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Arts & Culture

Aftersun – Quando il Cinema si fa Poesia

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L’esistenzialista Søren Kierkegaard nel suo celebre Diario ha scritto che “la vita può essere compresa solo all’indietro, ma deve essere vissuta in avanti”.  Aftersun, il debutto cinematografico della regista scozzese Charlotte Wells, è il ritratto impressionistico di questa verità: intricate sequenze di inquadrature nostalgiche e disimpegnate portano alla luce tre diverse prospettive narrative che raccontano il singolare rapporto tra Sophie (Frankie Corio) e suo padre Calum (Paul Mescal). 

La presentazione più diretta è l’evocazione cinematografica di una vacanza in Turchia che padre e figlia hanno condiviso quando Calum aveva 31 anni e Sophie 11 anni. In Turchia, Calum e Sophie trascorrono le loro giornate prendendo il sole in piscina, giocando a biliardo con altri ospiti del resort, mangiando, ballando e poco più. Non accade nulla di straordinario. La maggior parte del film presenta momenti di questa vacanza intervallati da spontanei filmati analogici della vacanza stessa registrati da Sophie e Calum con un camcorder retrò. Questi filmati rappresentano la seconda prospettiva narrativa e offrono il punto di vista più intimo e vivido dei due protagonisti. Questa contrapposizione cinematografica mostra come ciò che è stato filmato, un vero e proprio ricordo materiale destinato a perdurare nel tempo, sia solo una parte di ciò che è stato vissuto e, come l’atto di filmare momenti di vita quotidiana possa diventare un vero e proprio gesto rivelatore. 

Questo intreccio di inquadrature viene usato anche come ponte verso la terza prospettiva: ritroviamo una Sophie adulta, seduta sul divano del suo appartamento, mentre guarda, da una nuova e unica distanza e prospettiva emotiva, i filmati della vacanza ormai lontana. È l’arte di guardare indietro, l’arte di massimizzare la percezione, catturare quelle frequenti realizzazioni che si percepiscono solo con l’età adulta in cui i ricordi assumono un nuovo significato.  Un peso più ampio dell’esperienza ci permette di realizzare cose che non potevamo capire perché troppo giovani: l’atto di guardare indietro significa porsi domande a cui però non saper rispondere. È la dichiarazione di Kierkegaard: “viviamo nel presente in continua formazione, solo in grado di concepire il momento. Il passato si incupisce dietro di noi, le possibilità spontanee del tempo immediato diventano una cosa concreta. Solo riflettendo possiamo capire, ora finalmente lontani dal travolgente ronzio del presente”. 

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Tutto questo rende Aftersun un film incredibilmente raro e complesso.  Le prospettive mutevoli hanno un senso istintivo, nidificandosi l’una all’altra e integrandosi completamente e coerentemente tra loro.  La cinematografia amalgama il tutto: obiettivi distanziati e osservazionali costituiscono gran parte del campo visivo del film, che viene interrotto per dare importanza a momenti più intimi, grazie a primi piani che ricordano i film di Claire Denis e di Agnès Godard. 

L’uso della musica è affascinante e sorprendente: i testi delle canzoni prima si scontrano e poi si abbracciano con i momenti della vacanza, amplificandone e sfumandone i significati.  In una delle sequenze finali del film si raggiunge l’apice emotivo grazie alle note di Under Pressure dei Queen e David Bowie, che favoriscono l’emozione, senza mai forzarla. In questo modo il film funziona a livello puramente emotivo e umano. 

La struttura narrativa è una sorta di spostamento svogliato tra luoghi ripetuti che danno un senso all’atemporalità che deriva dalla vacanza: un limbo esistenziale esperito dalla stessa Sophie quando non riesce a trovare la sua stanza perché le sembra tutto uguale.  L’esistenza fuori dal tempo è fondamentale ed esiste come momento nella memoria che si estende e persiste, solo quando si riescono ad abbandonare le solite strutture mentali. I momenti si contrappongono l’uno con l’altro e la regista Charlotte Wells trova astrazioni poetiche e giustapposizioni intelligenti che regalano a queste scene un significato più grande.  

Ne è un esempio Calum, che è un buon padre che ama profondamente sua figlia Sophie, ma ha ancora dei limiti da superare: sta cercando di trovare la sua vera identità nel mondo, mentre cerca allo stesso tempo di costruire un rapporto stabile con la figlia senza sapere come fare ed essendo consapevole della moltitudine di preoccupazioni che dovrà affrontare.  Queste lotte irrisolte si ripropongono attraverso il modo in cui immagini e sequenze si scontrano, qualcosa segue qualcos’altro in modi e tempi sconnessi, ma intenzionali.  Calum sta chiaramente soffrendo per la sua vita e per quello che non ha potuto dare e non riuscirà mai a dare a Sophie: stabilità e sincerità. È diventato padre troppo presto, ma vuole provare a dare il mondo a Sophie, anche se lei non vuole il mondo, ma solamente un papà da amare. 

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Noi spettatori percepiamo la continua lotta di Calum durante tutto il film, ma lui non vuole trasmettere questa sofferenza a sua figlia per preservare la felicità della “miglior vacanza di sempre”.  Con occhi nuovi, la Sophie adulta rivive i ricordi di quella che probabilmente a posteriori non è stata “la miglior vacanza di sempre” e compatisce l’insostenibile sofferenza del padre, chiedendo a sé stessa cosa ha sbagliato, se ha sbagliato. 

Senza ombra di dubbio, il vero centro di Aftersun sono le due impeccabili interpretazioni dei due protagonisti.  Frankie Corio, come la giovane Sophie, è così genuina che riesce a trasmettere la sua completa e sincera umanità con cui riesce facilmente a far fronte a temi e sentimenti impegnativi per una quasi-adolescente di undici anni. Paul Mescal è la rivelazione e il futuro del cinema e, grazie alla sua magistrale interpretazione in Aftersun, è uno tra i cinque candidati in lizza per l’Academy Award for Best Actor in a Leading Role alla 95° edizione degli Oscar che si terranno il 12 marzo 2023. In una sceneggiatura in cui quasi tutto il significato dell’opera si traduce sullo schermo grazie a ritratti visivi, la performance del ventisettenne irlandese evoca quel che è più vicino alla perfezione: i suoi movimenti, il modo in cui si approccia alle cose e il modo in cui balla nel finale sono la vera realizzazione dello spirito del film stesso. 

Aftersun è un capolavoro moderno tanto risonante, quanto poetico: dimostra che con le giuste intenzioni si può ancora parlare direttamente attraverso il Cinema. La conversazione con il Cinema può essere così emotiva, commovente e profonda, da far male perché vera e perché è facile ritrovarsi nella complessità di Calum o nell’innocenza di Sophie.  
Fa male perché ci fa sentire incompleti, sempre alla ricerca di qualcuno o qualcosa, alla ricerca di un tempo perduto, di un ricordo che non c’è più, di un futuro che avrebbe potuto essere. 

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Law student. Easily fascinated by faces & places and their own unique stories. A very passionate person who still believes in love, emotions & destiny. Keen on Contemporary Arts and cultural phenomena that shape our everyday life.

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