Un noto aforisma riguardo la legalità e la giustizia afferma che le sentenze non devono essere commentate e discusse, bensì occorre che vengano esclusivamente rispettate. Tuttavia, la sentenza emessa a seguito del processo nei confronti dell’ex sindaco di Riace Domenico Lucano, il quale era stato inserito nel 2016 al quarantesimo posto nella classifica dei 50 leader più influenti del mondo, ha generato molto scalpore. Tra le accuse dei suoi avversari e la difesa di coloro che lo conoscono realmente, ripercorriamo le tappe della storia e della condanna di Domenico Lucano.
La storia di Domenico Lucano
Tutto ebbe inizio nel luglio del 1998, quando Mimmo Lucano cominciò ad interessarsi alle modalità di accoglienza ed all’immigrazione a seguito dello sbarco di circa 200 curdi avvenuto nei pressi di Riace. L’anno seguente, insieme ad altri cittadini del piccolo comune, ha fondato l’associazione “Città Futura” in modo tale da aprire gratuitamente le case abbondonate nella parte superiore della città ai migranti. Tale iniziativa si rivelò fondamentale in quanto il comune di Riace, intorno agli anni ’60, subì un notevole spopolamento di giovani, ponendo fine a molte attività economiche. Dunque, per aiutare i migranti ed al contempo rivalorizzare l’antico borgo di Riace ormai privo di prospettive sociali ed occupazionali, Mimmo Lucano fonda la cooperativa “Il borgo ed il Cielo”.
Divenuto sindaco nel 2004 ed ulteriormente eletto nelle due elezioni successive, dà luogo al cosiddetto “Modello Riace”, progetto che ebbe una grande risonanza e fu notevolmente elogiato dalla sinistra.
Il “Modello Riace”
Il “Modello Riace” ideato dall’allora sindaco Domenico Lucano, era basato su una prospettiva molto particolare, secondo la quale i migranti non rappresentavano un problema, bensì un risorsa per contrastare lo spopolamento e recuperare i mestieri “di una volta” altrimenti destinati a scomparire. Tutto ha inizio a seguito dell’adesione del comune di Riace allo SPRAR. L’appena citato ‘Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati’ consisteva nel servizio creato in Italia intorno agli anni 2000, con il quale il Governo delegava ai diversi enti locali, secondo una condivisione di responsabilità, il compito di accogliere i migranti in attesa di essere riconosciuti come rifugiati. In cambio, i comuni che avevano aderito a tale progetto ricevevano denaro da parte dello Stato italiano e dell’Unione Europea. Nell’ottobre del 2017, circa il 50% della popolazione di Riace era rappresentato da stranieri di 26 nazionalità differenti. Ne consegue che il “Modello Riace”, costruito sull’ideale di accoglienza e fratellanza tra gli uomini, ebbe un notevole successo. Successo che raggiunse il suo culmine quando la rivista statunitense “Fortune” inserì Domenico Lucano come l’unico italiano nella classifica dei cinquanta leader più influenti del mondo.
L’ispezione della prefettura di Reggio Calabria
Intorno al 2014 il sistema imbastito da Mimmo Lucano iniziò ad entrare in crisi, in particolare a causa della difficile gestione dei fondi e del numero crescente di migranti.
Tale situazione peggiorò nel 2016 quando venne nominato prefetto di Reggio Calabria Michele Di Bari. Il famoso “Modello Riace” attirò l’attenzione degli ispettori della prefettura, i quali esaminarono gli aspetti contabili e tecnici del “borgo dell’accoglienza”. A tale scopo furono stilate quattro relazioni: due a favore e due contrarie. In seguito a due verbali che riferirono critiche anomalie nel funzionamento del sistema, il 26 gennaio 2017 emerse un’ulteriore relazione completamente diversa dalle precedenti. Infatti, la relazione redatta dal dirigente Francesco Campolo elogiava il “Modello Riace”, descrivendo ogni suo particolare in una prosa quasi poetica. A questo proposito, grazie ad intercettazioni telefoniche, si venne a sapere che tre dei quattro ispettori che avevano scritto la relazione erano in rapporti personali con Mimmo Lucano. Inoltre, secondo l’accusa, fu lo stesso ex sindaco di Riace a sollecitare Francesco Campolo nell’elogiare il “Modello Riace”, in modo tale da compensare le critiche emerse a seguito delle precedenti relazioni. Tale rappresentazione idilliaca non fermò il Ministero dell’Interno, a quel tempo guidato da Marco Minniti, il quale aveva stabilito la sospensione dell’erogazione dei fondi al comune di Riace per sospette anomalie ed irregolarità. Inoltre, Domenico Lucano venne iscritto nel registro degli indagati da parte della Procura di Locri.
Ebbe inizio la cosiddetta “operazione Xenia” condotta dalla Guardia di Finanza, la quale si concluse il 2 ottobre 2018 con la decisione del Giudice per le indagini preliminari di inviare Domenico Lucano agli arresti domiciliari. I reati che gli venivano contestati consistevano in truffa aggravata per i fondi dello Stato italiano e dell’Unione Europea, concussione ed abuso d’ufficio. Inoltre, si aggiungevano le accuse per il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e la commissione di illeciti nell’affidamento del servizio di raccolta rifiuti a due cooperative (“l’Aquilone” ed “Eco-Riace”) senza aver effettuato alcuna valutazione.
Dopo due settimane, il Tribunale del Riesame revoca a Mimmo Lucano gli arresti domiciliari, sostituendoli con il divieto di dimora e la sospensione dalla carica di sindaco. Tuttavia, tale provvedimento fu revocato dalla Corte di Cassazione il 26 febbraio 2019 per la mancanza di indizi che suggerissero il compimento di comportamenti fraudolenti.
Domenico Lucano rinviato a giudizio
L’11 aprile 2019 Mimmo Lucano è rinviato a giudizio per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed abuso d’ufficio, insieme ad altri ventisei indagati. Inoltre, occorre tenere presente che l’accusa ritiene che l’ex sindaco di Riace sia anche responsabile del compimento del reato di falsità ideologica. Infatti, grazie a quanto ottenuto dalle intercettazioni telefoniche, Mimmo Lucano viene accusato di aver continuato fittiziamente a perseguire il “Modello Riace”, inducendo in errore i pubblici ufficiali, in modo tale da utilizzare i fondi dello SPRAR per altri scopi. Nel dicembre 2019 viene raggiunto da un altro avviso di garanzia, emesso per il rilascio di documenti d’identità a migranti ospiti nei centri di accoglienza di Riace. Nonostante tutto, nessuno avrebbe potuto immaginare quale sarebbe stato il verdetto: il presidente del Tribunale di Locri Fulvio Accurso ha condannato Mimmo Lucano per 13 anni e 2 mesi di reclusione, ritenendolo colpevole di associazione a delinquere con lo scopo di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, truffa allo Stato italiano e all’Unione Europea, concussione, falsità ideologica ed abuso di potere. Una condanna che raddoppia quanto era stato chiesto dal pubblico ministero, ossia 7 anni e 11 mesi di reclusione.
Nonostante la sentenza non sia ancora stata motivata, Mimmo Lucano è stato inevitabilmente avvolto da un’ondata di solidarietà e vicinanza. In particolare modo, il centro-sinistra ha deciso di sostenere l’ex sindaco di Riace, il quale si era candidato alle regionali: “l’Italia si conferma un Paese ingiusto, dove chi difende i deboli, i disperati, le persone che soffrono, viene massacrato” – ha dichiarato Goffredo Bettini, politico italiano del Partito Democratico; “Domenico Lucano è l’antitesi del crimine, un uomo giusto, simbolo di umanità e fratellanza” – ha dichiarato Luigi De Magistris, candidato a presidente in Calabria.
Articolo a cura di Aldo Thomas Salierno
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