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L'angolo del penalista

STRAGE DI ERBA: Si riapre il caso?

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Il sostituto procuratore Cuno Tarfusser ha chiesto di riaprire il caso sulla strage di Erba. A suo giudizio, infatti, Rosa Bazzi e Olindo Romano, condannati in via definitiva all’ergastolo per la strage di Erba, sono innocenti. La coppia sarebbe vittima di un terribile errore giudiziario.

Il caso 

La sera dell’11 dicembre 2006, al numero 25 di via Armando Diaz a Erba, divampa un incendio all’interno di uno degli appartamenti del condominio. Allarmati a causa del fumo, due vicini di casa entrano nella palazzina dove trovano un uomo ferito, Mario Frigerio: egli sarà l’unico sopravvissuto della strage. 

Dopo l’arrivo dei vigili del fuoco, vengono ritrovati quattro corpi senza vita: quello di Raffaella Castagna, Paola Galli, madre di Raffaella, un bambino di due anni di nome Youssef Marzouk, figlio di Raffaella, e la vicina di casa Valeria Cherubini.

La prima, Raffaella Castagna, 33 anni, è impiegata part-time in una comunità di assistenza a persone disabili; la donna è stata aggredita e colpita ripetutamente con una spranga. Paola Galli, madre di Raffaella, è una donna casalinga di 60 anni, ed è morta anch’essa per lesioni alla testa, dopo essere stata colpita ripetutamente. Il bambino, Yousef, è morto in seguito ad un unico colpo alla gola che aveva reciso la carotide.

Valeria Cherubini, cinquantacinquenne moglie di Mario Frigerio, viene aggredita con un’arma da punta e taglio, subendo 34 coltellate e 8 sprangate. All’arrivo dei primi soccorritori la donna è ancora viva, ma muore soffocata dal monossido di carbonio dovuto all’incendio. 

Le indagini

Le indagini inizialmente si concentrano su Azouz Marzouk, marito di Raffaella Castagna e padre di Youssef. Marzouk, che aveva precedenti penali per spaccio di droga ed era uscito dal carcere grazie all’indulto del 2006, al momento dei fatti era in Tunisia. Rientrato in Italia, viene interrogato dai carabinieri che confermano il suo alibi e iniziano a sospettare di un regolamento di conti compiuto contro di lui.

Tra le altre piste seguite viene subito segnalato il comportamento anomalo di due vicini di casa di Raffaella Castagna, i coniugi Romano, che sin dall’inizio della vicenda si dimostrano disinteressati e presentano delle ferite alle mani. Questi sospetti portano gli inquirenti a sequestrare alcuni indumenti dei coniugi e a mettere sotto controllo l’abitazione ed l’automobile di questi.

Le intercettazioni ambientali indirizzano la pista verso di loro, in quanto i coniugi Romano non affrontano mai l’argomento nei colloqui, sebbene avessero presentato ai carabinieri uno scontrino risalente alla sera in cui era avvenuta la strage per indicare la propria estraneità ai fatti e un ipotetico alibi.

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.Il 26 dicembre vengono disposti accertamenti tecnici sull’automobile, che portano gli inquirenti a scoprire delle tracce di DNA attribuite a Valeria Cherubini. I coniugi vengono, quindi, fermati l’8 gennaio 2007 e arrestati, dopo un lungo interrogatorio, il giorno seguente: l’uomo è accusato di omicidio plurimo pluriaggravato e la donna di concorso. 

Gli inquirenti risalgono ai frequenti diverbi esistenti fra i Romano e Raffaella Castagna, sfociate anche in una a causa civile fra le parti, che avrebbe dovuto svolgersi due giorni dopo la strage. Proprio in quell’occasione, i coniugi Romano avevano percosso la Castagna, che aveva sporto denuncia per ingiurie e lesioni. L’episodio era solo l’ultimo di una lunga lista di ostilità tra inquilini, frequentemente sfociati in diverbi e litigi. 

Il 10 gennaio 2007, davanti ai magistrati, i Romano ammettono di essere gli esecutori della strage, descrivendone dettagliatamente i singoli atti, il tipo di ferite, la posizione dei corpi delle vittime e il tipo di armi usate. La confessione viene ribadita in sede di convalida di fermo al GIP e considerata attendibile alla luce dei particolari descritti poiché conoscibili solo da chi aveva vissuto la scena del delitto.

Le vicende giudiziarie dal 2007 ad oggi 

Il 10 ottobre 2007, durante l’udienza preliminare, i coniugi ritirano le loro dichiarazioni. 

La prima udienza si tiene il 29 gennaio 2008. Il 18 febbraio 2008 Olindo Romano accusa i carabinieri di averlo “convinto” a confessare, promettendogli in cambio pochi anni di carcere e l’immediata liberazione della moglie Rosa Bazzi. 

Mario Frigerio interviene nel processo in qualità di unico testimone oculare riconoscendo in Olindo Romano il proprio aggressore.

Il 28 febbraio 2008 Olindo Romano rilascia una seconda dichiarazione spontanea, insistendo sul presunto “lavaggio del cervello” effettuato dai carabinieri, e il 3 marzo 2008 la moglie dichiara di aver confessato dietro la promessa degli arresti domiciliari.

Il 2 aprile 2008 viene chiamato a testimoniare per la prima volta Mario Frigerio, che descrive con precisione la dinamica della strage, confermando la colpevolezza dei Romano. La difesa, allora, avanza domanda di ricusazione dei giudici, ritenendoli in posizioni pregiudiziali nei confronti degli imputati, ma il 17 novembre 2008 la Corte di Cassazione respinge tale richiesta. 

Il processo riprende con la requisitoria del pubblico ministero: vengono esibite le prove contro i Romano. Al termine della requisitoria, il PM chiede il massimo della pena per i due coniugi.

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Il 26 novembre 2008 la Corte d’assise pronuncia la sentenza di primo grado: i coniugi Romano sono condannati all’ergastolo con l’isolamento diurno per tre anni. Il 20 aprile 2010, anche la Corte d’assise d’appello di Milano conferma la sentenza di primo grado. Contro la sentenza vengono presentati due ricorsi per Cassazione, entrambi rigettati il 3 maggio 2011. 

La riapertura del caso e le motivazioni

In data 12 aprile 2023 il sostituto procuratore Cuno Tarfusser chiede di riaprire il caso, motivando tale richiesta in un documento di 58 pagine.

Alla base della decisione del sostituto procuratore Tarfusser vi sarebbe una nuova versione dei fatti prospettata dall’avvocato dei coniugi, Fabio Schembri, avvalorata da diversi elementi di prova, tra cui: le intercettazioni ambientali di quando Frigerio era in ospedale (mai entrate nel procedimento), gli audio e i video prodotti prima della confessione della coppia, e la relazione di un genetista secondo cui la traccia ematica individuata sul battitacco dell’auto di Olindo Romano sarebbe stata una “suggestione ottica” e non una traccia di sangue della Cherubini. 

Secondo l’avvocato, le ragioni della strage vanno ricercate in un regolamento di conti nel mondo dello spaccio. 

Il sostituto procuratore ha quindi esaminato le tre prove cardine alla base della condanna dei coniugi, evidenziandone le criticità, a partire dalla testimonianza di Frigerio. Infatti, a giudizio di Schembri e del sostituto procuratore, la testimonianza di Frigerio, centrale nella prova della colpevolezza dei coniugi, non può essere considerata attendibile: dati clinici acquisiti dopo il 2010 dimostrano che Frigerio “sviluppò, a seguito dell’aggressione, una disfunzione cognitiva provocata da intossicazione da monossido di carbonio, arresto cardiaco, shock emorragico e lesioni cerebrali focali”. Inoltre, proprio Frigerio, inizialmente aveva parlato di uno sconosciuto dalla pelle olivastra, mentre in un secondo momento aveva individuato Olindo come suo aggressore.  Per Tarfusser tali elementi hanno determinato “un complessivo scadimento delle funzioni cognitive necessarie a rendere valida testimonianza”.

Con riguardo alla macchia di sangue della Cherubini trovata sul battitacco dell’auto di Olindo, secondo il sostituto procuratore “le caratteristiche della traccia ematica, così come rilevate in sede di analisi, non risultano conciliabili con quanto sarebbe lecito attendersi a seguito delle precedenti operazioni di prelievo eseguite”. Infatti, tali operazioni risulterebbero carenti circa il rispetto di comuni parametri di attendibilità e verificabilità scientifica.

Questo potrebbe portare ad una serie di domande in termini di genuinità sia delle attività compiute, che degli atti redatti, che non possono rimanere senza risposta.  In particolare, ci si chiede perché tale accertamento, potenzialmente decisivo, sia stato svolto a 15 giorni di distanza da un solo brigadiere dei Carabinieri e non dagli specialisti del RIS che si trovavano già sul posto ed erano muniti della strumentazione tecnica adeguata.

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La conclusione a cui è giunto il sostituto procuratore è che la coppia sarebbe vittima di un terribile errore giudiziario. Tale considerazione ha destato indignazione nei fratelli delle vittime, Pietro e Giuseppe Castagna, che si dicono increduli.

Autore: Sofia Gustapane

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Associazione studentesca bocconiana. Abbiamo lo scopo di promuovere attività di approfondimento e studio del diritto penale.

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