Lo scorso novembre due atlete hanno denunciato le proprie allenatrici per abusi e violenze.
A partire da quel momento, si sono stati registrati 194 casi simili: vi sono state altre denunce da parte di giovani sportive della ginnastica ritmica contro tecnici federali, dando luogo ad un vero e proprio scandalo.
Lo scandalo
Due ginnaste della nazionale italiana, Nina Corradini ed Anna Basta, hanno riferito di avere subito vessazioni e privazioni di cibo durante i percorsi di allenamento. Dal 2020 le atlete venivano costrette a pesarsi davanti alle compagne ed erano vittime di insulti ed umiliazioni da parte delle allenatrici: “Vergognati”, “Ma come fai a guardarti allo specchio”, “Sei una vergogna per la tua famiglia e per la nazione”, sono solo alcuni dei commenti che le ragazze ricevevano. Gli effetti di questi comportamenti sono stati deleteri nei confronti delle giovani donne, molte delle quali hanno sviluppato disturbi psicologici ed alimentari.
I casi delle due ginnaste della squadra le “Farfalle” non sono purtroppo isolati. Grazie alla diffusione della notizia, sempre più ragazze hanno iniziato a farsi avanti. Tra le denunce più gravi sembra esserci quella a carico di Stefania Fogliata, allenatrice della palestra di Calcinato, in provincia di Brescia. Fogliata è accusata di maltrattamenti fisici e psicologici, aggravati per averli commessi nei confronti di atlete dagli 8 ai 14 anni di età. Gli episodi si sono ripetuti a danno di 8 ragazzine e l’allenatrice è stata interdetta dalle palestre da parte della federazione sportiva.
L’associazione di volontariato “Change the game” ha lanciato una petizione ed ha raccolto le numerose segnalazioni da parte delle sportive. É da sempre impegnata a proteggere gli atleti e le atlete da tutte le forme di violenza che possono subire durante il proprio percorso sportivo. La presidente dell’associazione, Daniela Simonetti, ha dichiarato che la considerevole quantità di casi è indice di un vero e proprio modus operandi di molti allenatori della ginnastica ritmica. Le pratiche dure e disumanizzanti sembrano essere un lessico di addestramento altamente diffuso che potrebbe riguardare non solo gli istruttori.
I profili giuridici
Diversi profili penalistici emergono da questi casi. L’allenatrice Fogliata è accusata di maltrattamenti nei confronti di ragazzine dagli 8 ai 14 anni di età, configurando un’ipotesi del reato di cui all’art 572 cp, aggravato ai sensi dell’art 572.2 cp. Non vi sono dubbi circa la reiterazione della condotta dell’imputata, la quale, secondo le diverse testimonianze e registrazioni, ha commesso abusi dal 2017, rendendo umiliazioni fisiche e morali parte della routine di allenamento. Potrebbe configurarsi anche un’ipotesi di reato di abuso di mezzi di correzione ex art 571 cp.
Fogliata ha senza dubbio approfittato della propria posizione per recare danno alle bambine. Tuttavia, il delitto di cui all’art. 571 cp esclude qualsiasi forma di violenza, poiché essa non costituisce mai un mezzo di correzione o di disciplina, neppure se utilizzata a scopo educativo. Su tale questione si era pronunciata la Corte di Cassazione nel 2020: dichiarò che la condotta che prevede l’uso sistematico della violenza, sia fisica sia psicologica, come ordinario trattamento del minore affidato, non rientra più nella fattispecie del reato di abuso dei mezzi di correzione, ma nel più grave reato di maltrattamenti ex art 572 cp.
Dato l’orientamento della Cassazione ed il comportamento dell’allenatrice, Fogliata continuerà ad essere indagata per maltrattamenti e lo stesso potrà dirsi per Emanuela Maccarani ed Olga Tishina.
Ci sono tuttavia altri aspetti che vale la pena considerare ed altre persone che potrebbero risultare coinvolte nello scandalo. Le pratiche dure di allenamento, dato l’elevato numero di denunce, sembrano essere quasi la normalità in molte palestre di ginnastica ritmica e ciò lascia sorgere diversi dubbi. Alcune atlete, promettenti ed appassionate sin da una giovane età, hanno mollato all’improvviso senza dare una spiegazione.
Alla luce di quanto espresso nelle sentenze della Corte di Cassazione, che hanno chiarito il sottile confine tra i reati di maltrattamenti ed abuso di mezzi di correzione, si può dedurre che la comunità educante e sportiva a cui erano affidate le giovani avesse il dovere, non solo etico e morale, ma anche giuridico, di vigilare affinché condotte rientranti nelle fattispecie di cui agli artt. 571 e 572 cp non si verificassero. La comunità sportiva si era quasi sostituita ad una famiglia per alcune ragazze, le quali si erano trasferite dalle loro regioni di provenienza per seguire il sogno di diventare ginnaste. Le federazioni sportive avevano, dunque, ancor di più il dovere di controllare il benessere delle ragazze ma, al contrario, vi è stato un assoluto silenzio da parte di tutti. Per questo motivo, sarà necessario intraprendere indagini approfondite per accertare la responsabilità penale non solo delle allenatrici, ma anche di altri componenti della comunità della ginnastica ritmica.
Tuttavia, considerata la recente data degli avvenimenti, per il momento possono solo configurarsi delle ipotesi circa i capi di imputazione delle persone coinvolte, in quanto non è ancora trascorso il tempo sufficiente per accertare i fatti.
Non c’è nulla di chiaro e molte questioni rimangono ignote, ma le numerose denunce hanno causato una ferita che rimarrà per sempre nella storia della ginnastica ritmica.
Questo dimostra come anche lo sport possiede un lato oscuro e rappresenta un ambito non estraneo al diritto penale.
Autore: Matilde Rossa