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L'angolo del penalista

Dal BIAS COGNITIVO al VERIFICAZIONISMO

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Nel 1976 fu compiuto un esperimento in cui due psichiatri vennero posti uno di fronte all’altro. Ad entrambi era stato riferito, separatamente, che l’altro era un malato di mente, convinto di essere uno psichiatra: al termine del loro dialogo, ciascuno trovò che il comportamento dell’altro confermava la diagnosi (WATZLAWICK, 1976). La causa di questa errata valutazione viene ricondotta al cosiddetto bias – o errore – di conferma, ovverosia a quella tendenza, inclinazione o distorsione del cognitivo umano per la quale le persone tendono a muoversi entro un ambito delimitato dalle loro convinzioni acquisite e tentano di ricondurvi qualsiasi situazione si trovino a sperimentare.

I bias cognitivi sono automatismi mentali da cui si generano credenze e si traggono decisioni veloci. Si tratta, il più delle volte, di errori di giudizio che impattano, nella quotidianità, non solo su decisioni e comportamenti, ma anche sui processi di pensiero.

L’errore di conferma descrive la tendenza delle persone ad accogliere ed identificare come rilevanti quelle informazioni che coincidono con le proprie convinzioni: le persone mostrano questo pregiudizio quando selezionano le informazioni che supportano le loro opinioni, ignorando quelle contrarie, o quando interpretano le prove ambigue come se supportassero i loro atteggiamenti esistenti. L’effetto è quindi più forte per i risultati desiderati, sia per tutto ciò che è influenzato da emozioni, sia per le convinzioni profondamente radicate. Il bias di conferma non può essere eliminato, ma solamente gestito, ad esempio, attraverso l’educazione e la formazione al pensiero critico.

I ricercatori, a tal proposito, parlano di due diversi Sistemi in grado di presiedere le decisioni degli individui: il Sistema 1 o Sistema Euristico ed il Sistema 2 o Sistema Analitico. il primo opera con modalità rapide, intuitive, impulsive ed automatiche, difficili da controllare e non particolarmente impegnative a livello razionale; il secondo, d’altra parte, implica processi consapevoli, più lenti e ponderati e, di conseguenza, più faticosi.

Dopo aver deciso, in virtù del bias confermativo, un ulteriore errore è quello di non sottoporre la decisione alla prova della negazione, ma cercando solo reltive riprove, secondo l’approccio verificazionista. Il fenomeno del verificazionismo avviene anche nelle aule giudiziarie e comporta il rischio di trovarsi di fronte a provvedimenti che tradiscono scelte emotive, poi elaborate attraverso percorsi motivazionali che, a fatica, nascondono l’intuizione originaria. Tale rischio può valere anche per il Pubblico Ministero, il quale intuitivamente decide, e poi, a posteriori, cerca di validare la fondatezza del giudizio. Il meccanismo di pensiero è quasi automatico e quasi sempre involontario: il pm elabora immediatamente una propria idea, sente le diverse dichiarazioni degli individui coinvolti ed adotta (talvolta in maniera inconscia) una decisione. Successivamente ricerca solo gli elementi in grado di corroborare la sua ipotesi di partenza. È chiaro, quindi, quanto possa essere difficile scardinare un’idea iniziale del magistrato inquirente, una volta che questo si è creato una propria opinione.

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Quanto elaborato dagli studiosi è perfettamente in linea con il concetto di “risparmio cognitivo”: un processo che il nostro sistema tenta sempre di mettere in atto, in cui è più semplice cedere alle lusinghe della certezza piuttosto che contestare le proprie convinzioni di partenza. Tale fenomeno può essere spiegato con un altro semplice esempio: passeggiando per strada, incontro una persona con i capelli lunghi, malvestita e con la barba incolta. Potrei pensare che quel soggetto sia un poco di buono o una persona inetta a cui non bisognerebbe rivolgersi. Vai a scoprire, invece, che è un Professore universitario di fisica che semplicemente non bada molto alla forma. Nonostante questo, riserveremo sempre dei dubbi su quella persona, costituiscendo così un pregiudizio. Questo esempio evidenzia come l’uomo continuamente struttura e ristruttura la propria realtà (Kelly, 1950), facendosi un’idea ben precisa su una cosa o una persona. Egli cercherà in tutti i modi, per “risparmiare” a livello cognitivo, di mantenere quell’idea e non cambiarla nemmeno davanti ad una contraddizione.

Come già accennato, la tendenza al verificazionismo, che impone di sposare una teoria, innamorarsi di essa e rimanerle fedele, senza mai dubitare o contestare sulla sua veridicità, rappresenta un importante rischio che corre chi opera all’interno dei processi penali. Al contrario, le tesi di avvocati, giudici e consulenti dovrebbero essere dibattute piuttosto che rafforzate. Una situazione particolare si configura spesso nei casi di presunti abusi sessuali a danno di minori. Considerata l’accusa gravissima, si ritiene che essa “non può non essere vera”. Di conseguenza, i magistrati, nella raccolta della testimonianza del minore, ricercheranno solo quegli elementi idonei a confermare le ipotesi di reato, mentre tralasceranno le prove a sostegno di una versione dei fatti differente. Questi fenomeni non avvengono in mala fede, perché non vi è niente di più facile che “aggrapparsi” ad una ipotesi senza mai mollarla. Tuttavia questo procedimento può condurre a commettere molti errori giudiziari.

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Prendiamo ora in considerazione l’impatto della cosiddetta “visione a tunnel”, esercitata in seno al processo penale: essa trasmette il suo effetto non solo nel corso del giudizio vero e proprio, ma anche durante le indagini preliminari. Tale tendenza rappresenta un ostacolo alla giustizia del processo, poiché insinuare tali fallacie già in fase pre-processuale induce a ricadere in tendenze verificazioniste. A tal proposito, il caso di Giuseppe Morrone (MAIMONE, PALMA, SCALPELLI & SCUTIERI, 2021) è esemplificativo non solo perché si tratta di un caso di ingiusta condanna, ma anche perchè l’errore era già presente durante le indagini preliminari. Gli investigatori, infatti, avevano considerato i soli elementi corroboranti la tesi accusatoria senza poi vagliare ipotesi alternative. L’organo giudicante aveva successivamente accolto acriticamente la tesi assunta a priori, figlia della “fretta con cui furono condotte le indagini iniziali, della cattiva valutazione dell’alibi dell’imputato e della cosiddetta visione a tunnel dei magistrati”. Tale processo ha confermato ancora una volta la tesi del verificazionismo, per cui un giudice una volta assunta la sua decisione, esclude dal proprio campo visivo e valutativo tutto ciò che non è in grado di suffragarla (MAIMONE ET AL., 2021, pag. 940).

Nel corso del tempo, sono state sviluppate e proposte diverse nuove tesi che hanno l’obiettivo di ovviare a questo problema, in ambito sia investigativo sia processuale. Un approccio interessante elaborato implicava di “tenere conto non solamente della menzogna e delle sue peculiarità, ma anche di quei meccanismi psicologici sottostanti l’interpretazione e la significazione degli eventi che portano alla formazione di punti di vista differenti e che spesso si traducono in forti divergenze ed incompatibilità nei racconti delle parti processuali” (GULOTTA, 2018, pag. 255). Inoltre, a conclusione del Congresso “La condanna dell’innocente, l’assoluzione del colpevole. Cause e rimedi nella prospettiva psicoforense” – tenutosi a Milano il 23 novembre 2013, organizzato dalla Fondazione Guglielmo Gulotta e dall’Ordine degli Avvocati di Milano, con il patrocinio del Comune di Milano, della Scuola Superiore dell’Avvocatura, dell’Unione Camere Penali Italiana, dell’Ordine Nazionale degli Psicologi e dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia – si è proceduto, con l’apporto interdisciplinare di avvocati, magistrati, psicologi, psichiatri, neuropsichiatri infantili e criminologi, alla stesura delle Linee guida psicoforensi per un processo sempre più giusto.

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L’obiettivo è dunque quello di assumere, durante la fase investigativa, un atteggiamento di scetticismo motivato che non vagli solamente le ipotesi alternative a quella preferita, ma che le consideri, almeno temporaneamente, come vere. Questo al fine di ottenere un effetto di bilanciamento rispetto alla naturale inclinazione umana al verificazionismo.

Autore: Carlotta Caromani

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Associazione studentesca bocconiana. Abbiamo lo scopo di promuovere attività di approfondimento e studio del diritto penale.

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