Dopo l’arresto del boss Messina Denaro, l’Italia è oggi scossa da una vicenda tanto movimentata quanto insidiosa: Alfredo Cospito, anarchico condannato alla pena dell’ergastolo e sottoposto al regime dell’art. 41-bis L. 354/1975, è da ormai più di 100 giorni in sciopero della fame, reclamando che gli venga revocato il regime del c.d. “carcere duro”. Nelle ultime settimane le sue condizioni di salute si sono aggravate, generando grande tensione: i suoi sostenitori scendono in piazza e minacciano le Istituzioni di “vendicarsi” qualora il 41-bis non sia revocato e lo stesso Cospito dovesse venire a mancare.
Chi è Alfredo Cospito?
Alfredo Cospito, nato a Pescara nel 1967, è un terrorista anarchico che rivendica l’appartenenza alla Federazione anarchica informale – Fronte rivoluzionario internazionale (FAI-FRI), un movimento composto da cellule diverse in vari paesi che agiscono in maniera del tutto autonoma e informale, vale a dire senza struttura gerarchica o associativa. Secondo un resoconto della Commissione parlamentare Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni, tale federazione si definisce “ ‘anarchica’ perché tende alla ‘distruzione dello Stato e del capitale’ e ‘informale’ perché, essendo priva di meccanismi autoritari, associativi e burocratizzanti, garantisce l’anonimato e l’indipendenza dei gruppi e dei singoli che la compongono”. Una forma di terrorismo, quindi, in cui la mancanza di una organizzazione vera e propria potrebbe tranquillizzare e, allo stesso tempo, spaventare per le possibili difficoltà nel combatterla in concreto.
Le sue vicende giudiziarie iniziano nel 1991, quando viene condannato dal Tribunale Militare di Roma a 1 anno e 9 mesi di reclusione militare per diserzione aggravata (in quell’occasione si dichiarò “anarchico”); l’anno successivo ricevette la grazia dall’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Nel 2014 è condannato a 10 anni e 8 mesi per aver partecipato alla gambizzazione dell’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, Roberto Adinolfi, nel 2012. Mentre sconta questa pena, è accusato di aver piazzato 2 ordigni artigianali a basso potenziale nei pressi della Scuola allievi carabinieri di Fossano (Cuneo), nella notte tra il 2 e il 3 giugno del 2006, fatto che non causò vittime né feriti. Viene quindi condannato a 20 anni in primo e secondo grado per stage ex art. 422 c.p. ma, nel 2022, la Cassazione, su richiesta della procura, sussume la condotta sotto la più grave fattispecie di “strage allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato” di cui all’art. 285 c.p., che comporta la pena dell’ergastolo con possibilità di applicazione dell’art. 41-bis dell’ordinamento penitenziario. All’applicazione dell’istituto punitivo provvede con decreto il Ministro della Giustizia Cartabia il 4 maggio 2022: sentiti gli inquirenti e la direzione antiterrorismo, Cospito intratteneva una fitta corrispondenza con i suoi sostenitori fuori dal carcere, e questo gli permetteva di continuare a guidare e coordinare l’operato della FAI, inneggiando alla lotta e alla rivoluzione “contro i poteri forti”: i rapporti che l’anarchico manteneva con l’esterno vennero quindi giudicati pericolosi per la sicurezza dello Stato e potenzialmente sovversivi. Se la FAI è un movimento informale e, in quanto tale, composto da nuclei tra di loro indipendenti e “senza capi”, Cospito è stato ed è tuttora considerato dal Governo e dalla magistratura il leader della federazione, meritevole dell’applicazione del carcere duro.
Il 41-bis e lo sciopero della fame
Dal 19 ottobre 2022 il terrorista anarchico ha deciso di intraprendere il c.d. “sciopero della fame”, che consiste nella volontaria e totale rinuncia ad alimentarsi a tempo indeterminato. Questa scelta mira chiaramente a mettere sotto pressione l’attuale Guardasigilli Nordio per ottenere la revoca della misura, utilizzando il proprio corpo e la propria vita quale strumento di minaccia indiretta.
E’ bene ricordare che l’art. 41-bis L. 354/1975 introduce un istituto penitenziario (informalmente chiamato “carcere duro”) retaggio della legislazione speciale anti-mafia degli anni 80-90, il quale può essere disposto con decreto motivato del Ministro della giustizia al ricorrere di tassativi requisiti previsti dalla legge (nel caso di Cospito, condanna per delitto di terrorismo). A tal proposito, possono essere elencati alcuni dei principali aggravamenti del regime detentivo imposti dall’applicazione dell’istituto:
- Il detenuto sottoposto alle restrizioni deve essere isolato dagli altri, dormire in una cella singola e non può accedere agli spazi comuni.
- La cosiddetta “ora d’aria”, il momento in cui il detenuto può uscire dalla cella e andare nel cortile, è più limitata.
- Possono essere ristretti anche i colloqui coi familiari, rigidità attenuata in presenza di figli o nipoti infra-dodicenni.
- Le telefonate sono registrate, i colloqui ripresi da una telecamera, la posta del detenuto viene controllata sia in entrata sia in uscita.
L’istituto speciale, discusso sin dalle origini, ma soprattutto dopo la fine del c.d. periodo stragista di stampo mafioso, è stato più volte salvato dalla Corte Costituzionale e, inoltre, la Corte di Strasburgo lo ha ritenuto compatibile con l’art. 3 CEDU. Oggi è ancora contestato da molti magistrati, politici e cittadini e, ovviamente, dagli stessi detenuti. Sembrerebbe che Cospito, con lo sciopero della fame, stia attaccando l’istituto in sé, facendosi portavoce della richiesta di tutti detenuti condannati al 41-bis di una revisione/cancellazione del carcere duro.
L’anarchico ha presentato ricorso contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza di Roma che ha respinto un reclamo contro l’applicazione del carcere duro, disposto nei suoi confronti per quattro anni. È quanto ha reso noto il suo legale, che aveva depositato un’istanza, legata alle condizioni di salute del detenuto, dopo che la Cassazione aveva fissato l’udienza al 20 aprile. L’udienza è stata prima anticipata al 7 marzo, e il 2 febbraio è stata ancora anticipata al 24 dello stesso mese.
La posizione del Governo e i tumulti per il caso
Il Ministro della giustizia Nordio, il Sottosegretario Delmastro e il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni hanno sempre ribadito che, sebbene la situazione di Cospito richieda grande cura da parte dello Stato al fine di tutelarne la salute e la vita – è stato infatti trasferito lo scorso 30 gennaio dall’istituto penitenziario di Sassari presso il carcere di Opera a Milano, dove è maggiormente monitorato e attualmente in condizioni stabili – il Governo non indietreggerà di un passo di fronte alla sua richiesta di revoca del carcere duro. La posizione è chiarissima: non bisogna cedere alle minacce, neppure quando queste sono rivolte alle Istituzioni.
A tal proposito, le forze dell’ordine e la magistratura stanno seguendo la pista anarchico-terroristica per i due attacchi del 27 gennaio scorso perpetrati ai danni di diplomatici italiani presso l’Ambasciata di Berlino e il Consolato di Barcellona, che seguono dopo neanche un mese l’attacco all’auto della funzionaria dell’Ambasciata italiana in Grecia.
Diversi direttori di giornale hanno ricevuto lettere di minaccia, corredate da proiettili, indirizzate a magistrati e istituzioni in generale, per l’eventualità della morte di Cospito in carcere. Il Governo ha espresso grande solidarietà per tutte queste vittime, senza abbandonare la linea del rigore e della fermezza dello Stato dinanzi ai tentativi di far cambiare idea sull’opportunità del 41-bis per il detenuto Cospito. La tensione si diffonde anche nella società civile per i cortei e le manifestazioni che i sostenitori di Cospito, anarchici e non, stanno organizzando. Mentre prosegue, dunque, questo braccio di ferro, si attende la pronuncia degli Ermellini sull’istanza di revoca della misura.
Autore: Filippo Petracci