so alzare la voce né essere mediatica però sto con chi, in questi anni, ha mantenuto qualche coerenza e radicalità. Insomma, il dove è utile per credere che, lotta dopo lotta, quella propria e quella collettiva, possano qualche volta vincere i buoni. La mia vita più intima poco vi interesserebbe. Non lo posso negare, quegli anni hanno deciso di me ben più di quanto io abbia deciso di loro. La Bocconi continuerà anch’essa a mutare con tecnologie e algoritmi. Ma il suo senso lo darà chi la vive. E io la vorrei rivisitare coi vostri di occhi.” 

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